Siete felici? O sentite che vi manca qualcosa? E poi cos’è la felicità?
Un tempo materia esclusiva dei filosofi, oggi la felicità è tema di ricerca anche per gli scienziati, in particolare grazie allo sviluppo delle neuroscienze e delle scienze cognitive. L’argomento potrebbe risultare persino pericoloso, perché il concetto di felicità si presta bene a relativismi di tipo culturale, ovvero è molto probabile che un americano e un coreano abbiano idee diverse al riguardo…
È possibile dunque definire la felicità in modo universalmente valido, sulla base delle nostre conoscenze sul funzionamento del cervello? E soprattutto, domanda ancora più profonda, è possibile pensare a una soluzione sempre universale per la ricerca della felicità? Esiste la molecola della felicità? Cosa accade al nostro cervello, quando queste molecole si attivano?
Secondo alcuni studi scientifici ci sarebbe l’attività di più di una molecola alla base della felicità, così come più centri nervosi contribuiscono a farci sentire felici.
Quando una persona o una situazione ci comunicano una sensazione piacevole, la corteccia cerebrale risponde attivando l’area ventrale tegmentale (VTA), posta nel mesencefalo. La VTA produce una elevata quantità di dopamina, un neurotrasmettitore con attività ormonale che raggiunge in abbondante quantità l’amigdala, centro delle emozioni, la corteccia prefrontale (sede di molte funzioni tra cui le capacità di concentrazione di un individuo) e il nucleo accumbens (responsabile della comunicazione di sensazioni piacevoli che noi associamo alla felicità, come la risata e l’euforia).
Il nucleo accumbens è stato scoperto dagli psicologi americani James Olds e Peter Milner intorno agli anni ’50 e definito come “il centro del piacere nel cervello” nel loro studio sui meccanismi alla base della ricompensa nel cervello dei ratti e, successivamente, nell’uomo.
La corteccia prefrontale, area del cervello dedicata alle funzioni mentali superiori e integrative, che sembra saper imparare come creare la felicità interiore, potrebbe essere una delle chiavi fondamentali. Secondo studi di neuroimaging, per esempio, la meditazione porta a un aumento dell’attività della corteccia prefrontale sinistra, legata alle emozioni positive, e una diminuzione del coinvolgimento della corteccia parietale nella percezione della nostra posizione nello spazio, riconducendoci così più vicino all’IO interiore.
Indirizzo allora la vostra curiosità a due pagine pubblicate sul web.
Un video molto divertente di Shawn Achor intitolato “The Happiness Advantage: Research Linking Happiness and Success”; parla di come la felicità possa essere lo strumento per raggiungere il successo, e non il contrario, attraverso le basi della psicologia positiva. Trovate il video qui sotto:
“Abbiamo scoperto che l’ottimismo è il più grande predittore del successo imprenditoriale, perché permette al cervello di percepire più possibilità” ha detto Achor. “Solo il 25% del successo nel lavoro si basa sul quoziente intellettivo (IQ). Il 75% è su come il cervello ritiene che il vostro comportamento sia importante, come si rapporta alle altre persone e come gestisce lo stress” (Shawn Achor, The Happiness Advantage. TED Bloomington talk).
Secondo la psicologia positiva, basterebbe seguire 5 regole per 21 giorni consecutive, per insegnare al nostro cervello come generare un cambiamento positivo nella propria vita in duraturo nel tempo:
1) annotare tre nuove cose al giorno per cui essere riconoscenti;
2) ripercorrere ogni una esperienza positiva vissuta nelle precedenti 24 ore;
3) fare esercizio;
4) fare meditazione;
5) almeno un gesto casuale di gentilezza ogni giorno.
Se, alla fine, vi state chiedendo se avete tutti gli strumenti per invertire nel vostro cervello la formula della felicità, misuratevi nell’Ultimate Happiness Quiz, un test (in inglese) che rivelerebbe, almeno da come si presenta, quanto si conosce dell’arte di essere felici. Lo trovate a questo link.
Erica F. Poli
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