In questa intervista, affrontiamo con Pascal il tema del piacere e del dolore: due aspetti ineluttabili della vita, le cui modalità di manifestazione dipendono da fattori culturali e sociali nonché dal proprio percorso personale. Ed è anche possibile che il piacere si trasformi in dolore, e viceversa…
– Piacere e dolore: due aspetti della vita…
Il dolore non è altro che l’espediente che la natura e il cosmo hanno escogitato per indicare la via sbagliata dal punto di vista fisico, psicologico, ecc. Il piacere, invece, è il mezzo che sempre cosmo e natura usano per indicare che la via intrapresa è probabilmente quella giusta. Queste sono le prime due condizioni metafisiche, parlando in generale.
Ovviamente bisogna definire piacere e dolore, infatti non sempre uno o l’altro rispondono ad una “Morale Naturale” poiché posso provare piacere nel mangiare un kg di cioccolato come posso provare dolore nel fare una cosa giusta se sono saturo ad esempio di risentimento. Un conto sono le verità generali, naturali, oggettive e un altro quelle deviate, compensative e quindi soggettive.
Il piacere ha varie sfaccettature e gradi, può essere quello di una carezza, della gola, del ricevere uno sguardo, fino ad arrivare all’epifania dell’orgasmo, e oltre: si pensi al tantra yoga dove l’orgasmo è continuo cioè si è in un incessante stato di amore con le cose. Si guarda una tazzina, il movimento delle foglie…e si ha un senso erotico. …e quando dico erotico mi riferisco ad Eros, il Dio Esiodeo della creazione, analogo agli Elohim Ebraici, quindi erotico sta per Divino!
– Cosa ne pensa del fattore culturale e religioso?
Le religioni e le società ci hanno trasmesso il valore del dolore inteso come espiazione delle colpe, le prime; come prova di forza, le seconde. Quindi, per entrambe il dolore è mezzo di elevazione, e questo è terribile: una concezione paradossale prodotta e coltivata attraverso i secoli, per tutta una serie di motivazioni errate e manipolatorie.
Un aspetto si ritrova nel sadomasochismo, che è più diffuso di quello che sembra. In genere si parla di quest’ultimo solo nella sua versione sessuale, la più comica e iconografica. Ma in realtà, il sadismo e il masochismo si estendono ben oltre il campo della sessualità, approfondendo le loro radici negli aspetti emotivi e mentali più comuni e ordinari della vita quotidiana… il piacere di dare o ricevere dolore, è molto diffuso e posso dirlo per la mia esperienza di terapeuta.
– E’ un desiderio dello star male?
Esattamente. In questo troviamo il senso di colpa, l’azione dei traumi educativi, per cui si cerca il dolore come espiazione, come una sorta di purificazione, lavaggio. Per il Sadico è invece rivalsa, vendetta, ipertrofia e, nei casi più estremi, scollamento dalla realtà.
– Ci sono altri fattori, oltre a quelli culturali?
Il fattore culturale è certamente quello più significativo.
Per infliggersi un dolore e una punizione che non sia il frutto di un intervento culturale, l’uomo deve compiere un’azione estremamente negativa, e trovarsi di fronte al dolore che ciò provoca. Allora può nascere in lui un senso severo di autopunizione.
Tuttavia bisognerebbe prendere in considerazione anche il fattore karma, in quanto ciò che ci troviamo a vivere di Qua è il prodotto di ciò che abbiano intessuto molto prima attraverso le nostre azioni.
Alcuni pensano che, una volta morti, potranno risolvere tutti i loro nodi, che capiranno e supereranno quello che ora non riescono ad affrontare. In realtà, non è proprio così, perché quello che cerchiamo in questa vita, lo cercheremo anche in quell’altra, e se perdiamo tempo ed energia in questa vita, lo stesso accadrà nell’altra. Quello che viviamo oggi, non diverrà oggetto di argomentazioni metafisiche nell’altro mondo. Tendiamo così a protrarre il nostro karma. Ovviamente sono considerazioni molto generali; in questo campo l’eccezione, il soggettivismo e la variabile sono parola d’ordine.
Una delle piaghe più brutte di cui si legge spesso sui giornali è ad esempio quella degli stupri. Una tale esperienza è estremamente dolorosa per chi la subisce, tuttavia, il karma ci “spiega” che la vittima in qualche modo si rese autrice a sua volta di un esperienza simile, per natura e intensità, e che entrare in contatto con questo genere di consapevolezza è la modalità scelta per comprendere la natura di ciò che in un altro tempo, similarmente, si è compiuto; chiudere il cerchio insomma.
– Cioè se si vive un forte trauma è perché si sta affrontando in qualche modo le conseguenza di quanto immesso nella propria vita, magari in un altro tempo?
Eppure non è l’unica via… possiamo infatti scegliere se espiare col dolore o meno. Un dittatore, di default, non passerà la sua prossima vita in un campo di concentramento: se il suo spirito si ravvede, può nascere riformatore e compensare il male che ha fatto attraverso altrettante “opere edificanti” – come diceva Giordano Bruno. Il Karma non condanna, è causa ed effetto, sta all’Uomo, alla sua capacità di Perdonare o Perdonarsi, la scelta della modalità dell’effetto.
– Il concetto di “karma” non appartiene alla nostra cultura…
Non c’è molta comprensione dei meccanismi del karma, è ancora qualcosa che non appartiene alla consapevolezza dell’uomo attuale. E se non lo comprendiamo di Qua, non lo faremo neanche di Là. Questo non perché le “Guide di lassù” siano poco benevoli, ma perché si lascia che l’umanità cresca ed evolva, c’è libero arbitrio e le interferenze sono minime. Molto minime. Quindi, quello che non capiamo in questa vita, non lo capiremo solo perché poi lasciamo il corpo fisico. Si legga in proposito L’Uomo che piantò il Chiodo di Daniel Meurois-Givaudan.
Se, ad esempio, ora abbiamo bisogno del senso di colpa, forse abbiamo ancora bisogno di provare il dolore che ne deriva, per capire di cosa si tratta… come un bambino che brucia i pantaloni ad un compagno per fare uno scherzo, e non si rende conto del dolore dell’ustione finché non lo prova su di sé. Per capire, deve sentire a sua volta, e purtroppo questa è la modalità seguita maggiormente… la vittima non perdona, il carnefice non comprende. È il nostro attuale livello evolutivo.
– Piacere e dolore possono trasformarsi l’uno nell’altro?
Se il piacere è vero, forte, intenso, come un piacere mistico, estatico, di una sessualità trascesa… può portare dolore. Questo perché quel piacere è un’energia tale da modificare la struttura preesistente, e ciò può indurre un dolore nervoso – il dolore della modificazione. In questo senso, il piacere può diventare dolore.
Ma anche il dolore può diventare piacere, soprattutto quando è tale da riuscire quasi ad annientarci, a metterci all’angolo, sicché produce una modificazione anch’esso. Ecco allora che in un forte dolore possiamo liberarci addirittura dall’incubo che ci sta attraversando, che può essere il dolore stesso o i motivi che l’hanno provocato, o addirittura riuscire a far emergere la nostra parte più alta… Producendo quindi piacere, il piacere guerriero del superamento, dell’ostacolo che si frantuma, il piacere ad esempio della Libertà che ne deriva..
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