Riflessione sul Sapere

Riflessione sul Sapere

Il sapere non può prescindere dallo studio eppure è oltre lo studio stesso: è un’attitudine di ricerca e di espansione della propria coscienza, che riguarda ogni ambito della propria vita…

Nel proprio percorso personale – che più che definire vagamente “spirituale” definirei in modo più concreto e onnicomprensivo come “di sviluppo esistenziale” –, è necessario essere consapevoli, ovvero informati. Vale a dire coscienti, lucidi, capaci di discernimento, di critica, di analisi, senza per questo perdersi tra gli ormai infiniti rivoli della conoscenza e dell’attualità, ma anzi farne sapientemente motivo di chiarezza e di equilibrio, conservando così centratura e longanimità nella definizione di sé e dei propri intenti.

È importante conoscere o, per lo meno, essere sufficientemente informati dei modelli della realtà sui quali si affacciano le moderne scienze naturali, fisiche e mediche; conoscere i fondamenti della storia, dell’archeologia e dell’antropologia, così come, attraverso una più intelligente e acuta capacità di informarsi, in merito all’attualità sociale e politica, in modo tale da essere coscienti dei contesti ove collocare la propria ricerca personale, l’analisi di sé, dei propri sentimenti, delle proprie emozioni, della propria creatività e in definitiva della propria natura più vera, orientata verso la propria missione esistenziale reale, che è ben superiore rispetto ai riferimenti della realtà e di sé stessi forniti dalla materia e dai sensi.

Con il giusto approccio la sapienza si fa saggezza, quando non limita e non confonde bensì fa da supporto all’elaborazione etica, alla conoscenza del sé e a quella meditazione capace di ispirare la propria quotidianità di valori sempre più autentici e volti verso un benessere reale. Così come si fa potere, quando conoscenza della realtà attuale e coscienza di sé creano quel contenitore etico nel quale realizzare una più elevata percezione delle cose, degli eventi, della vita e dell’umana esperienza: ecco allora che l’esperienza non si limita più ad una realtà che è solo quella della materia e di un ego più o meno ristretto, ma si apre su scenari multidimensionali di comprensione e di vita.

Aprirsi alla conoscenza, alla presa di coscienza, all’esplorazione consapevole: ecco i termini di quello sviluppo esistenziale pratico e olistico per il quale siamo forse finalmente pronti, reintegrando i saperi e i sentimenti, nella maturazione di una nuova era umana, inevitabile e necessaria.

Ecco perché insisto tanto sullo studio (ovviamente che non sia sterile accumulo nozionistico, ma motivo di comprensione, ben pianificato e che si avvalga di riferimenti selezionati ed efficaci), così come insisto sulla consapevolezza dell’attualità storica e geo-politica – almeno a grandi linee –, sulla conoscenza delle tradizioni spirituali e religiose che hanno fatto la storia dei movimenti umani, filosofici, religiosi, culturali, e sull’essere al corrente delle frontiere della scienza, della psicologia, della medicina, così come sull’informazione necessaria per guidare le proprie scelte di vita a 360 gradi, senza trascurare la forma fisica, la qualità delle relazioni, l’ambito professionale, la ricerca di sbocchi alla propria creatività, ad esempio coltivando pure una qualsiasi forma d’arte. È un’esortazione per andare oltre il pressapochismo, la superstizione, la perdita di se stessi pur nei migliori intenti di crescita e di rinnovamento di sé. È impegnarsi nel cercare la verità delle cose in questo marasma di informazioni e contro-informazioni, mezze verità e manipolazioni, scienza e pseudo-scienza, placebo esistenziali e falsa spiritualità.

Tutto questo è parte di un processo integrato di sviluppo esistenziale, quindi spirituale a tutti gli effetti. L’altra parte consiste nella conoscenza di sé, nella propria emancipazione dai condizionamenti, nella realizzazione piena della propria esistenza a tutti i livelli e nell’elaborazione di un’etica di vita che ci illumini e ci renda portatori spontanei di luce e verità.

Si capisce che la ricerca spirituale non è una cosa vaga e trascendentale, ma infinitamente pratica e pragmatica, sebbene la logica dell’ansia da prestazione vada decisamente sostituita con quella del silenzio, della meditazione, del raccoglimento e della riflessione profonda, intima e personale. Non può essere un prodotto da bancarella, qualcosa che si impara in un corso o da preferire ad altri hobby, visto che va di moda. E non è una cosa “da fare”. Non è neanche una cosa facile e a portata di mano. Ha a che fare con il proprio modo di essere, di sentire, di capire. Di vivere. Ha a che fare con la nostra intera esistenza, ben più vasta dei confini temporali, dimensionali e biologici che ora sembrano definirci. E’ molto più ampio – e impegnativo – che non studiare per una laurea, darsi da fare per un avanzamento di carriera, curare la propria mente o il proprio corpo per vivere felici, magari secondo gli stereotipi del momento…

E’ più di tutto questo. E, quando la si sente e se ne ascolta l’impeto, la ricerca spirituale non può che essere la prima cosa nella propria vita, proprio perché è in verità l’unica onnicomprensiva di tutto il resto: se non è così, se non è la prima cosa, allora si sta parlando d’altro; si sta facendo altro. E non è quello di cui sto parlando io..

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