Da Oriente a Occidente: le grandi civiltà indoeuropee (Parte 1)

Le tradizioni culturali e religiose d’Oriente e d’Occidente affondano le proprie radici nelle antiche e grandi civiltà del Medio Oriente…

La parola “Mesopotamia” deriva dal grecomésos potamós ovvero “la terra tra i due fiumi”, il Tigri e l’Eufrate. La Mesopotamia si estende tra la catena del Tauro a nord, il Mar Caspio a nord-est e il golfo persico a sud. Uno dei primi popoli ad abitarla fu la grande civiltà dei Sumeri; ad essi succedette la civiltà Babilonese e infine la conquista degli Assiri.

In queste terre abitarono anche altri popoli che diedero vita a fiorenti culture: i Cananei, i Fenici, i Medi, gli Ittiti e i popoli nomadi, i Semiti e gli Arabi, all’interno dei quali nacquero le grandi religioni monoteiste che influenzarono tutto l’occidente e il Medio Oriente nei secoli successivi la loro nascita. Questi popoli mutuarono le conoscenze dei primi civilizzatori stanziatisi in quest’area antecedentemente ai 10.000 anni prima di Cristo.

Poco più a est, nella zona che corrisponde all’odierno Iraq, si stanziarono gliArii, che avrebbero invece contribuito alla nascita del Brahmanesimo e della tradizione vedanta migrando verso l’India del Nord nel II millennio a.c.

Nella zona della Mesopotamia che corrisponde ai monti Elburz era locato probabilmente quel paradiso Terrestre citato nei più antichi racconti dei Sumeri così come nei testi sacri delle religioni monoteiste.
In questa zona, attualmente dilaniata da guerre, esisteva tutta la flora e la fauna che conosciamo ora sulla Terra.

I primi abitatori di queste fertili zone si stanziarono qui intorno ai 10.000 anni a.C. e diedero vita, attraverso successive generazioni, alle prime forme di agricoltura, artigianato, astronomia e poi alla scrittura. La scrittura comparve presso i Sumeri verso il 3000 a.C. e fu grazie ed essa che nacque la storia che si tramandò attraverso i popoli e le generazioni.

Nella zona a est dei monti Elburz c’è ancora il museo naturale dell’agricoltura mediterranea e pre-mediterranea. Qui crescevano spontaneamente tutte le piante che si conoscono nel mondo occidentale: le varietà di cereali, riso, grano segala, soia, granoturco… compresi i legumi, gli agrumi, il cotone,il tabacco, il tè, gli olivi e la vite. Tutto partì da questi “Giardini Terrestri” (l’etimo indica ancora oggi in Medio Oriente gli orti e i frutteti).

I Sumeri scesero dal nord-est della Mesopotamia (il “paradiso terrestre” locato all’incirca presso l’odierno Iran) verso le valli comprese tra il Tigri e l’Eufrate. Qui gli antichi Sumeri, già abitanti di una zona dove esisteva una rigogliosa vegetazione spontanea, selezionarono piante e semi e curarono la terra attraverso avanzatissimi sistemi di irrigazione: una fittissima rete di canalizzazioni che tuttora risultano come tecniche eccezionali di coltivazione del terreno.

Dalla scienza della terra, i Sumeri ricavarono la loro profonda sacralità naturale; è così ad esempio che, secondo la loro mitologia, la terra nasce dall’acqua, elemento primordiale. Essi sognavano di trasformare la loro terra in quel paradiso terrestre di cui avevano ricordo, perciò bonificarono sapientemente le fertili pianure alluvionali tra il Tigri e l’Eufrate dove si erano stanziati intorno al VI millennio a.C., drenandole e irrigandole.
Con l’arrivo della stagione calda, dopo le alluvioni primaverili, il limo si seccava e la pianura si trasformava in un arido deserto, un’immagine che per i Sumeri corrispondeva all’Inferno.

I popoli arcaici veneravano la Natura e le personificazioni dei loro dèi sono fenomeni naturali come il vento, il fulmine o elementi come L’acqua, il fuoco e la terra. Anche le divinità sumere dunque sono strettamente correlate alla natura di cui anche l’uomo stesso fa parte.

Il mito di Inanna, la dea della fertilità, fornì ai Sumeri la certezza che la primavera sarebbe senz’altro tornata. Ogni anno si celebrava perciò il matrimonio tra la “signora dell’Eden” e il pastore Dumuzi, che diventarono poi presso i Babilonesi Ishtar e Tammuz.
La leggenda ha sorprendenti analogie con un mito molto più recente: quello di Persefone presso i greci.
Inanna, per sfidare la dea degli Inferi, sua sorella Ereshkigal (la siccità), discende nelle viscere infernali fino a trovarsi alla settima porta dell’inferno, nuda e indifesa. I giudici dell’inferno ne decretano la morte, ma solo il saggio Enki accetta di salvarla. I giudici degli inferi, infine, accettano di riportare Inanna in superficie solo a patto che qualcun’altro ne prenda il posto. Il pastore Dumuzi accetta di scendere all’inferno per salvare la sua sposa, ed è così che egli per metà dell’anno deve restare nelle zone infère mentre per l’altra metà sua sorella prende il suo posto, dandogli la possibilità di regnare sul mondo in superficie con sua moglie, la dea della fertilità.

La cosmogonia dei Sumeri influenzò i testi sacri ebraici, islamici e quelli delle altre grandi religioni indoeuropee nei millenni successivi.
Il dio Enki è una delle divinità principali della mitologia sumera. Identificato prima come dio dell’acqua, venne chiamato Ea presso i Babilonesi e gli Assiri. Egli presiedeva a una molteplicità di cose: era dio dell’acqua del mare e dei laghi, e per questo identificato come dio della sapienza.
La figura di Enki o Ea è protagonista di storie che transiteranno presso altri popoli ad esempio nei testi sacri della Bibbia e del Corano, o ancora prima nei racconti mitologici dei Greci e dei Romani.

Sorprendente è il “racconto della creazione“, Enuma Elish, tramandatoci dai Babilonesi i quali a loro volta lo avevano mutuato dai Sumeri. In esso si fa menzione delle acque primordiali da cui nacque il cosmo, del diluvio e delle successive generazioni degli dèi che troveremo come analogia nella teogonia greca di Esiodo.

Sorprendente è anche il racconto sumero della guarigione della costola di Enki da parte della dea Ninti (“Signora che fa vivere”), straordinaria analogia con la nascita di Eva dalla costola di Adamo… Ninti in sumero significa infatti sia “signora della costola” sia “colei che fa vivere”, mentre nel testo biblico si perderà questa analogia essendo diverse tra di loro le parole “costola” e “vita”.

Le straordinarie analogie tra i testi sacri attualmente conosciuti, come ad esempio la Bibbia, e i racconti della mitologia sumera e babilonese, non si fermano però qui.
Nell’Epopea di Gilgamesh, datata intorno al 2000 a.C., si racconta come Utanapishtim, re della città babilonese di Shuruppak, riceva un messaggio segreto da Ea che lo avverte che il dio è sul punto di annegare tutti gli abitanti della Terra con un grande diluvio. Ea suggerisce dunque al saggio re Utanapishtim di costruire un’arca nel quale potersi mettere al salvo e mettere al salvo, insieme a lui e alla moglie, anche le sacre conoscenze del suo popolo. Utanapishtim e la moglie acquisiranno dopo il diluvio l’immortalità.

Lo stesso racconto si trova più anticamente presso i Sumeri e verrà tramandato dai Babilonesi agli Assiri, influenzando la mitologia e la cultura di tutti i popoli che abitavano l’area medioorientale.
Nei due secoli scorsi le ricerche archeologiche nell’area mediorientale testimoniarono di diluvi successivi avvenuti rispettivamente nell’VIII millennio a.C. e poi nel 6000 a.C. Sembra che sia proprio quest’ultimo diluvio a essere protagonista prima dei racconti dei Sumeri e dei Babilonesi, e poi di quelli degli Ebrei.

Anche nella tradizione brahmanica dell’antica India il mondo è soggetto a periodiche inondazioni purificatrici che avvengono circa ogni 1200 anni; nella stessa tradizione, come vedremo più avanti, è noto il mito del diluvio e dell’arca, sulla quale l’uomo saggio salva la sapienza del mondo a beneficio dei posteri.

Non è ancora chiaro ai ricercatori della storia e dell’archeologia se i racconti sumeri e poi babilonesi e assiri siano delle trasposizioni poetiche della storia vissuta da questi popoli e delle conoscenze scientifiche che essi andavano accumulando, oppure se siano frutto del loro sentimento religioso, oppure ancora della loro ingenua fantasia.
Molto probabilmente queste storie, altamente poetiche e straordinariamente sintetiche, racchiudono sia la sapienza dell’umanità bambina che si confrontava con l’ambiente naturale in cui si era stanziata, sia il sentimento sacro che questi uomini percepivano nell’assimilare le conoscenze e le verità dei cicli cosmici e naturali.

Alcune immagini delle tavolette cuneiformi più antiche rinvenute nel secolo scorso nell’area mesopotamica, sono frutto delle più curiose congetture circal’origine di una civiltà avanzatissima, quella dei Sumeri, che abitò quest’area in tempi preistorici. Il loro continuo riferimento al cielo e ai corpi celesti che lo abitavano, ha fatto presupporre ai ricercatori più fantasiosi il contatto di questi popoli con mondi alieni ed extra-terrestri. Resta indubbio il fatto che leavanzatissime conoscenze astronomiche servissero a questo popolo, profondamente legato alla Terra ed ai suoi cicli, per mettere a punto altrettanto sofisticati sistemi di coltivazione e, da un punto di vista religioso, per indagare nei rapporti tra gli uomini, la natura e le sue forze: gli dèi.

(fine prima parte).

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