Attenti al lupo!

Attenti al lupo!

L’essere consapevoli della vulnerabilità dei giovani durante la loro fase evolutiva può incrementare il senso di responsabilità e la tutela che genitori, familiari, insegnanti e la società intera devono avere nei loro confronti…

“Raramente si migliora se non si ha altro modello da imitare che se stessi”.
Oliver Goldsmith.

La personalità di ciascuno di noi si è modellata, fin dai primissimi anni, sulla base delle imitazioni e identificazioni con le persone significative della nostra vita attraverso le quali abbiamo assimilato valori, credenze e modelli di comportamento. È fondamentale e necessario, di conseguenza, aver avuto modelli di riferimento stabili e rispondenti alle proprie esigenze di crescita perché è sul loro modo di pensare, sentire e comportarsi che ciascuno di noi ha formato e modellato la sua intera personalità.

Che cosa accade se questi modelli di riferimento sono mancanti perché frustranti, poco disponibili o del tutto assenti? Come tutto questo si ripercuoterà nell’adulto? Prima di rispondere a queste domande è necessario descrivere, in modo sintetico, il processo che porta alla formazione della propria identità.

Nel primo sviluppo il neonato ancora non percepisce la madre come separata da sé. È la fase dell’identificazione primaria, nella quale riproduciamo e riflettiamo nostra madre, la prima e più importante persona della nostra vita; questa fase dovremmo, più propriamente, definirla imitativa.

Nella naturale evoluzione, a questo comportamento imitativo, segue l’acquisizione della capacità dell’introiezione, in altre parole la capacità di accogliere e mantenere nella nostra mente, qualcuno o qualcosa che riguarda i genitori, altri componenti della famiglia o altre figure significative. Questo processo mentale consentirà, all’occorrenza, di ritrovare dentro noi stessi la rappresentazione di una figura importante cui poter fare riferimento.

L’integrazione di queste fasi conduce, progressivamente, alla formazione delle identificazioni secondarie, processi psicologici più evoluti e più aderenti alla realtà, che si determinano quando il bambino inizia ad essere in relazione con un altro, che adesso percepisce come separato da sé. Per mezzo del processo psicologico dell’identificazione, assimiliamo aspetti e attributi di altre persone e ci trasformiamo parzialmente sul modello di queste. Attraverso più processi d’identificazione verrà a costituirsi la nostra identità. Se le tappe di questo processo si raggiungeranno naturalmente e senza difficoltà, si costituirà un’identità unitaria e stabile, prerequisito per essere meno vulnerabili alle influenze esterne.

La mancanza di adeguati modelli di riferimento non permette che si attuino i normali processi d’identificazione secondaria. Di conseguenza, chi nel periodo della formazione della propria identità, ha avuto relazioni difficili e disturbate con chi avrebbe dovuto costituire dei validi modelli, tenderà sempre, per colmare un’identità lacunosa, a ricercarne di nuovi nei contesti per lui più significativi.

In queste persone si è verificato uno sviluppo difettoso della capacità dell’introiezione, che interferirà con la costruzione dei legami affettivi e simbolici. La capacità di “avere” e mantenere simbolicamente dentro di sé l’altro, sarà sostituita dalla disposizione a “essere”, cioè a diventare l’altro, mediante comportamenti di tipo imitativo che potranno durare tutta la vita. Questi comportamenti tenderanno a ristabilire l’esperienza nella quale il bambino non percepiva la madre come separata da sé e agiranno come difese per evitare qualsiasi minaccia di cambiamento, vissuta come un annientamento del Sé.

Persone come queste, data la vulnerabilità che consegue a questi disturbi del carattere, hanno un forte bisogno di delegare ad altri l’andamento della propria vita e possono divenire facile preda di particolari individui o gruppi deviati che, come i lupi nelle loro battute di caccia, hanno la capacità di intercettarli e portarli nella loro sfera d’influenza.

Esistono vari casi di manipolazione mentale nei quali queste persone vulnerabili, senza rendersene conto, iniziano a pensare in modo diverso e credono di prendere decisioni autonome quando in realtà sono state profondamente influenzate e ridotte in uno stato di completa dipendenza e acriticità.

Secondo alcuni studiosi, la manipolazione mentale si serve di tecniche psicologiche che giocano sui normali sentimenti di ambivalenza e sui sentimenti contrastanti che, quasi sempre, adolescenti o giovani adulti hanno nei confronti dei genitori: anche la madre o il padre più amati hanno avuto scontri con i figli che hanno lasciato ricordi di rabbia o delusione. Queste tecniche, basate sul controllo del comportamento, sul controllo dei pensieri e sul controllo delle emozioni, si preoccupano di utilizzare questi sentimenti irrisolti per arrivare a condannare tutto ciò che riguarda il passato di una persona, fino a giungere ad esercitare un arbitrio totale su tutti gli aspetti della sua vita.

Il controllo del comportamento include il controllo del contesto in cui si trova l’individuo, vale a dire dove abita, quali vestiti indossa, che cibo mangia, il lavoro, le abitudini, ecc. Il controllo del pensiero manipola i processi mentali partendo dal concetto che tutto ciò che è buono s’incarna nel leader manipolatore e tutto ciò che è cattivo, si trova nel mondo esterno. Nel controllo delle emozioni, sensi di colpa e paura sono gli strumenti impiegati per tenere le persone sotto controllo. Si aggiunge, anche, il controllo dell’informazione, poiché se ad una persona viene negata l’informazione necessaria a formulare giudizi fondati, non sarà più in grado di formarsi opinioni proprie. In forme diverse, la manipolazione mentale può verificarsi in piccoli gruppi, nella coppia o addirittura in famiglia.

Lascio a voi immaginare quanto tutto ciò possa essere devastante per chi non ha avuto la fortuna di costruire una sua chiara e precisa identità a causa di modelli di riferimento errati e inadeguati. L’incontro con questi individui manipolatori, che solitamente hanno una forte personalità e una tendenza spiccata al comando, spazzerà via per sempre la possibilità di riprendere un percorso verso l’autenticità; lo stato di completa dipendenza e acriticità, li costringerà a perpetuare con gli altri una sorta d’identificazione adesiva, tipica dei bambini che riflettono e assorbono l’altro per iniziare ad esistere come individui. Non vi sarà più traccia di ciò che era originale in loro, non saranno più identificati in una sola e unitaria figura, saranno come “L’ombra” che accompagna questo scritto (vedi immagine allegata): un’ombra con la sua capacità di assorbimento e insieme di annullamento.

Spero che quanto ho scritto possa essere utile a chi accompagna i giovani in fase evolutiva; l’essere più consapevole della loro vulnerabilità può incrementare il senso di responsabilità e la tutela che genitori, familiari, insegnanti e la società intera devono avere nei loro confronti. Gli esiti di un disturbo di personalità creano infelicità, difficili relazioni e investono l’intera vita di una persona.

A causa dei meccanismi di difesa che adottano, non sarà facile per le vittime dei predatori riconoscersi nelle conseguenze che ho descritto, ma forse qualcuno accanto a loro avrà strumenti maggiori per aiutarli a fuggire dalle grinfie di questi lupi.

Maria Cristina de Montis.

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