In Toscana il primo ospedale di medicina integrata

In Toscana il primo ospedale di medicina integrata

Medicina integrata: in Toscana parte il primo esperimento in un ospedale pubblico italiano, a Pitigliano, in provincia di Grosseto, dove i pazienti che lo richiederanno potranno avvalersi anche di specialisti in medicina complementare, a partire dall’omeopatia.

È la prima esperienza al mondo. Un ospedale pubblico in cui, al letto del paziente, lavorano insieme il medico tradizionale, omeopati, fito-terapeuti, agopuntori. Si chiama medicina integrata ed è il sogno che la dottoressa Simonetta Bernardini, fiorentina d’adozione, donna tenace e combattiva, insegue da una vita. La sua carriera è cominciata molti anni fa al servizio di diabetologia infantile al Meyer e poi a quello di terapia intensiva neonatale a Torregalli. Due specializzazioni universitarie, pediatria ed endocrinologia, e un’esperienza da pediatra di famiglia nel Mugello.

Ma non gli bastava. Capiva – racconta – che gli strumenti della medicina convenzionale le servivano per salvare i pazienti nelle malattie acute e nelle emergenze, ma spesso non per guarirli né dalle patologie di tutti i giorni né dalle malattie croniche. Come l’asma, la cefalea, i reumatismi, le allergie. E pensava che padroneggiare due medicine sarebbe stato meglio che padroneggiarne una sola.

Si è rimessa a studiare e ha fondato la Siomi, la società italiana di omeopatia e medicina integrata di cui è ancora presidente. Ci ha messo molti anni a convincere i colleghi e gli enti pubblici che l’integrazione e l’alleanza fra più saperi, più specialisti, era una strada da tentare. Alla fine ce l’ha fatta.

La Regione Toscana ha approvato il progetto sanitario ed entro l’estate assumerà i nuovi medici. L’ospedale di Pitigliano, in Maremma, zona di terme e di raccoglimento, farà da apripista.

– Come funzionerà?
I pazienti che lo richiederanno potranno avere al proprio letto gli specialisti di quattro medicine diverse che, insieme, valuteranno la cura più adatta.

– Ma fino a ora li abbiamo visti litigare, più che allearsi
Ed è il problema della mia vita. Avevo 25 anni quando mi trovai in mano due medicine, quella tradizionale e quella omeopatica. Per me era ovvio farle lavorare insieme, ma invece i due mondi si facevano la guerra. È da allora che faccio il mediatore culturale e provo a farli dialogare.

– Quali limiti ha, secondo lei, la medicina tradizionale?
Salva i pazienti nelle malattie importanti, ma in quelle croniche, o nella gestione della patologie di tutti i giorni, spesso sopprime i sintomi piuttosto che guarire.

– Perché scelse l’omeopatia?
Avevo davanti un patrimonio enorme, talora frutto di millenni di culture diverse. Ho scelto la medicina più adatta alla mia formazione e soprattutto quella più facilmente applicabile ai bambini.

– Cos’è l’omeopatia, in parole semplici?
È una medicina basata sulla somministrazione di dosi infinitesimali, e quindi mai tossiche, di sostanze capaci di stimolare il potere di autoguarigione dell’organismo.

– E se l’organismo non ce la fa ad autoguarirsi?
Gli diamo il farmaco chimico. Ma la possibilità di una vera guarigione va riconsiderata in medicina.

– Le patologie che non possono guarire con le medicine tradizionali?
Le allergie, per esempio, soprattutto quelle infantili. Posso prescrivere a un bambino antistaminici e cortisone: guarisce l’episodio acuto ma la malattia resta.

– E i drammatici casi di morti causate dall’uso improprio di medicine alternative?
Sono del parere che solo i medici, e se possibile specializzati, possano applicare la medicina integrata. Anche a me sono capitati casi di diabetici che mi chiedevano di togliere l’insulina. Ma ho spiegato, ovviamente, che non era possibile.

– Cosa risponde a chi dice che non ci sono prove scientifiche nell’efficacia dell’omeopata?
Che occorre documentarsi senza pregiudizio perché da tutti i paesi del mondo in cui l’omeopatia fa parte del servizio sanitario pubblico, arrivano conferme di efficacia non solo nell’uomo ma anche negli animali e perfino nella piante. E tante più risorse verranno destinate alla ricerca, tante più conferme arriveranno. Siamo grati alla Regione Toscana per questa ulteriore opportunità che ha voluto dare ai cittadini.

– Quanta gente fa uso dell’omeopatia?
In Toscana più del 20% dei cittadini ma si arriva circa al 30% tra i medici, come testimonia uno studio dell’agenzia regionale della sanità.

– Perché secondo lei?
Perché hanno toccato con mano, insieme ai grandi pregi, anche i limiti della medicina cosiddetta convenzionale. E poi i medici sono meglio informati.

– Quindi è ancora una scelta elitaria?
Purtroppo sì, sia per l’accesso alle informazioni che per l’aspetto economico. Le medicine sono ancora a pagamento e questo pone anche un problema etico di discriminazione nell’accesso alle cure.

– Nel nuovo ospedale saranno invece gratuite?
Sì, per chi desidererà la medicina integrata.

– Come sarà valutata l’efficacia di questa nuova avventura?
Pitigliano sarà un centro di ricerca scientifica e i pazienti verranno seguiti anche dopo la dimissione. E al termine del periodo di sperimentazione valuteremo l’eventuale miglioramento in termini di qualità della vita ed efficacia delle cure. Collaborano al progetto un team di esperti di ricerca scientifica e un comitato scientifico internazionale.

– Quanti soldi ha stanziato la Regione?
Un milione e 400mila euro per i primi due anni di attività, saranno assunti sei medici specialisti in medicine complementari che affiancheranno i colleghi dell’Ospedale sia nei reparti che negli ambulatori.

– Potranno venire pazienti da tutta Italia?
Certo. Nei due anni di elaborazione del progetto le richieste di ricovero e di visita sono già state molto numerose.

A cura di Geraldina Fiechter per club.quotidiano.net

Altre fonti:
www.corriere.it/salute/
www.usl9.grosseto.it/.

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