O scegliamo di agire in base ai principi dell’esoterismo, oppure no. Nel primo caso, non ha senso combattere la realtà per cambiarla. Ha senso, piuttosto, cambiare direttamente realtà, vibrando noi stessi in modo diverso.
La realtà che vivi è una delle tante possibili: se non ti piace quel che ti circonda è perché è giunto il momento di spostarti in una realtà che ti piaccia di più. Una realtà che a te non piace, magari è utile e funzionale per altri. Volerla cambiare è presunzione; è come cambiare una trasmissione tv dipingendo sullo schermo. Cambia canale e fai prima.
La frase sopra riportata è di un mio vecchio amico, Cinabro Zady. È una bella frase: molto azzeccata, che qualche giorno fa Zady ha scritto su facebook per commentare un post, forse uno dei soliti post lamentosi, non ricordo… Penso che sia riuscito, come poche ed efficaci parole, a inquadrare molto bene una questione che mi sta molto a cuore, di cui ho molte volte parlato nelle mie conferenze, ma che spesso tendo a dare per scontata, anzi a volte me ne dimentico, e che ora, cogliendo la sincronica imbeccata, intendo riprendere e approfondire, anche per chiarire la mia posizione su certe questioni, idee e progetti.
Io parlo sempre di “vibrare altrove”. Sarà persino il titolo del mio prossimo libro! Il concetto è sicuramente vicino a quello del Transurfing di Zeland, molto letto e poco capito, così come tipico dell’esoterismo orientale, ma anche occidentale se pensiamo al misticismo, fenomeno ed esperienza ben lungi dall’essere semplicemente astratta. “Vibrare altrove” significa, in estrema sintesi, produrre quella metamorfosi, dentro così come, naturalmente, fuori di sé, che porta l’essere umano a permeare altri piani del possibile, piani interiori ma, per naturale riflesso, piani della realtà che va manifestandosi per la sua esistenza. Senza brama.
Non sono cose nuove. Ma cerco nuove parole per dirle e per… entrarci dentro davvero.
Se crediamo, capiamo, scegliamo, raccontiamo ad altri di credere, essere o, per lo meno, di voler essere in sintonia con la conoscenza spirituale (esoterica, iniziatica, mistica, magica, chiamiamola come vogliamo), significa che scegliamo, o dovremmo scegliere, un preciso paradigma (o forse l’assenza di paradigmi), comunque ben diverso da quello che, per intenderci, potremmo definire il paradigma “ordinario”, ovvero tipico di questa realtà attuale, che percepiamo come sempre più angusta e di cui, in fin dei conti, non siamo contenti, ci lamentiamo, alla quale vogliamo ribellarci in qualche modo.
Attenzione però, perché qui sta il punto: o pensiamo in modo magico, esoterico, spirituale… oppure pensiamo in modo ordinario. O vibriamo in un modo, oppure nell’altro. O crediamo in certi assunti, oppure in altri. O compiamo delle scelte e delle azioni coerenti con un paradigma e stiamo alla realtà di quel paradigma, oppure siamo nell’altro, alimentiamo la realtà tipica e coerente con quell’altro paradigma. Ok?
Al di là delle belle parole e delle pensatone di cui ci riempiano la testa, cosa nutriamo poi veramente? Dove andiamo a parare e a ri-parare alla fine?
Se, come mi sembra di capire, vogliamo recuperare una certa conoscenza, una certa visione della vita, di noi stessi, della realtà, e vogliamo dare spazio a un’esistenza nuova, più armonica e autentica, e tra l’altro, avendoli ormai studiati e sentiti in tutte le salse, ne conosciamo più o meno gli assunti (sincronicità vs causa/effetto, progetto evolutivo vs caso, coscienza creante vs eventi che capitano, ecc… ecc…) allora come possiamo, dopo aver detto e ribadito tutte queste belle cose, ricascare nella solita visione, scivolando sulla buccia di banana dell’idea/pretesa di voler cambiare questa realtà? Del voler fare Politica? Scienza? Medicina? Ecovillaggi? Moneta propria? Gruppi solidali? Organizzarsi? Insomma, fare delle cose per “cambiare”? Per rivoluzionare (dentro o fuori che sia)? Cambiare se stessi? La propria dieta? Le proprie abitudini? Lavorare su di sé?
Ma, di cosa stiamo parlando? Dove? Di chi? Di quale realtà? Volendo così, pensando così, a cosa stiamo ancora continuando a credere? Al vecchio paradigma. Certamente.
Non stiamo certo pensando da “maghi” (che poi comunque chissenefrega di pensare da maghi, anche quella è una sega… ma faccio per dire… capite no?).
Tutto il nostro bel dire è contraddetto in un istante, non appena ci mettiamo in testa l’idea di “voler cambiare”. Di poter fare delle cose. Anzi, addirittura di dover fare delle cose per cambiare. E attenzione: che questo intento si riferisca a fare e cambiare delle cose dentro di noi piuttosto che fuori di noi, poco importa: è la stessa cosa. È la stessa idea. Si sta ancora pensando da “babbani”[1].
Questa non è la realtà. Non lo dico per ripetere che è un’illusione. Lo dico proprio nel senso che questa non è “la” realtà. Bensì è “una” realtà, con tutta la sua dignità di esistere! (pensa te!) Quindi, ammesso e non concesso che sia migliorabile, correggibile, modificabile: perché farlo? Perché volerlo fare? Sì, certo, noi vogliamo essere dalla parte del bene e fare il bene, ovvio… ma qui è un altro il punto. Molto più radicale.
Le cose non funzionano così. Non si “cambia” un bel niente. Una realtà è una realtà. Può essere la tua: quella in cui ci stai dentro, coerente con “chi” sei e con quello che ti può essere utile (a qualcuno sicuramente è utile: sì sì, proprio questa roba qua, è utile!).
Oppure, può non essere (più) la tua, che diventerà e potrà essere un’altra. Piano piano… ti sposti… perché diventi altro. Anzi, ti avvicini un po’ di più a quell’accorgerti di essere altro. Quindi crei altro. Modelli altro, pur sempre qui, adesso. Eppure altrove. Niente da “cambiare”: accade perché è naturale. Il prima continua a esserci, con la sua funzione divina! Il nuovo si manifesta, con nuove funzioni e scopi. Accade.
Questo se vogliamo essere nel paradigma “magico”.
Altrimenti… ok, va bene: fate comunità, ecovillaggi, combattete gli illuminati, battete la vostra moneta, preoccupatevi delle scie chimiche, della sovranità, fate le vostre diete vegetariane, fondate i vostri partiti…
Capite? Come è possibile tenere o assistere a centinaia di conferenze e di corsi sul paradigma spirituale, la visione magica, il potere del pensiero, il sé superiore, i piani di realtà, la meditazione, l’ascensione per poi, in preda a chissà quale spasmo, mettersi in testa di voler fare delle cose per dover cambiare la realtà e la propria vita? Fare progetti? Gruppo operativi? Rivoluzioni?
Capite il controsenso? Il controsenso sta tutto nel decidere di poter/voler/dover fare per cambiare una realtà.
Ecco perché ho tergiversato e sto tergiversando ancora così tanto sul discorso del “contesto”, del centro, del borgo… tante cose di cui ho parlato e amo parlare con molte persone, di cui mi piace condividere l’idea, il sogno… ma attenzione: gli assunti devono essere quelli giusti! Dobbiamo capire (e scegliere) il fatto che la realtà funziona in modo magico, non come pensiamo essa possa funzionare e interagire con noi. E quindi la strada è diversa.
Non è un andare contro, e questo lo abbiamo capito. Ma non è neanche il pensare di cambiare le cose su questa strada. Perché è ancora lo stesso pensiero, che si basa sulle regole di questa strada, per quanto siano nobili e geniali le nostre trovate, e potente la nostra disposizione d’animo. A parte che “Il cucchiaio non esiste”, ma poi, perché volerlo piegare? A parte che “non ci sarà bisogno di schivare le pallottole”[2], ma poi… perché preoccuparsene? Perché si muore? Cosa??? Si muore? Ah sì? Da quando?
Sempre che esista una strada, tu non cambiare le cose su questa strada, perché va bene così. Sempre: come può andare male? Però, se vuoi, tu cambia strada. Ma è qualcosa che accade. Imboccare nuove possibili espressioni esistenziali che si formano sotto i nostri piedi, mentre camminiamo. Mentre siamo.
È un volgersi. Non un fare. È un trovarcisi. E non è che da questo dobbiamo aspettarci cose belle o cose brutte. È sempre un accogliere. Osservare. Crescere, comunque. E la realtà cambia: non è che cambia la tua interpretazione, o magari te ne freghi delle cose tristi che succedono e vivi nelle tue fantasie. No. È un’altra cosa ancora. È un capire accogliente e silente la trasmutazione possibile. È un comprendere un sottinteso. Un’altra realtà dei fatti. Un’altra verità permeabile e dalla quale lasciarsi permeare.
Vibra il tuo pensiero elevato, vola alto. Siamo su un’altra strada: quella del magico, dello straordinario. E tutto si sposta. Il baricentro si sposta. Impossibile da spiegare. Ma si può sentire. In silenzio. Nel vivere intuendo. Respirando.
Tu, individualmente.
Non fare nulla. Non cambiare nulla. Non voler cambiare nulla. Non rivoluzionare. Accogli te stesso. Accogli tutto. Stai calmo. Amati. Lascia andare… Vedrai.
Carlo Dorofatti
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Wow…senza parole. Splendido ciò che hai scritto.