Le parole e la coscienza

 

Intervento di Giuseppina Tazzioli al convegno Dialoghi Sulla Coscienza (7-8-9 aprile 2017, Villa Bertelli, Forte dei Marmi) a cura di Simona Barberi Eventi.

Tra gli argomenti del video:

La coscienza è quello di cui siamo consapevoli. Ma è anche quello di cui non siamo consapevoli e che abita il nostro inconscio.

Le parole dell’inconscio non si trovano su un dizionario, poiché l’unico detentore di queste parole è il soggetto stesso.

Per Freud l’inconscio era come un serbatoio dove si trovano le pulsioni, ma anche definendolo come “altra ragione”.

Questa altra ragione ha un’etica e un obiettivo diversi da quelli della razionalità.

L’inconscio è il compagno dell’anima ed è al suo servizio.

Hillman afferma che l’anima si incarna con l’obiettivo di realizzare la forma che rappresenta la sua meta, ma quando ci incarniamo lo dimentichiamo, ma non lo dimentica l’inconscio.

L’inconscio si manifesta nel sogno, nelle bizzarrie, nel lapsus e attraverso una serie di personaggi che sono in noi.

L’inconscio freudiano in realtà è l’animatore della festa che ci ricorda qual è la nostra meta, cioè recuperare i pezzi che mancano alla nostra anima.

Se non ascoltiamo il nostro inconscio, produrrà sintomi fisici e psichici. La vera malattia è la distanza tra la parte cosciente e l’inconscio.

La prima cosa di cui ha bisogno la parola è il silenzio. La parola dell’inconscio non è quella mescolata tra le mille parole del quotidiano, ma quella nascosta nel silenzio del corpo.

Nei Ching si dice che il noto è la madre di 10mila cose, l’ignoto è la madre del cielo e della terra.

L’ignoto, il buio, il vuoto… sono segnali e condizioni nelle quali la vita può rinascere.

Affinché si possa udire la parola capace di risvegliare i desideri e i ricordi, è necessario trovarsi di fronte al silenzio.

I nostri corpi sono muti, ma pieni di parola. E quando udiamo anche una sola parola, una parola maestra, i nostri corpi reagiscono.

Quando il corpo soffre è perché ha raccolto parole malvagie.

La relazione tra la parola e il corpo è molto stretta: dentro il nostro corpo vi sono milioni di parole, che abbiamo dimenticato.

Quando il corpo ode una parola che gli ricorda quel paradiso perduto che è sepolto dentro di lui, il corpo si rianima.

A un certo punto il neonato non avrà più il seno disponibile per saziare la sua fame, allora introdurrà l’immagine del seno, e l’immagine è la parola dell’inconscio.

La parola è il ponte che unisce il desiderio con l’oggetto oscuro del desiderio. Il bambino quando succhia il latte sente la parola, la voce della madre, il suono del suo battito cardiaco. Insieme alla sostanza lattea succhia le parole.

La parola che cura è la parola che ci dà l’idea che la nostra parola è ascoltata.

La parola e la fame vengono dallo stesso luogo: la bocca.

La prima fame dell’uomo, dopo quella del latte, è la fame del riconoscimento. In assenza del riconoscimento, noi non esistiamo.

Il desiderio è quella parte indistruttibile di noi di cui spesso il bambino è il custode. Se tradiamo il nostro desiderio e la nostra vocazione, la nostra vita va male. Se invece contattiamo quel desiderio, possiamo essere felici, il resto viene da sé.

L’inconscio interviene con i sintomi quando non ascoltiamo quella parte indistruttibile di noi, dunque esso ci è nostro alleato.

Freud aveva scoperto che poteva curare le malattie del corpo attraverso la parola.

Il transfert è una sorta di innamoramento.

Quando una persona entra nel dispositivo di cura entra sempre come se fosse un soggetto amato.

Quando un percorso psicologico o sciamanico funziona, è perché in qualche modo siamo stati amati, cioè il terapeuta è innamorato del percorso che sta accadendo.

Il sogno usa il linguaggio dell’inconscio e tale linguaggio è simbolico. Da dove arriva il linguaggio simbolico del sogno?

Sono i bambini a usare il linguaggio simbolico. Per il bambino un oggetto può diventare qualunque cosa. Come accade nel sogno.

L’uomo dell’antichità usava un linguaggio mitologico.

Il linguaggio simbolico del sogno ci ricorda il linguaggio ancestrale legato al mito, perché l’uomo non ha solo il bisogno di spiegare le cose, ma di acquisire le cose come se le cose fossero parte di sé, dando loro un significato non razionale ma di senso.

La malattia mentale è collegata allo sganciamento dell’io dall’inconscio.

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