La realtà, le sue leggi e l’assurdo

Alcuni fisici hanno evidenziato che la probabilità che universi come il nostro si generino spontaneamente è bassissima, e lo è ancor di meno se si considera lo sviluppo della vita intelligente. Asserire con certezza che non vi sia alcun atto creativo dietro tutto questo pare un’affermazione arrogante…

 

La Fisica Quantistica ha stravolto ogni precedente conoscenza trasformando la visione del mondo. Particelle piccolissime possono trovarsi contemporaneamente in luoghi diversi, nascere dal nulla, scomparire, essere condizionate nel loro comportamento dalla semplice osservazione da parte degli sperimentatori. Le comuni successioni temporali non hanno senso, non esistono un prima e un dopo. La sostanza primordiale, base della formazione dell’Universo, non ha consistenza solida, non è materia ma piuttosto informazione.

Le leggi fisiche sono associate a rappresentazioni probabilistiche, all’instabilità. Richard Feynman, uno dei padri dell’elettrodinamica quantistica, ammise che secondo il buon senso si è svelata una natura assurda, la cui assurdità è però sostenuta dai dati sperimentali. “Non ci resta che accettarla” – disse.

E in effetti strumenti che “assurdamente” funzionano sulla base di fenomeni quantici, come laser, personal computer, energia nucleare e fotovoltaica, lettori ottici, sono parte della nostra realtà già da tempo.

Ma ci sono fenomeni altrettanto assurdi, per quanto di diversa natura, che si palesano nella nostra coscienza, lasciando interdetta e sospettosa la ragione. Come può, ad esempio, qualcuno che sta morendo trasmettere un messaggio nella mente altrui? Eppure sono molte anche le testimonianze di questo genere. Lo stesso Jung raccontò di aver sognato la sorella defunta che accompagnava un’amica la quale, come seppe poi, si era spenta proprio quella notte.

È capitato anche a me di ricevere in sogno il saluto di una persona che abitava in un’altra città e non incontravo da tempo. Non sapevo stesse male, ma dormendo l’ho vista affacciarsi ad una porta. Mi ha salutata e riferendosi a un problema familiare che allora mi stava a cuore, ha detto: “Non preoccuparti, ora ci penserò io”. Mi sono svegliata, ho guardato l’orologio. Dopo pochi minuti ho ricevuto una telefonata che mi annunciava la sua morte. Il problema che stavo affrontando in quel periodo si è poi risolto così serenamente da avermi fatto ripensare molte volte alla promessa. La morte è la fine di tutto o lo spalancarsi di quella porta vista in sogno?

L’impensabile, l’incomprensibile si palesano dal microcosmo alla coscienza a sfidare la nostra razionalità, a ricordarci che questo strumento, pur fondamentale per la nostra sopravvivenza, non è sufficiente a conoscere la realtà.

Secondo il matematico e divulgatore scientifico Amir Aczel il mistero più grande è come i quark, un secondo dopo il Big Bang, abbiano potuto formare protoni e neutroni senza il minimo errore, in modo che il protone pareggiasse la carica dell’elettrone e quella del neutrone fosse pari esattamente a zero: “Come hanno fatto le masse delle particelle a rivelarsi così perfettamente precise da far sì che il nostro mondo di atomi e molecole potesse emergere? Come hanno fatto le forze della natura a ricevere proprio l’intensità di cui hanno bisogno per mantenere un universo stabile che non collassa su se stesso, né esplode?”

Stephen Hawking ha affermato che le probabilità contrarie a un universo che ospitasse la vita erano immense: “Ogni volta che si comincia una discussione sulle sue origini, io penso che vi siano implicazioni religiose”. Albert Einstein ha scritto che, nonostante gli scienziati ritengano che tutti i fenomeni siano dovuti a leggi di natura, “chiunque si occupi seriamente di scienza si convince che una sorta di spirito, di gran lunga superiore a quello umano, si manifesta nelle leggi dell’universo”. Né l’uno né l’altro credevano nel Dio della religione, ma il senso di umiltà e stupore permetteva loro di cogliere la grandezza di un mistero ancora e forse per sempre inaccessibile.

Margherita Hack, non credente, riteneva che l’idea di Dio servisse solo a giustificare quello che la scienza non spiega ancora e aveva affermato in un’intervista: “Nella cosmologia si riesce a capire molto dell’Universo ma non di come si possa essere originato […]. Quindi il mistero c’è, certamente”. Al giornalista che chiedeva cosa avrebbe detto a Dio se, morendo, avesse scoperto che esiste, aveva risposto: “Che ho sbagliato. E forse tutto sommato, sarebbe bello essersi sbagliati”.

La scienza non è in grado di comprendere cosa abbia causato il Big Bang, cosa lo abbia preceduto e per quale meccanismo tutte le costanti della natura si siano modulate esattamente in modo da far emergere la vita. Sotto il profilo matematico queste verità restano al di fuori della portata della mente umana e certe asserzioni non possono essere né confermate, né confutate. Ne consegue che anche il meccanicismo richiede un atto di fede.

“La retorica di scienziati che sono partiti all’offensiva – ha scritto il fisico e astronomo Marcelo Greiser, commentando le dure posizioni di alcuni colleghi contro ogni idea di trascendenza – è emblema di un ateismo radicale militante, una visione che io considero incendiaria e intollerante quanto quella dei fondamentalisti […]. Le persone scelgono di credere aggrappandosi a una fede che promette di elevarle oltre i confini della materia e del tempo. Mettere in ridicolo questo bisogno umano fondamentale significa rivelare un’allarmante ignoranza di quanto avviene nei cuori e nelle menti della stragrande maggioranza degli individui, in ogni parte del mondo”.

Il cosmologo Roger Penrose ha evidenziato come, prendendo in considerazione solo uno dei parametri necessari, la probabilità che si generasse il nostro universo in cui è presente la vita è pari a 1 diviso 10 elevato alla potenza di 10, elevato alla potenza di 123. “Tali numeri ci schiacciano. Figuriamoci la probabilità dello sviluppo della vita intelligente” – ha commentato Amir Aczel. Secondo lui alla luce di queste considerazioni asserire con certezza che non vi sia alcun atto creativo dietro tutto questo pare un’affermazione arrogante.

È bello allora ricordare il famoso pensiero che Stephen Hawking ha posto a conclusione del suo saggio Dal big bang ai buchi neri: “Se perverremo a scoprire una teoria completa essa dovrebbe essere col tempo comprensibile a tutti nei suoi principi generali. Noi tutti, filosofi, scienziati e gente comune, dovremmo allora essere in grado di partecipare alla discussione del problema del perché noi e l’universo esistiamo. Se riusciremo a trovare la risposta decreteremo il trionfo definitivo della ragione umana giacché allora conosceremo la mente di Dio”.

Daniela Rossi

Estratto dal libro Materia che sogna

 

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