Coronavirus, il cambio di passo

Chissà che questo evento mondiale, primo e unico nella storia dell’umanità, non porti alla consapevolezza che conviene collaborare piuttosto che competere… Articolo di Corrado Ceschinelli

 

Mi ha fatto specie l’affermazione di Mara (un mio contatto), che forse è comune a molte persone: “A distanza di qualche giorno sto ritrovando la mia pace; a parte i primi giorni che giravo come una trottola inarrestabile, adesso sto cominciando a trovare un senso a tutto questo”, aggiungendo “Mi dispiace ovviamente per le vittime, ma forse avevamo proprio bisogno di uno stop”.

Lo stop al quale allude Mara era per un ritmo infernale che ormai coinvolgeva tutto e tutti in una modalità dalla quale era difficile sottrarsi. Un correre favorito sicuramente dalla più grande alienazione e accelerazione di tutti i tempi: gli smartphone. Un mondo virtuale che ci ha ancor più allontanato dalla nostra natura e dall’esperienza di vita vera, quella in cui la quotidianità ci consentiva, nel bene e nel male, di rimanere nella realtà, nel confronto, nella crescita: un processo che necessita di un dialogo con se stessi, di momenti di solitudine, di silenzio, di ritiro, ma anche della relazione con l’altro.

Ci siamo così allontanati dalla nostra essenza, dalla nostra anima, dal significato vero e profondo della nostra esistenza, da non averne più alcuna considerazione, tanto da vivere come se fossimo immortali, come se non avessimo una costituzione, come se fossimo un organismo indipendente dall’ambiente, dall’aria che respiriamo, dai campi elettrici in cui siamo immersi, dal cibo che ingurgitiamo, dall’amore di cui abbiamo incessante bisogno, sia nel dare sia nel ricevere.

Questo allontanamento ci disorienta, ci terrorizza: non sappiamo più chi siamo, cosa siamo. La nostra identità si configura attraverso modelli del tutto virtuali, misurabili in termini di visibilità social, di identificazioni fasulle sotto il peso e la pressione di un mondo che è diventato una grande Matrix dalla quale è difficile sottrarsi, che la sofferenza in generale e il Coronavirus in particolare vengono a ricordarci, a prescindere da tutte le considerazioni o dietrologie che siamo capaci di supporre o immaginare.

La partita ce la giochiamo su questo fronte, sulla capacità di cogliere il significato profondo di questa emergenza che prima di essere sanitaria ha a che fare con la nostra coscienza, con la nostra consapevolezza. Non sarà facile, e non sarà per tutti possibile, ma le circostanze giocano paradossalmente a favore del cambiamento.

Questa civiltà, in un colpo solo, mostra tutta la sua immaturità, ma anche tutta la sua inadeguatezza, e non potrebbe essere diversamente, visto che è causa del suo stesso male. Per quanto siano legittimi i provvedimenti cautelativi, le precauzioni al contenimento epidemico, non sarà dal suo interno, dalla sua cultura, economia o politica, che verrà la saggezza necessaria per comprendere il fenomeno nella sua totalità, e men che meno, questa civiltà potrà darci un contributo per favorire il cambio di passo evolutivo.

L’auspicio più felice è di vincere la battaglia contro questo fantomatico virus, tornando in breve alla normalità di prima, per quanto spesso si senta dire che “niente sarà più come prima”. Chissà che questo evento mondiale, primo e unico nella storia dell’umanità, non porti alla consapevolezza che conviene collaborare piuttosto che competere.

La misura della nostra alienazione si manifesta attraverso la paura, il panico di non poter sopravvivere, nonostante le certezze che la tecnologia ci ha illusi di aver raggiunto. Ecco le ragioni della corsa al saccheggio, della spregiudicatezza e della sottovalutazione di alcuni, dei riti del canto dai balconi, del proliferare di video allarmistici e ottimistici assieme, degli “hashtag” auto-incoraggianti (“andrà tutto bene”), tutte cose che hanno lo scopo di esorcizzare un nemico occulto che ci ha sorpresi inermi.

Dopo anni in cui tutto ha contribuito a renderci inoffensivi, a farci dimenticare il nostro diritto/dovere alla salute, alla gioia, riempiendoci di illusioni e di tormenti, poco importa a causa di chi, e a causa di cosa, si riapre la partita della vita. Resta a noi, alla nostra personale sensibilità, coglierne il senso e trasformare questa momentanea maledizione in una benedizione, in una forza spirituale interiore, che renda giustizia alla nostra esistenza.

Corrado Ceschinelli

Autore del libro Codice Vitariano (Anima Edizioni)

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