Il talento ci rende genitori dei nostri progetti

Crescere i propri doni ci accomuna a un genitore, premuroso quanto fiducioso, intento a comprendere le volontà del proprio figlio, consapevole però che c’è sempre bisogno di buone regole, fra cui quella di darsi un ritmo e una cadenza… Articolo di Giulia Scandolara

 

«(…) il talento (…) sostiene chi sei tu, il tuo valore, la tua voce e la tua presenza nel mondo. Ecco perché è così importante esprimerlo. Allo stesso tempo (…) mentre viaggi con lui (…) sei e diventi sempre più (…) colui che sostiene il talento.» (Dal libro La misura del Talento)

Il talento richiede in primis presenza e costanza, elementi base perché il nostro operato possa maturare con il tempo e manifestarsi. La resa reale del talento dipende da noi, da come impieghiamo e amministriamo le risorse che lo permettono. In tal senso, se alcuni di noi hanno figli “in carne e ossa” mentre altri no, di fronte al talento siamo tutti chiamati a essere genitori dei nostri progetti, sapienti amministratori delle risorse necessarie per la loro realizzazione.

Gli elementi della creazione del talento sono pensiero, passione ed energia, ma non basta tener presente questi tre alleati, per riuscire a esprimere le nostre qualità uniche. È importante intendere in che dose impiegare i tre “ingredienti” per garantire una crescita sana a noi e al nostro talento.

Come spiego nel mio libro, sopra citato, il talento «(…) è l’arte di orientare nel mondo chi sei attraverso la dose necessaria, a seconda del contesto, del momento evolutivo in cui ti trovi. (…) Ecco perché pesare le risorse ti sarà indispensabile».

Avere tanta passione senza riuscire a calibrarne la quantità, nei progetti, nelle relazioni con colleghi e datori, significa rischiare di bruciare il proprio potenziale creativo senza cadenzarlo in maniera ponderata, nella circostanza che viviamo al momento presente. Il talento è il risultato di tutta una vita spesa con attenzione e dedizione, è quanto emerge da un prolungato lavoro fatto di equilibrio.

Avere tanta energia ma non impiegarla con intelligenza, ad esempio senza riuscire a distribuirla nelle varie mansioni che ci competono (ora quelle che amiamo, ora quelle che a volte sono solo noiosa routine), significa rischiare di perderci per le vie del fare, rimanendo incastrati nel nostro stesso talento, inciampando a causa nostra.

Per questi motivi crescere i propri doni ci accomuna a un genitore, premuroso quanto fiducioso, intento a comprendere le volontà del proprio figlio, consapevole però che c’è sempre bisogno di buone regole, fra cui quella di darsi un ritmo e una cadenza. L’amore non basta, o meglio, amare troppo, amare a momenti, amare solo se c’è il raggiungimento di un obiettivo significa rischiare di compromettere la crescita di un bambino.

Lo stesso vale per il nostro talento. Essere troppo fieri del proprio operato, essere scostanti, gioire solo di fronte al riconoscimento, magari sviando dall’osservazione delle nostre ombre, potrebbe compromettere l’espressione del talento.

A prescindere dal fatto che non esiste “un modello” di genitore, così come non esiste un metodo che realizzi di certo i nostri talenti, è vero però che ci sono alcune lezioni da tener presente. Amare il fallimento quanto la riuscita ci permette di non cadere preda dell’abbattimento o di facili entusiasmi. Ogni passo ha un valore immenso, perché è sempre la manifestazione della nostra unicità, intenta a esercitarsi nella sua espressione.

Ciò che conta è leggere ogni “prova” come la possibilità di scegliere chi vogliamo essere e come vogliamo essere. Il vero apprendimento del talento non è l’obiettivo raggiunto, per quanto sia naturalmente importante darsi delle mete, avere uno scopo e un intento chiari. La vera occasione è data dall’esprimere le proprie risorse, le sfumature di cui esse si colorano di fronte a ogni nuova avventura. È così che, quando un bimbo piccolo gioca, ora torno macchiato di erba o di colore, ora graffiato dalla disattenzione.

Ciò che conta è mettere tutto quello che ci accade su una linea di crescita, sapendo che siamo responsabili di quanto ci accade, ricordando che se sbagliamo a dosare le energie, possiamo imparare ad aver più cura di noi e del nostro talento. E poi, forse, per non trasformarci in genitori troppo severi, possiamo ricordare di divertici, perché tutto ciò che ora è grande, un tempo è stato piccolo e gioioso come un seme o un embrione. Crescere nel talento giocando, ricordando che l’atteggiamento ludico “è una cosa seria”, rende tutto più possibile.

 

Giulia Scandolara

Autrice del libro La misura del Talento

 

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