Psico-covid: risolvere in tre mosse – Parte 1

 

Guido Rutili ci porta dentro il fenomeno covid dal punto di vista psicologico. Parte 1 di 3.

Si ringrazia il canale YouTube di Guido Rutili per la collaborazione.

 

Tra gli argomenti del video:

L’analisi rappresenta il primo passo da fare.

L’analisi riesce a far conoscere ciò che c’è. Quando si conosce bene una cosa, si riesce soprattutto a vederla da punti di vista diversi.

Come primo impatto della pandemia da covid, abbiamo visto le file ai supermercati, per fare provvigioni alimentari.

Negli anni ’70 abbiamo vissuto un boom economico, con la crescita del benessere e l’acquisisizione di ulteriori diritti umani. In parallelo, la psiche del profondo ha perso terreno, sembrando quasi inutile, perché la psiche superficiale, quella che esalta l’io razionale, veniva celebrata in quanto fautrice di risultati pratici e più eclatanti.

L’inconscio, tuttavia, non ha mai smesso di esistere e di parlarci. L’io razionale, cercando di difendersi da questo inconscio che non smetteva di parlare, ha provocato la crescita di meccanismi di difesa.

Il meccanismo di difesa vuole mettere al sicuro l’io dai flussi provenienti dall’inconscio, negandoli, mettendoli da parte.

La pandemia da covid è stata un evento invasivo, che ha fatto collassare i meccanismi di difesa.

A livello clinico, abbiamo visto un aumento di attacchi di panico, di correlati angosciosi e simili.

Crollando il meccanismo di difesa, i flussi del materiale inconscio hanno cominciato a spingere per emergere.

Quando l’io razionale viene messo in discussione, il primo sentimento che proviamo è l’angoscia. L’angoscia non ha un nome, ma cerchiamo di darglielo per provare sollievo.

Un bambino appena nato prova angoscia per essere entrato in un mondo nuovo, in una nuova realtà, e allora gli dà un “nome”, che è quello dell’esigenza di alimentarsi, quindi piange e richiede il cibo. Ecco che la prima risposta all’angoscia, di un bambino appena nato (e che non ha ancora formato un io razionale), è quella di approvvigiornarsi e chiedere nutrimento.

La stessa risposta è stata data dalle persone nel pieno della pandemia, così come già accaduto in altri contesti storici di grande impatto.

La “fila al supermercato” non si può liquidare, perché è parte di una risposta ancestrale.

L’analisi fatta ci aiuta a capire che abbiamo assistito a un crollo dei meccanismi di difesa dei contenuti più inconsci.

Abbiamo visto come l’angoscia si sia spostata sul pericolo di carestia e sull’approvvigionamento compulsivo. Ciò è a sua volta ha prodotto una maggiore esigenza di controllo.

L’elogio fatto all’io razionale dalla nostra cultura ci ha convinto di poter affrontare e controllare tutto in modo pragmatico, ma la pandemia ha spezzato questa certezza.

Ecco che la mancanza di libertà, avvertita come il problema principale, in realtà nasconde una dinamica più profonda. Non è stata tanto la mancanza di libertà in sé a mandarci in stress, quanto il fatto che, venendo meno alcuni spazi di azione, non abbiamo potuto soddisfare il bisogno di controllo.

La mancanza di libertà, portata all’apice dal fenomeno del covid, è diventata la protagonista, ma grazie all’analisi ora noi sappiamo che più in profondita è in azione quell’angoscia iniziale, e il conseguente senso di carestia, che sono a essa sottesi.

L’unico modo che abbiamo di cambiare gli eventi è cambiare noi stessi, divenire centrali e centralmente espressivi di noi stessi.

 

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