Vita e morte sono due facce della stessa medaglia, capaci di attivare in noi reazioni opposte: scintilla e cenere, luce e buio, giorno e notte, pieno e vuoto. Quando la morte fa visita alla nostra vita, tutto sembra sospendersi. Si crea una sorta di bolla che risucchia e allontana da tutto e tutti, come se ci si ritrovasse immersi in un mondo nuovo, fatto soprattutto di assenza. In un istante il sipario cala e qualcuno, con una mano invisibile, abbassa la levetta del contatore. Switch off.
Così scrivevo nel mio libro Ritrovarsi a cuore aperto. Oggi lo riscriverei aggiungendo che, in quell’assenza, si apre uno spazio per chi resta, uno spazio che cambia giorno dopo giorno e porta con sé una trasformazione profonda. Non solo esterna, ma soprattutto interna, con tempi e modalità che variano a seconda della storia, della sensibilità e del percorso di ognuno.
Il lutto come trasformazione personale
La morte trasmuta chi lascia il piano terreno, ma trasforma anche chi rimane. Come ogni grande cambiamento, porta con sé emozioni fluttuanti, stati interiori in continua evoluzione. Sebbene esistano paradigmi e modelli psicologici per l’elaborazione del lutto, la verità è che ognuno di noi affronta questo processo in modo unico.
Siamo mondi complessi, con personalità, credenze, valori e storie differenti. Per questo generalizzare il lutto in fasi rigide sarebbe riduttivo e ingiusto. I passaggi possono fungere da mappa, ma si sa che la mappa non è il territorio.
Il mistero della morte e dell’esperienza umana
Essendo nuovamente immersa in questo processo, cerco di ascoltarmi e accogliere ciò che vivo momento per momento, restando nel mistero nel modo migliore possibile. Uso volutamente il termine “mistero” perché ci sono esperienze che sfuggono alla logica, pur essendo reali e tangibili.
La morte, nella sua dimensione più iniziatica, ci introduce a qualcosa di nuovo, a un terreno inesplorato di cui non conosciamo la meta. Una cosa però è certa: dopo un evento così forte, nulla resta davvero come prima.
Smarrimento e rinascita nel processo del lutto
Ogni trasformazione porta con sé un tempo di smarrimento. Non ci riconosciamo più e i punti di riferimento crollano, mettendo in crisi certezze e illusioni che davamo per scontate. È qui che emerge il primo grande insegnamento della morte: nulla è certo.
Questo processo ci spoglia dal bisogno di controllo e ci invita ad accogliere il flusso della vita, fatta di continue trasformazioni dal momento in cui ci incarniamo a quello in cui ci disincarniamo, tornando altrove. Dove? Chi può dirlo. Mistero della fede.
Possiamo scegliere di vivere questa avventura terrorizzati dal non sapere, oppure abbracciare la vita nella sua imprevedibilità, riconoscendo che proprio nel mistero si nasconde la sua bellezza. Un cammino che si svela passo dopo passo, man mano che ci liberiamo dalle verità assolute che ci imprigionano in schemi rigidi e lontani dall’essenza stessa della vita.
Il valore del non sapere
Oggi posso dire che non so dove mi porterà questa trasformazione, non so chi diventerò né cosa farò. Eppure questo non sapere non ha più il sapore di una minaccia: è diventato una grande opportunità, un invito all’apertura, alla fiducia, alla scoperta.
Il paradosso è che questa nuova leggerezza interiore nasce proprio da un processo che ha scosso ogni mia certezza, aprendomi alla possibilità di una versione più autentica di me stessa.
Barbara Dall’Argine
Autrice del libro Ritrovarsi a cuore aperto
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