Eloisa… colei che andò oltre l’Amore – II

Eloisa... colei che andò oltre l’Amore - II

Eloisa è lo specchio di un sentimento profondo, certo e assoluto. E’ una donna scevra da qualunque servilismo o convenzione, capace di un Amore libero, incondizionato, il cui fuoco purifica l’Anima e immortala coloro che lo attraversano, al di là di ogni tempo. Seconda parte.

…E la tragedia porta il nome della vendetta dello zio di Eloisa, che, per lavare l’onta del matrimonio segreto, fa evirare Abelardo da due sicari, costringendolo, per la vergogna (Non entrerà nella comunità del Signore chi ha il membro contuso o mutilato -Deuteronomio,23,2), a rinchiudersi in convento a S.Dionigi, rinunciando per sempre all’insegnamento. Per ordine di Abelardo, anche Eloisa prenderà il velo, piegandosi di nuovo alla volontà dell’amato, sepolta viva in convento, (prima all’Argenteuil, poi al Paracleto, donatole dallo stesso Abelardo) lei così attraversata dalla pienezza e dall’ardore della vita, dalla bellezza terribile e sublime. ”L’amore viene custodito nel silenzio dei monasteri dove entrambi si ritireranno: lui, mutilato nel corpo e represso nel pensiero, per trovare pace nella sublimazione dell’amore divino; lei monaca per amore del suo uomo, e non per amore di Dio” (E .Ferri, Per amore): “Io sono qui non per amore di Dio, ma per amore tuo, perché me l’hai ordinato e Dio che legge non solo nei cuori ma anche nei visceri, questo lo sa. Poiché tutto quello che ho fatto per te e con te l’ho fatto SOLO PER AMORE, non per lascivia”

Il distacco lacerante durerà vent’anni, fino alla morte di Abelardo, un vuoto riempito da un corrispondenza fatta di ombre tormentose e inestinguibile luce… Abelardo in qualche modo nega e rifugge dal ricordo del fuoco della passione, esalta l’amore tra gli esseri umani, parla di charitas, chiama l’amata sua moglie-“sorella”, anche se a volte, spinto dalla richiesta pressante di Eloisa a ricordare, sgrana la fitta rete della sua difesa e fa traboccare qualche flutto dell’onda impetuosa che ancora gli si agita dentro, segno involontario di momentanee cadute di controllo; Eloisa, invece, non desiste dal ricordo, continua a rivendicare ciò che ha avuto e non possiede più, senza alcun pentimento, con un pervicace rifiuto della volontà divina, salmodiando ogni abbraccio anche durante la Messa “Io non sono affatto guarita, io non posso fare a meno della tua medicina… sono tanto debole, senza di te, che potrei cadere prima che tu mi raggiunga per tenermi in piedi… Ti ho sempre in mente, da ogni parte io guardi, vedo soltanto te e tutto quello che abbiamo fatto insieme… non posso calmarmi neppure quando dormo… Perché la sublimazione si dovrebbe raggiungere soltanto annichilendo i sensi e il sentimento d’amore che si prova verso un’altra persona?”.  Eloisa non mente, non sa e non vuole mentire, è una peccatrice sfrontatamente, stupendamente irredenta , ”è un infrenabile torrente di inni al peccato del corpo e dello spirito” (E.Guarneri, Di un amore senza fine.) E questo le conferisce una straordinaria fierezza, è un modello d’esame di coscienza che non lascia equivoci né zone d’ombra, nessuna indagine psicologica potrebbe scendere giù negli abissi dell’anima più di quanto non faccia lei stessa, consapevole vittima di un sacrificio sublime sull’altare di Afrodite… ”Che senso ha dire che si è pentiti dei propri peccati e umiliare il proprio corpo se la mente è ancora pronta a peccare e anzi brucia della stessa passione di un tempo?” Parole di una donna del XII secolo, che continuano a impressionare e a stupire quanto la lettura di alcune pagine degli atti del processo di Virgina de Leyva, la manzoniana Monaca di Monza… di ben cinque secoli più moderna.

Dunque, se c’è obbedienza non è a un uomo, ma alla forza dell’amore, inteso come dono incondizionato di sé… La resa di Eloisa non è espressione di debolezza, di mancanza di ferrea volontà, di passiva sottomissione al dispotismo dell’uomo-padrone, ma esprime tutta la forza interiore e la fierezza di una libera scelta: la scelta di sottomettersi alla volontà dell’Amore, inteso come dono disinteressato per il bene dell’altro… La scelta di Eloisa non dipende dalla medievale convinzione di una presunta superiorità dell’uomo sulla donna, ma dal riconoscimento della superiorità dell’Amore, di fronte a cui è spinta a inchinarsi, sacrificando se stessa… amore da virtù, amore libero e sincero, che non si cura di sé ma dell’altro, mescolanza se vogliamo di libera scelta e di resa fatale all’eccezionalità dell’amato… in fondo, così volevano anche i testi sacri del tempo ben familiari a Eloisa: dal De Amicitia di Cicerone dall’Ars Amatoria di Ovidio, al Fedro di Platone… una forma d’amore anche questa, per un’intellettuale come era lei, lei che è tutta amore

Facile comprendere allora come le lettere di Eloisa abbiano avuto un’influenza enorme… qualcuno le considera fondatrici dello stesso Umanesimo, nel loro essere un’orgogliosa rivincita nei confronti di un destino di annichilimento, in nome dell’amore libero, disinteressato e gratuito. Non ci sono smagliature nel comportamento e nel pensiero di Eloisa, nessun dubbio può insinuarsi sulla tenacia e la profondità del suo amore… La forza estrema e l’impatto emotivo che riesce a conferire alle sue parole sono l’unico mezzo che ha per eternare l’autenticità del suo sentimento… la memoria è incancellabile e irrevocabile. Irresistibile Eloisa, che combatte con le armi della vita, della libertà e della passione, senza riserve né menzogne, con una totale disponibilità al rischio.

Allora Eloisa vince su Abelardo… Abelardo ha i piedi nel fango e la testa nelle nuvole, vive sempre troppo in basso o troppo in alto, lei ogni volta lo rimette in piedi… la parte migliore di Abelardo è Eloisa (E.Gilson), perché se Abelardo è la ricerca della Conoscenza e della Verità, Eloisa è la Vita e lo Spirito, e proprio perché è Vita è anche Eros e Morte, è espansione e contrazione, è il limite temporale e il superamento del limite stesso, è proprio quella verità cui Abelardo anelava.

Certo, Eloisa ha sofferto molto per colpa di Abelardo, ma due cose almeno sono inoppugnabili: che avrebbe rifatto “dieci volte quel che fece, anche a rischio di salire dieci volte lo stesso calvario, e che avrebbe sofferto come la peggiore delle ingiurie il fatto che qualcuno potesse credere di innalzarla sminuendo Abelardo. Io credo che non avrebbe permesso a nessun’altra donna di mettere le mani sul suo idolo”(Gilson).

Si dice che, nel momento estremo, il bretone maestro, mentre l’ultimo respiro vitale si spegneva sulle sue labbra, abbia sussurrato fremendo “Addio mia unica”… è l’ultimo regalo per colei che in realtà mai ha smesso di amare, quella parola tanto agognata da Eloisa che la sciogliesse dal dubbio tormentoso e lacerante di non essere stata veramente amata… è la libertà per Eloisa, il congedo dalla paura dell’oblio, l’estrema prova d’amore attesa per vent’anni… Abelardo ha portato con sé Eloisa, come sua parte di eternità… “Si passa la vita ad amare e non si sa niente, fino all’ultima parola, fino all’ultimo respiro…ti serberò nel cuore…E quando, presto, toccherà a me andarmene, ti dirò le stesse cose”… così scrive Eloisa nell’ultima lettera indirizzata all’amato sposo, il cui corpo sta per essere restituito all’amata consorte, per espressa volontà dello stesso, e sepolto al Paracleto, di cui lei è oramai badessa… ”Stai per tornare, mio bene, e adesso è per sempre. Ti aspetto per l’ultima volta”.

Guglielmo di Oxford, allievo fedele di Abelardo e testimone partecipe e dolente di questa vicenda d’amore che va oltre le barriere del tempo, ci ha forse lasciato le parole che meglio suggellano la grandezza di Eloisa, consegnandola per sempre all’affetto e alla commossa simpatia dei posteri: ”SARAI LA PRIMA, ELOISA. SARAI LA PRIMA CHE GLI UOMINI POSSONO AMARE E IL TUO AMANTE IL PRIMO UOMO. SI’,CI SONO STATI ADAMO ED EVA… MA VOI SARETE L’ADAMO ED EVA DELL’AMORE”.
E a me, come ad ogni lettore di sempre, al termine di questo viaggio sentimentale dentro l’universo di Eloisa,  il cuore sembra stringersi, poiché colombe di struggente nostalgia s’involano da lui… Ho Fede in questo Amore, e mi piace credere nella forza eterna delle sue parole, nella certezza che Eloisa ed Abelardo si regalarono parole oltre l’umano, rubate al linguaggio degli angeli… mi piace credere che anche il mio cuore potrebbe risuonare dell’eco di alcune di quelle parole, poiché proprio le parole d’amore da loro usate sono state le prime che tutti noi, esseri che amano, abbiamo compreso, in virtù delle quali ogni uomo e ogni donna, da sempre, ripercorrono il cammino per ritrovare le vie segrete e sofferte del cuore… Sale la consapevolezza che forse nulla finisce mai veramente… e che ciò che resta incompiuto e sospeso si insinua e si imprime nella nostra anima per tutta la vita col sapore del rimpianto struggente e inutile… Allora, forse, lasciare TRACCE D’AMORE come Eloisa è la sola cosa capace di far sì che nessuna vita sia vana.

Vai alla prima parte.

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