Molte coppie confliggono, litigano e si lasciano per un puro problema di comunicazione. Al Relationship Research Institute nei pressi dell’università di Washington a Seattle, John e la moglie Julie Gottman, psicologi con esperienza decennale nelle dinamiche delle coppie, e i loro collaboratori del Love Lab, possono predire con un’accuratezza del 91% se una coppia durerà o meno osservandone l’interazione per soli cinque minuti.
Avete letto bene, solo cinque minuti. Ero scettica anche io, ma la storia di una coppia che ho seguito con la mia équipe mi ha convinto che, in effetti, era proprio così. Bastava che ci fosse quell’elemento e il naufragio era sicuro. Quell’ingrediente sbagliato e… la ricetta sarebbe stata un flop.
Li chiamerò Isabella e Riccardo. Venne prima lei. Erano in crisi da un anno. Non avevano più rapporti sessuali da un pezzo e lei si sentiva frustrata. Era arrabbiata, delusa e piena di ansia. Lui per converso appariva depresso, quasi apatico, sebbene poi fosse capace di battute ironiche e intelligenti che mostravano una psiche sensibile. Erano entrambi parecchio provati dalla situazione, ma fermamente convinti del progetto comune (peraltro coronato qualche anno prima dalla nascita molto desiderata di un figlio). Volevano stare insieme ed erano disposti ad affrontare qualsiasi trattamento.
Così iniziammo con il mio giovane collega Emanuele Botta il protocollo dell’analisi emotivo-comportamentale […]. Io conducevo i colloqui, uno congiunto e due individuali con ciascun membro della coppia, a cui venivano formulate identiche domande.
Tutti i colloqui erano videoregistrati e a Emanuele, esperto come me nella metodologia Ekman di riconoscimento delle microespressioni, spettava il compito – senza avere alcuna informazione sulla coppia che potesse condizionare l’osservazione delle videoregistrazioni e la raccolta dei dati – di svolgere l’analisi emotivo comportamentale, osservando i video frame by frame, con una precisione fino a 1/25° di secondo.
È quasi come effettuare una TAC del comportamento, una radiografia dei cinque canali della comunicazione, con particolare attenzione per le microespressioni del volto.
E, come accade in un film quando il medico aspetta il referto dell’esame, speranzoso per il suo paziente, io attendevo i risultati della valutazione. Ma un po’ come nei casi in cui il medico ha già fiutato o intuito la presenza di qualcosa di serio, io temevo che quelle espressioni che avevo osservato già durante i colloqui fossero un dato reale, speravo fossero state un mio errore e speravo che il setaccio dell’analisi emotivo-comportamentale mi avrebbe smentito.
Invece Emanuele mi disse subito: “Ci sono parecchie microespressioni di disprezzo, da parte di tutti e due. Se Gottman ha ragione, non so quanto dureranno insieme”.
Lo temevo, al tempo stesso non ero e a tutt’oggi ancora non sono così folle da dare più peso a un dato osservazionale che alla forza dell’intenzione umana. Così cominciammo il nostro percorso e mi centrai in modo particolare sulla ripulitura di qualsiasi mia credenza che potesse interferire nel lavoro. Oltretutto in fondo tifavo per loro, per il lieto fine che tutti vogliono in ogni fiaba che si rispetti.
Oggi però ho imparato che, se ritrovo microespressioni di disprezzo nel lessico relazionale di una coppia, devo io per prima accettare il fatto che assai spesso quella coppia, credendo di venire in terapia per farsi curare e proseguire, è venuta in realtà per farsi aiutare a lasciarsi.
Ho anche imparato che molto spesso per una coppia lasciarsi bene è l’ultimo e il più alto atto d’amore, anche quando ci sono figli di mezzo. A volte in questi casi lasciarsi come coppia coniugale è la porta per una dimensione di coppia genitoriale finalmente buona e sana.
Ma cosa accadde a Isabella e Riccardo? Iniziammo le sedute, sia individuali sia congiunte. Un meraviglioso percorso, davvero. Apprezzato da entrambi e dalla sottoscritta, non senza momenti di grande criticità e altri di grande commozione. La motivazione altissima e l’intelligenza emotiva di entrambi che mano a mano andava crescendo diedero in effetti i loro frutti. Lui risolse antichi conti in sospeso con il proprio passato, lei imparò a essere donna più che la figlia di papà nella sua relazione di coppia. D’estate in vacanza ripresero a fare l’amore. Mi scrissero una mail per dirmelo.
Ero davvero contenta e ricordo che pensai: Ecco, qui Gottman ha sbagliato; d’altronde c’è un 9 percento che ce la fa… Qualche mese dopo fu lei a ricontattarmi. Una strana richiesta, sibillina direi… mi diceva che aveva capito qualcosa che era lì da tanto tempo e che si era sentita sollevata come non mai e doveva parlarmi.
Venne e senza preamboli mi disse: “Ho deciso di separarmi da Riccardo. Non sono più innamorata di lui da tanto tempo. Mi chiedo se mai lo sia stata. Forse no, non nel modo in cui ho capito che posso amare. Volevo che tutto fosse perfetto e so che è così anche per lui e mi sono resa conto che non l’ho mai accettato per com’è, né lui lo ha fatto con me… ero subito pronta a umiliarlo se non faceva come volevo io, e lui altrettanto con me. Ci siamo fatti tanto male, poi le sedute ci hanno cambiato e oggi io non voglio più ricadere in quella dinamica di rifiuto reciproco perché gli voglio bene. Ma appunto, gli voglio solo bene… Null’altro… e non sento che potrei mai accettarlo per ciò che è fino in fondo”.
Ero senza parole. D’altronde che dire di più? Quando il disprezzo serpeggia equivale all’incapacità di vedere nell’altro qualcuno degno di te.
Come avrete capito l’ingrediente velenoso è questo: il disprezzo.
(Continua nella prossima puntata.)
Erica F. Poli
Estratto dal mio libro Anatomia della Coppia
..
Lascia un commento con Facebook