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115. QUEL PROGRAMMA CHE CHIAMIAMO RELIGIONE

115. QUEL PROGRAMMA CHE CHIAMIAMO RELIGIONE

04/02/13

Caro viandante,

questa settimana vorrei portare alla tua attenzione un argomento delicato, che ha reso più numerose le guerre nel mondo e ci ha divisi come prodotti di un reparto di supermercato: vorrei parlare di religione.
Alcuni condizionamenti religiosi sfruttano la via della paura allo scopo di forzare e sottomettere le persone, ottenendo così il comportamento desiderato.

La vera religione ha ben altro compito: in realtà essa dovrebbe indicare agli esseri umani la strada della loro pienezza.
L’origine di tante discordie e di tanto odio non sta nella religione, quanto nelle varie programmazioni inculcate nell’individuo che si servono della sua fede come pretesto per aggredire chi ritiene diverso da lui.
È necessario comprendere che la religione non è chiamata a schiacciare nessuna creatura, bensì a offrire a tutti la chiave della trascendenza.

Purtroppo la storia è piena di eventi terribili, in cui le persone sono state uccise e torturate per le loro credenze.
La triste realtà, che la storia ripete nel suo manifestarsi, è che la religione senza coscienza finisce sempre per crocefiggere il Messia. Il nostro storico è imbottito di spiritualismi alienanti, sostenuti da molti tipi di programmi chiamati “fede”, che si basano sulla paura e su un “dio di parte”:

Una vecchia vedova, alla fine della guerra: “Dio è stato molto buono con noi: abbiamo pregato senza sosta… e tutte le bombe sono cadute dall’altra parte della città!”.
Antony de Mello

La tendenza che l’ego prenda il sopravvento, considerando il proprio dio migliore di quello di chiunque altro, continua a essere in agguato. Ognuno tende, quando si parla di religione, a portare con sé il proprio credo su tale concetto, incurante del fatto, viandante, che ognuno vive la fede in modo del tutto esclusivo, e non può parlarne senza condizionare l’altro con ideologie che potrebbero essere solo un suo territorio soggettivo.
A volte tali preconcetti sono di ostacolo alla vera fede, e non ci si rende conto.

C’è da comprendere che il “vero credente” non è quello che conserva in casa oggetti sacri, porta crocefissi al collo o la mala ai polsi… È necessario avere l’essenza della fede stessa nel proprio cuore: questa mai contagia di supponenza le altrui idee, anzi chi serba in sé tale dono vive la gioia senza voler ostentare ragioni.
Quando siamo dormienti di fronte alla vera essenza della fede, arriva la forma pensiero dell’errata religione che miete vittime in abbondanza. Si sviluppa allora una forma di attaccamento per alcuni oggetti religiosi o certi tipi di pratiche, senza capire il concetto fondamentale di ciò che si fa. Questi atti prodotti dal mantenere in salute l’abitudine ai gesti, non fa altro che alimentare un dio fatto di feticci più che di essenza.
Se voglio bere caffè, non mi illudo di farlo sorseggiando un orzo in tazza grande, a meno che non abbia il desiderio proprio di questa bevanda! Far poi credere agli altri che non solo sto bevendo caffè, ma che anche loro possono berne, proponendo loro un surrogato, non alimenta la fede ma l’inganno.
Non esistono cattivi mezzi per buoni fini (pure questo è un programma)! Esistono mezzi che arrivano sicuri, se i fini sono buoni. Questo sì!

Risulta molto facile cadere in certe trappole dettate dall’abitudine che ci addomestica alla credenza di essere “persone di spirito”.
Conosco personalmente un ragazzo che si definisce molto credente. Fa il terapeuta utilizzando suoni che dovrebbero fare un gran bene alle persone. Egli è convinto di avere dio nel cuore, di essere un suo servitore. L’anno scorso ha abbandonato la sua fidanzata incinta di pochi mesi, vietandole di farsi più viva e di far sapere in giro che ha un figlio da lui. Egli continua a pregare e a considerarsi una degna persona. Lustra le sue icone e indora la sua immagine. Ciò non cambia ciò che è, non modifica le sue credenze.
Nascondersi dietro a un qualsiasi credo fatto a proprio uso e consumo, o che aiuti a preservarci dalla fine, non è fede… Vanno viste per ciò che sono: situazioni di comodo!

Tempo fa alcune persone mi chiesero quale fosse il mio dio. Alla loro domanda risposi che il mio dio era il loro dio. Essi si irrigidirono e seccamente mi dissero che ciò non poteva essere vero. Allora riflettei e dissi loro che avevano ragione…

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