L’energia del simbolo

Per capire il significato dei simboli, non si può fare un’analisi razionale ma occorre aprirsi all’intuizione. Un simbolo non si può studiare, si può solo lasciare che agisca su di noi….

Il termine sim-bolo, dal greco, significa mettere insieme, sim-ultaneamente. Anticamente designava un oggetto che veniva spezzato in due parti che venivano prese da due persone prossime a separarsi – amici, parenti, confratelli, creditore-debitore… Reincontrandosi, esse riunivano le due parti e in tal modo ricomponevano l’”intero” risvegliando l’energia che le collegava: amore, parentela, comune fede…

Con il tempo si è perso lo spezzare l’oggetto, tuttavia ancora oggi esistono, ad esempio, portachiavi gemelli “per amanti” fatti con due parti di una moneta o si usa tagliare in due una banconota. Il fatto che si usi il denaro è un richiamo alla “ricchezza” di quel legame.

È rimasta invece l’idea di un’energia racchiusa in un oggetto, o meglio di un legame che rende il piano fisico e il piano spirituale/energetico un tutt’uno, sim-ultaneamente. Non a caso i luoghi sacri di ogni cultura abbondano di simboli o hanno una forma simbolica. Entrandovi e/o esponendosi a quei segni, il fedele riceve un “in-segnamento”, ossia viene “segnato dentro” dall’energia, e magari una visione del mondo superiore e un’evoluzione, poiché quanto appreso in tal modo si integra nelle cellule e nel DNA.

Dal momento in cui un simbolo viene davvero “preso dentro” in tutta la sua pienezza e potenza, si è un po’ meno materiali e un po’ più spirituali. Il più che millenario processo di integrazione spirito-materia in cui siamo tutti impegnati ha fatto un piccolo passo avanti.

Ciò implica che la comprensione (nel senso di “prendere dentro” totalmente, non un semplice fatto mentale) di un simbolo è squisitamente soggettiva. Jung diceva che è come un lampo che di colpo illumina un intero paesaggio: è davvero un lampo che ti scoppia dentro, dandoti scorci di incredibile profondità e bellezza, ma che, proprio come per un paesaggio fisico, non possono essere descritti a parole. Quando questo accade, “sai” che le cose sono così e basta. Dentro di te e basta. Stupendo e drammatico al tempo stesso.

A questo punto mi chiederai che senso ha leggere libri, dizionari e le mie stesse parole che “spiegano” i simboli, dal momento che si rivolgono al solo intelletto. Nel mondo fisico, perché si scateni un lampo occorre una certa tensione fra il cielo e la terra; la terra in qualche modo si sintonizza e lo attrae. Gli scritti hanno lo stesso scopo: se li leggi o li guardi non solo con la mente, ma anche con la pancia, il cuore, la pelle e tutto te stesso, lasciandoti avvolgere e penetrare, possono creare in te, terra, la giusta tensione…

Se non ci sono questo lampo interiore, questo “ah, è così!” che ti scoppia dentro e soprattutto questa crescita, non si può parlare di simbolo, ma tutt’al più di emblemi, metafore, allegorie. Da ciò deriva che non ci sono oggetti che possono essere chiamati “simboli”e altri no: tutto, anche una sedia, una foglia, un animale diventa simbolo nel momento in cui sei tu a renderlo tale perché in te avviene questa comprensione totale grazie a essi.

Se, come me, credi in un Progetto Intelligente, allora devi ammettere che tutto, ma proprio tutto, è lì per “illuminarci”… Così come, quando crei un qualcosa, devi prima averne un’idea, che poi emana da quel qualcosa, da tutti gli elementi del Creato emana, per così dire, l’idea che Dio (comunque lo si chiami) se n’è fatta per crearli.

La caratteristica fondamentale del simbolo è proprio questo “insieme” simultaneo. Poiché sul nostro pianeta tutto è duale, il simbolo ci insegna che le due facce non sono opposte, ma complementari, un tutt’uno. Nessuna delle due facce è buona o cattiva; senza l’una morirebbe anche l’altra, così come noi moriremmo solo inspirando o solo espirando.

Analogamente non esistono simboli positivi o simboli negativi, ma simboli e basta. Hanno molte facce: tante in luce, ovvero integrate, comprese, e altrettante oscure, ovvero non ancora comprese. E hanno tutte diritto di esserci. Per me lavorare ai simboli è un costante esercizio da un lato di non-giudizio (e quindi di umiltà), dall’altro di utilizzo dei due emisferi cerebrali perché occorre lavorare sia di razionalità che di intuizione. Simultaneamente.

Il reciproco del sim-bolo è il dia-bolo, che significa “separare”. Il diavolo è una personificazione mitologica della forza separativa, la cui maggiore espressione avviene con la morte, e non a caso viene associato al male, inteso in senso sia morale che fisico, mal-attia. Verrebbe da pensare che tutto ciò che separa è male e tutto ciò che unisce è bene, ma ovviamente non è così sul piano terreno. Guarda ad esempio i pianeti: sono uniti al Sole, ma al tempo stesso separati… E Shiva è simultaneamente il dio della distruzione e della creazione… È solo sul piano divino che tutto è già uno… A noi il compito di ritrovarlo, visto che da lì veniamo, di ritornare a casa. E i simboli sono un po’ come le briciole di pane di Pollicino, che ci aiutano a restare sulla giusta via…

Per approfondimenti:
Chevalier – Gheerbrant, Dizionario dei simboli, BUR (soprattutto la parte introduttiva).

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