Il Karma Yoga – II

Il Karma Yoga - II

Ogni pensiero e azione del passato ci lega inesorabilmente al nostro karma odierno, tuttavia proprio attraverso la stessa azione, quando è compresa ed agita in modo corretto, è possibile ricongiungersi con il Tutto… II parte

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… La suprema nobiltà formale, lo smalto e cos’altro si possa desiderare, magari, diverranno una conseguenza di quanto è opportuno, per il momento, realizzare, nella giusta direzione, ora e adesso. Solo in tal modo riusciremo a costruire quel canale in cui rosolerà e si consumerà la pietra da macina che portiamo appesa al collo: il nostro karma pesante e, spesso, doloroso… Attenzione, ciò non vuol dire accettare e subire passivamente, ed in modo beota, qualunque costrizione la vita ci stia imponendo. Indica solo la saggezza e l’abilità di saperci svincolare, nell’unico modo armonico e sano, da una stretta soffocante, che rischia, spesso, di annientarci, nel corso di questa nostra esistenza.

Tuttavia, abbiamo parlato di unità del tutto. Il Karma Yoga afferma che ognuno di noi rappresenta una tessera parziale di un universo illimitato. Chi si oppone a questo dato di fatto, oppure non lo conosce, è destinato ad una espressione tronca del Sé: in poche parole, all’infelicità.

L’intera tradizione del vero spiritualismo tende alla sperimentazione della Vita Totale. Aderire al nostro dharma, ed accettarlo con cristallina consapevolezza delle motivazioni cosmiche che si trovano dietro ad esso, per incanto ci unifica alla Vita Totale; verso la quale non opponiamo più, di conseguenza, alcuna resistenza attiva, o passiva. Ogni senso delle dimensioni, allora, risulta impossibile a comporsi. Non esiste, qui, un più grande, o un più piccolo. Esiste solo quel componente che, saldandosi con l’intero, fa confluire in esso ogni tensione ed ogni opposizione personale. La parte si accorge di essere divenuta un’ accentuazione palpitante del tutto. Di essere il tutto. E di gioire, tramite l’esecuzione di un agire personale, della gioia impersonale, che possiede delle risonanze prive di limite e di estensione.

Il karma yoghi vive in discesa ogni suo atto quotidiano; ossia, senza opporsi ai doveri che incombono sulla propria vita, e che egli ha tutti riconosciuti, nell’attimo della sua originaria espansione di coscienza. In tal modo, non soltanto esaurisce e scioglie tutti i legami reincarnativi che lo avvincevano ai tre mondi dell’illusione formale, ma, pure, salda ed unisce la tessera che rappresenta il frammento personale del mosaico al grande affresco cosmico, di cui quella è parte costituente.

Potrei esprimervi la mia personale esperienza, in proposito. Non credo possa esistere gioia più acuta e indicibile del sentimento che invade l’animo, quando si osserva il proprio io, mentre, con la massima partecipazione, aderisce all’intero dharma della sua vita: dalle minime incombenze, all’arco totale del proprio complesso ciclo reincarnativo.

Si narra di un giovane yoghi indù, il quale passò degli anni in meditazione, nel folto di una foresta. Un bel giorno, egli guardò con fastidio un uccello, che lo disturbava con il suo canto. Ed il volatile cadde a terra fulminato. Lo yoghi stabilì, allora, di aver raggiunto dei poteri straordinari, e che era giunto il momento di tornarsene fra gli uomini. A sera, giunto ai limitare di un paese, bussò ad una casa modesta, per chiedere da mangiare. La donna anziana che gli aprì gli disse subito:” Attendete, sadhu, che io mi occupi dei bisogni del mio sposo. Tra poco tornerò a voi, e vi offrirò la cena…” La risposta parve poco rispettosa allo yoghi, che, evidentemente, si attendeva la priorità su tutto e tutti, visto il rango spirituale che riteneva di essersi guadagnato. E, senza accorgersene, guardò con sguardo seccato la donna.

“Non crediate che io sia un uccello, per potermi fulminare, sadhu! – gli ribatté quella – “Ho dei doveri da compiere. Ma state pur tranquillo, che immediatamente dopo toccherà a voi…” L’uomo rimase folgorato. Come sapeva quella anziana signora la storia dell’uccello? A cena, con cautela, glielo domandò. “Vedete, sadhu, il mio maestro mi ha insegnato che, compiendo esattamente tutti i miei doveri con gioia e con dedizione, mi sarei fusa con l’universale. Questa è la ragione per cui ho raggiunto la luce e l’unione con Dio…” La storia continua, ma voglio interromperla per indicare che l’essenza del Karma Yoga è tutta qui. Quando se n’è afferrato lo spirito, ognuno di noi diviene consapevole del canotto minuscolo che rappresenta il suo io, circoscritto dal proprio karma reincarnativo. Egli sente e vede i confini di questo karma, con una vivezza incredibile.

Aderendo al suo dharma, con gioia e distacco, vive, allora, una tra le massime esperienze metafisiche. Pur se ancora stretto ai legami dei tre mondi, prova già intensamente la completa liberazione da essi e da tutto ciò che è relativo. Ogni minuto della sua giornata è, in lui, un atto sacro di meditazione, di congiungimento a Dio, di eucaristico rapporto con la Realtà Una. Egli è oramai un karma yoghi. Egli è un liberato!
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