Il lavoro: caduta e redenzione (parte 2)

Il lavoro: caduta e redenzione (parte 2)

Il XXI secolo vedrà il ritorno dell’uomo a una dimensione lavorativa che sia espressione della sua vocazione profonda. Questo porterà guarigione a livello emotivo e fisico.

(Continua dalla
Parte 1)

Come sapere se sto rispondendo alla mia vocazione?

Alcune domande che mi pongono molte persone impegnate in una ricerca spirituale e che sono interessate a evitare la “prostituzione” cognitiva, affettiva o volitiva (cioè lavorativa) sono:

Come faccio a sapere se sono fedele a me stesso, se faccio veramente ciò che la mia anima ha scelto di fare e imparare in questo mondo?
Come posso identificare e fare il mio dovere?

Ovviamente si tratta di qualcosa che ognuno deve scoprire e realizzare personalmente, ma esistono alcuni parametri e criteri psicologici (cioè soggettivi) inconfondibili che possono aiutarci a rispondere. Alcuni di questi sono:

– Quando una persona fa il suo dovere o ciò che la sua anima ha scelto di fare e di imparare, dimentica il tempo.
– Dimenticando il tempo, si dimentica anche di se stessa e si dà e si concentra completamente su quello che fa.
– Dimenticando se stessa, dimentica anche i suoi problemi e quindi preoccupazioni e angosce.
– A questo punto viene vivificata e ispirata in quanto è aperta e ricettiva al suo inconscio, inferiore e superiore.
– Quindi ha passione ed entusiasmo, e fa un buon lavoro.
– Questo immancabilmente si traduce con la stima e l’apprezzamento degli altri che così incorraggiano e motivano la persona a continuare.
– Infine, la persona continuerebbe a fare quello che sta facendo anche se non venisse pagata, solo per la gioia e la soddisfazione che questo le dà.

Possiamo dire che se una persona è fedele a se stessa e fa il suo dovere, godrà di un forte senso di pace, di serenità, di soddisfazione, di gratitudine e apprezzamento per quello che fa, e ciò le darà una vera joie de vivre… la quale è fine a se stessa!

Il lavoro come terapia

Come accennato, inoltre, il lavoro agisce come una terapia per guarirci e allungarci la vita, sia a livello fisico sia psichico. La medicina di punta, oggi, la psiconeuroimmunologia in particolare, è ben consapevole e insegna che così come l’esercizio fisico sta al nostro corpo e salute fisica, il lavoro come vocazione, fatto bene, con amore e passione per se stesso, sta alla nostra salute e benessere globale. Ecco perché la pensione è così pericolosa per tante persone! Se queste persone smettono di lavorare e da una vita focalizzata e strutturata passano a una vita di piaceri e comfort, esse si ammalano, e sia il corpo sia la psiche cominciano a degenerare… portando malattie e morte.

Il vecchio proverbio americano use it or lose it (“adopera una facoltà o muscolo, o lo perderai”) rispecchia un principio e una verità molto profondi che troviamo anche nella parabola dei talenti: se abbiamo un talento, delle capacità o facoltà a qualsiasi livello (fisico, emotivo, mentale o spirituale), e non le adoperiamo, esse si atrofizzeranno e le perderemo. Questo vale ed è vero per tanti aspetti del nostro essere e della nostra vita, ma in particolare per quanto riguarda il lavoro.

Avendo tracciato il quadro generale del nostro argomento e precisato i nostri punti di riferimento e presupposti essenziali, possiamo ora entrare nel nostro soggetto a livello concreto e specifico.

Il paradosso dell’eta moderna

Oggi notiamo un paradosso veramente notevole e molto interessante: mai, in tutta la sua lunga e variegata storia, l’uomo ha avuto tanto a livello materiale (soldi, beni di consumo, tecnologia, libertà personale, religiosa, sociale e culturale) eppure mai è stato così confuso, depresso, e infelice a livello umano (a giudicare dagli antidepressivi e ansiolitici che consuma, e dagli psichiatri e psicoterapeuti che consulta)! … Come mai?

Credo che la risposta sia altrettanto chiara che ovvia: l’uomo ha conquistato il mondo ma ha perso la sua anima. Può ottenere, con un po’ di pazienza, di sforzi e con tanti soldi, ciò che desidera, ma questo non lo soddisfa più in quanto non percepisce più significato, scopo e valore in ciò che cerca e vive. La ricchezza materiale non può rendere l’uomo felice e appagato, per questo ci vuole anche una ricchezza “essenziale”, umana e spirituale!

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, molte vocazioni si sono trasformate in professioni, il che ha creato la “Caduta” o degradazione del lavoro. La religione, la medicina, la legge e giurisprudenza, l’insegnamento, e persino la guerra (a livello degli ufficiali e dei quadri superiori) erano indiscutibilmente una vocazione, non per tutti ma per molte persone; erano cioè qualcosa che si faceva non per guadagnare soldi e vivere bene, ma per realizzare se stessi e per rispondere a una “chiamata interiore”. Quindi, a quel tempo, la persona dava il meglio e tutta se stessa a quello che faceva mettendoci passione, entusiasmo, riconoscenza e apprezzamento verso le persone alle quali si poneva in servizio.

L’abbassamento della coscienza e le conseguenze delle due grandi Guerre Mondiali (il prezzo che si doveva pagare per tutto il sangue versato e la sofferenza creata) hanno fatto sì che la coscenza e percezione dell’uomo cambiassero. L’uomo divenne più egoista e razionalista, materialista ed edonista, calcolando e facendo i suoi interessi personali a corto termine piuttosto che quelli della società a lungo termine. Questo processo fu lento ma inesorabile, con il risultato che le vocazioni divennero professioni sempre più specializzate, con un vocabolario tecnico, e sempre più costose. L’intelligenza divenne astuzia e i lavoratori e i poveri costituirono dei sindacati per avere più forza e potere contrattuale… Le vocazioni divenute professioni divennero quindi qualche cosa da fare non più per se stessi e per autorealizzarsi, ma come mezzo per ottenere più soldi, prestigio e potere.

A livello umano e psicologico, questa fu una tragedia che portò all’opposto di quello che prometteva! Molti fecero un grande progresso economico e sociale, dalla classe inferiore passarono a quella media, e arrivò il benessere economico e sociale ma non umano e profondo.

Sempre più persone incominciarono a non amare più il loro lavoro, a voler andare “in pensione” il più presto possibile, a vedere e vivere il lavoro come una “schiavitù” e a cercare di dare il minimo di se stesse per ottenere il massimo a livello sociale ed economico. Le conseguenze di queste scelte, priorità e valori, furono rapide e brutali. Le persone che avevano strumentalizzato il lavoro in questo modo, caddero nel burn-out generale e psiconoetico in particolare, accompagnato da una panoplia di malattie psicologiche ed anche fisiologiche. Il sistema così costituito andò inevitabilmente verso la grossa crisi (economica, sociale e lavorativa), quella che stiamo vivendo in questo momento.

La “redenzione del lavoro”

Per fortuna che l’uomo non è un essere mortale, non è solo e abbandonato in questo mondo oscuro e penoso, e che la legge divina, la giustizia e l’amore del Creatore continuano ad aiutarci! Siccome l’uomo vuol essere felice ed evitare il dolore, deve evolvere e innalzare il proprio livello di coscienza e di essere. Egli quindi cerca nuove soluzioni, riflette e medita su come può risolvere i suoi problemi, malattie e disfunzioni.

Questo porterà a quella che io chiamo la “redenzione del lavoro”, dove le professioni torneranno a essere vocazioni, dove le persone si renderanno conto a livello vissuto ed esistenziale che quello che fanno agli altri lo fanno a loro stesse, che dovranno raccogliere quello che hanno seminato, e che il razionalismo e materialismo, l’egoismo e l’edonismo, portano solo alla confusione e al disordine, ai dolori e alle sofferenze per tutti.

A questo punto (che per me è proprio ora, cioè l’entrata al XXI secolo) l’uomo si renderà conto che con il solo sforzo umano non ce la farà più, che senza la Grazia Divina, la Luce o l’energia spirituale, non potrà sopravvivere e realizzare il suo grande traguardo.

Allora cercherà di attivare la sua intuizione e di risvegliare la sua anima e coscienza spirituale, e lì vivrà il suo vero “rinascimento” o “redenzione”… e le professioni torneranno a essere vocazioni! Così l’uomo distinguerà e unirà i “mezzi” (sopravvivenza, soldi, potere) al “fine” (l’illuminazione, la piena attualizzazione delle sue facoltà e potenzialità, per arrivare alla theosis). E cercherà, con tutte le sue forze e risorse, interiori ed esteriori, di fare ciò che la sua anima ha scelto di fare: cercherà un lavoro che corrisponda al suo dovere, e lo farà nel migliore modo possibile dando il meglio di se stesso.

Interiormente questo significherà riattivare la grande “Croce di Luce interiore” , trasformando e innalzando il proprio livello di coscienza e così, a un livello superiore, reintegrare la conoscenza e il potere con l’amore e la moralità, la giustizia con la compassione, e la sopravvivenza fisica con la realizzazione spirituale!

Immaginate come potrebbero essere il mondo e la nostra vita se le persone con cui abbiamo a che fare per cose veramente importanti fossero Saggi e Santi che veramente ci vogliono bene, ci vogliono aiutare e hanno sia la saggezza sia l’esperienza e la forza per farlo! La domanda fondamentale non sarebbe più “Che cosa offre il mercato e quanto paga questo lavoro?” ma “Quali sono i miei doni e talenti, e come posso svilupparli al massimo per metterli al servizio degli altri?

A questo punto, il counseling personale, professionale, spirituale e di benessere globale, acquisterà sempre più importanza e riconoscimento sociale. Sarà offerto a varie persone bisognose, che vogliono qualcosa di meglio o che vogliono  crescere, da persone che hanno già raggiunto un certo livello di coscienza e quindi sono in grado di integrare conoscenza, amore e volontà, cioè che hanno la sapienza e l’esperienza necessarie così come l’autentico desiderio di veramente voler bene e aiutare le persone con le quali lavoreranno. Unendo la dimensione orizzontale a quella verticale, potremmo dunque riconciliare e mettere al loro giusto posto l’aspetto quantitativo (il mezzo) e quello qualitativo (il fine).

Alcune esperienze personali

Riflettendo sulla mia vita ed esperienze personali, mi sono reso conto che ho già capito e vissuto (fino a un certo punto) queste grandi trasformazioni che riporteranno le professioni a diventare vere vocazioni o “risposte” a una chiamata autentica. Qui citerò due esempi concreti e specifici.

Come studente universitario avevo già capito la differenza tra la conoscenza (per sopravvivere e funzionare nella società) e la sapienza o saggezza (per dare significato, scopo e valore al mio essere e alla mia vita). Mentre frequentavo corsi di fisica e in seguito di filosofia, sociologia e antropologia all’università, avevo già incontrato alcuni Santi e Saggi che divennero i miei “modelli ideali” e punti di riferimento; quindi riuscivo a discernere e integrare questi due aspetti fondamentali. Quando venne il momento di trovarmi un lavoro serio e duraturo, scelsi di insegnare all’università con un decimo di salario di quello che avrei potuto guadagnare lavorando nel mondo degli affari. Pochi capirono e sostennero questa mia scelta, ma poi il tempo e la vita mi dimostrarono che fu veramente quella migliore per me… sotto tutti i punti di vista! Quando incominciai a insegnare nell’università di East Stroudsburg, dove sono rimasto per il resto della mia vita, non c’erano sindacati per i professori o addetti ai lavori; il nostro salario era molto modesto ma sufficiente per consentire una vita dignitosa. La cosa più importante era, tuttavia, che c’era un’atmosfera collegiale veramente eccellente: eravamo come una grande famiglia lanciata in un’avventura e in un viaggio meraviglioso della conoscenza e dell’educazione dei giovani.

Poi arrivarono i sindacati con un forte aumento di salari e di privilegi, ma l’atmosfera collegiale e la “grande famiglia” si trasformarono in una “società” dove ognuno pensava sempre di più ai propri interessi e benefici personali, con il risultato che la competizione divenne feroce e che “tutti lottavano contro tutti”. Almeno per me, era chiaro che quello che avevamo guadagnato a livello materiale non valeva assolutamente la pena rispetto a quello che avevamo perso a livello umano e qualitativo!

I contributi essenziali del lavoro

L’evoluzione, la trasformazione ed elevazione della coscienza umana sono un fatto inarrestabile e ineluttabile, che continuerà. Se prima erano la sopravvivenza (il mezzo) e il potere ad essere i valori essenziali, così come nella conoscenza fu l’analisi a prevalere sulla sintesi, nel XXI secolo saranno la conoscenza di sé e l’attualizzazione delle proprie facoltà e potenzialità (il fine), l’amore e la sintesi a ridiventare dominanti. Questo, perché stiamo passando dall’era dell’avere a quella dell’essere, dalla quantità alla qualità, dalla dimensione orizzontale a quella verticale, e dalla materia allo spirito! Tutto questo comporterà una grande trasformazione del nostro paradigma cognitivo (per maggiori dettagli si veda Il Nuovo Paradigma Cognitivo Integrale, Guna, 2011) che trasformerà e cambierà il nostro sistema educativo e quindi anche la concezione, la pratica e l’ambiente del lavoro.

Ai giovani si insegnerà, sia a livello cognitivo sia esistenziale, con modelli viventi (Saggi e Santi), a rispondere all’enigma della Sfinge, cioè trovare la risposta alla domanda fondamentale della loro identità, origine e destino. In particolare si cercherà di aiutarli a capire che cosa sono venuti a fare in questo mondo, qual è il loro destino e dovere, per poterli realizzare coscientemente, con la consapevolezza che proprio su questo riposa la loro salute, benessere e felicità.

Il lavoro, allora, sarà presentato, messo in prospettiva con la giusta prorità nei termini dei suoi tre contributi essenziali:

1. Crescere e realizzare se stessi, adoperando e sviluppando le proprie facoltà, doni e potenziale.
2. Amare e aiutare gli altri rendendo un servizio veramente valido ed efficace, in risonanza con il loro essere e destino.
3. Guadagnarsi la propria vita e assicurare la propria sopravvivenza.

Più che cercare e accumulare la ricchezza materiale ed esteriore, lo scopo sarà di scoprire e realizzare la ricchezza interiore, cioè la propria capacità di conoscere, amare e creare. Più che ricercare i piaceri del mondo, temporani e caduchi, i soldi o il potere, saranno la pace, la serenità e la gioia ad essere ricercati e privilegiati. E questo ci aiuterà a costruire un mondo, una società e civiltà molto piu’ umani, maturi e armoniosi nei quali crescere e progredire verso la realizzazione del nostro grande traguardo, la theosis. A questo livello, potremmo allora eliminare la “prostituzione” cognitiva, affettiva e lavorativa attuale, che crea tanti problemi, tra malattie e sofferenza.

Potremo veramente vivere senza paura e angoscia, senza frustrazione e violenza, ringraziando il Cielo per tutte le opportunità che ci sono date, e ci ricongiungeremo coscientemente al Signore, Fonte inesaubile di Vita, di Amore e di Saggezza. Questo ci ridarà la sapienza, la motivazione e la forza per essere veramente noi stessi, per dare il meglio di noi stessi, rendendoci consapevoli che tutti gli sforzi, i sacrifici e le difficoltà che si vivono valgono veramente la pena!

Almeno, questa è la mia visione e l’augurio per tutti noi che viviamo nel XXI secolo!

Peter Roche de Coppens

Vai alla Parte 1

 

 

 .

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Lascia un commento con Facebook

Torna in alto