Comunicazione Evolutiva

 

Michele Micheletti presenta il libro Comunicazione Evolutiva – Principi di comunicazione efficace per l’evoluzione delle relazioni interpersonali e del proprio stato di coscienza. Disponibile online o tramite web a questo link.

 

Tra gli argomenti del video:

Abbiamo la possibilità di comunicare, ma non è detto che tale comunicazione sia efficace.

In genere, riceviamo uno stimolo dall’esterno, lo elaboriamo e poi lo restituiamo.

La struttura di questo libro è una convergenza di più aspetti, vi convergono infatti insegnamenti psicologici, il lavoro coi gruppi, evidenze scientifiche, conoscenze filosofiche, insegnamenti sapienziali ed esperienze personali.

La comunicazione efficace riguarda l’effetto finale della comunicazione. Se quello che ho in testa arriva al mio interlocutore al 100%, allora la mia comunicazione è stata efficace.

La comunicazione evolutiva, invece, è un processo e riguarda quello che accade quando il nostro modo di comunicare diventa univoco e tutti i piani della comunicazione sono concordanti.

Cosa ostacola il nostro comunicare? La mancanza di ascolto dell’altro, l’incoerenza dei piani comunicativi e gli automatismi relazionali.

Grazie al libro Comunicazione Evolutiva possiamo prendere coscienza dei nostri automatismi relazionali, attivare l’attenzione e capire le dinamiche dell’ego; attivare un ascolto attivo per capire veramente gli altri.

Sentire, pensare, fare e dire spesso sono dimensioni che vanno ognuna per la propria direzione. Accade perché siamo automatici e comunichiamo in modo automatico.

Gli automatismi avvengono in modo spontaneo e sono processi naturali e servono a farci risparmiare energie e per agire velocemente.

Vediamo un processo automatico in azione quando la mente, per esempio, crea una immagine a partire da elementi grafici separati.

Può essere definito automatico un processo non intenzionale. È chiamato automatico anche ciò che avviene al di fuori della consapevolezza.

L’incapacità di comunicare è data dall’incapacità di ascoltare davvero ciò che viene detto.

Per ascoltare veramente e attivamente, non possiamo essere automatici, ma agire uno sforzo consapevole.

Conosciamo il mondo attraverso la nostra mappa mentale. Ognuno ha la propria mappa.

Quando siamo automatici, non tolleriamo mappe diverse dalla nostre.

Ognuno interpreta soggettivamente la realtà delle cose.

Quando non siamo specifici, ma comunichiamo in automatico, l’altro è costretto a interpretare quello che diciamo.

Occorre attivare l’attenzione e capire le dinamiche dell’ego.

Se c’è una conflittualità, per esempio, con una o più persone in un gruppo, scopriamo spesso che questa persona è arrabbiata, e quindi mette in atto delle dinamiche disfunzionali, perché magari qualcuno o lo stesso leader del gruppo si rivolge a lui con una modalità che recepisce come non cordiale.

Il centro di gravità permanente è uno stato della nostra mente che possiamo raggiungere, con uno sforzo, uscendo dall’automatismo.

Quando cadiamo nei meccanismi automatici della mente, ci dimentichiamo di noi e quindi “non siamo”.

Abbiamo tre menti: mente fisica (sensazioni fisiche), mente istintiva (percezioni profonde), mente logica (pensieri e emozioni). Sono menti indipendenti e slegate fra di loro.

Quando “io sono”, le mie tre menti sono collegate dal mio centro di coscienza, che le coordina.

La comunicazione efficace è una comunicazione armonica, tale per cui le tre menti sono in accordo e vanno nella stessa direzione e quindi siamo univoci.

Il bambino è univoco, e così l’animale: le sue menti esprimono lo stesso messaggio.

Le ferite genitoriali (rifiuto, abbandono, umiliazione, tradimento, ingiustizia) inducono il bambino a frantumarsi dentro. Lo fa per necessità, in quanto deve far fronte alla realtà.

Ognuno di noi è un “multividuo” che deve imparare a tornare univoco.

La nostra personalità frammentandosi frammenta anche il proprio potenziale comunicativo.

L’istinto più forte è aggraparci a quello che ci è famigliare, per questo restiamo all’interno della nostra area di comfort, anche se viviamo male.

Per uscire da questo territorio “sicuro” serve innanzitutto coraggio.

L’origine della sofferenza viene dagli altri, giusto? Ma anche dallo stare isolati.

Soffriamo per quello che gli altri pensano (o crediamo pensino) di noi.

L’anima ha due occhi: occhio dell’intelletto e quello dell’amore. Quando giudichiamo, chiudiamo l’occhio dell’amore e l’intelligenza diventa miope.

Quando l’io è unito all’ego, siamo meccanici. Quando l’io è unito all’anima, siamo liberi.

Il segreto è uscire da una comunicazione meccanica per entrare in una comunicazione animica.

La vera fonte della sofferenza è il pensiero giudicante.

Ognuno è in buona parte responsabile dei sentimenti delle persone con cui interagisce ogni giorno.

La violenza genera violenza, la gentilezza genera gentilezza.

 

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