Leggere gli accadimenti in chiave evolutiva

Mariacristina Errani, nel suo libro Oltre la malattia con la Divina Commedia, ripercorre il viaggio compiuto e narrato da Dante, e lo confronta con il percorso evolutivo a cui la malattia sospinge chi ne sia portatore. In questo estratto, l’autrice condivide alcune riflessioni sul concetto di fortuna e di trasformazione delle difficoltà della vita in meravigliose opportunità evolutive…

L’“apprendista”, nel concentrarsi sulla propria verità, lascia andare una delle domande che più paiono giustificate rispetto alla propria condizione: “perché a me?”.

Caroline Myss (autrice del libro Guarisci l’impossibile, N.d.R.) chiarisce che «abbandonare il bisogno di conoscere il “perché” vuol dire abbandonare la mappa interiore sulla quale l’io basa le proprie strategie di sopravvivenza» (p. 49).

Restare incagliati nel bisogno di sapere perché gli eventi hanno preso una determinata piega ci assicura solo di restare attaccati a «una intensa carica emozionale» (ibidem) che ci trascinerà invece che renderci padroni delle nostre emozioni, come coloro che Dante ritrova posseduti dalle proprie emozioni nel V Canto dell’Inferno.

Si tratta di cambiare paradigma e passare dal porsi un perché causale (Cosa è andato storto?) a chiedersi il perché finale (Cosa posso imparare? A cosa mi può servire?) della malattia.

«La guarigione nasce dal raccogliere saggezza dalle azioni passate e lasciar andare il dolore che questa educazione ti è costata» (Myss, p. 52).

Molte altre scoperte farà il poeta durante la sua discesa nei gironi infernali, e l’“ammalato-pellegrino” con lui nell’entrare in contatto sempre più ravvicinato con la propria verità, fatta di quegli aspetti di sé che stenta a riconoscere e ad accettare.

Nel cammino di vera guarigione, man mano che si abbandonano le domande iniziali, matura definitivamente il concetto della malattia come opportunità. Quando la persona conquista questo nuovo modo di guardare la propria condizione, astenendosi dal giudizio e non facendone più qualcosa di “personale”, inizia a recuperare potere sulla propria esistenza e incrementa la propria abilità di rispondere all’evento. Dante ne narra attraverso la descrizione della fortuna.

Colui lo cui saver tutto trascende,
fece li cieli e diè lor chi conduce
sì, ch’ogne parte ad ogne parte splende,
distribuendo igualmente la luce.
Similemente a li splendor mondani
ordinò general ministra e duce
che permutasse a tempo li ben vani
di gente in gente e d’uno in altro sangue,
oltre la difension d’i senni umani;
per ch’una gente impera e l’altra langue,
seguendo lo giudicio di costei,
che è occulto come in erba l’angue.
Vostro saver non ha contasto a lei:
questa provede, giudica, e persegue
suo regno come il loro li altri dèi.

Le sue permutazion non hanno triegue:
necessità la fa esser veloce;
sì spesso vien chi vicenda consegue.
Quest’è colei ch’è tanto posta in croce
pur da color che le dovrien dar lode,
dandole biasmo a torto e mala voce;
ma ella s’è beata e ciò non ode:
con l’altre prime creature lieta
volve sua spera e beata si gode.

(Inf. VII , 73-96)

Dio ha fatto sì che la sua luce risplenda allo stesso modo in ogni parte dell’Universo e contemporaneamente ha fatto in modo che le ricchezze passassero da un popolo all’altro indipendentemente dalle decisioni degli uomini, e così è per le decisioni invisibili, come il serpente nell’erba di costei (la fortuna) che un popolo comanda e l’altro soggiace. Non c’è un sapere umano che possa contrastarla, e a lei sta il giudizio e la disposizione sulla Terra, come agli angeli sta quello sui cieli. È veloce e senza sosta per necessità, e da ciò deriva che spesso ci sia chi subisce condizioni in mutamento.

La fortuna è oggetto di critica anche da parte di chi dovrebbe osannarla, tuttavia ella non tiene conto di tutto ciò ed è immutabilmente felice, vive beatamente insieme alle altre creature prime girando la sua ruota.

La fortuna, qualunque sia l’idea che ne abbiamo, è per il poeta totalmente distaccata dal significato degli eventi e rimane immutabilmente lieta; nostro e solo nostro invece sarà il compito di vivere e leggere il senso degli accadimenti in chiave evolutiva, rendendo ogni situazione un reale guadagno per noi.

Se ripenso alla mia storia personale, trovo io stessa lecito affermare che, se sono qui oggi a parlare di questo, lo devo in ultima analisi alla malattia che mi ha consentito di trovare una nuova strada per la mia esistenza professionale e personale, ricca di significati che altrimenti difficilmente avrei colto, perdendone l’arricchimento, il piacere, la soddisfazione e, in una parola, il senso.

Le domande:

Che significato ha per te non fare della tua condizione qualcosa di personale? A cosa devi rinunciare per non fare della tua condizione qualcosa di personale?

Mariacristina Errani

Estratto dal libro Oltre la malattia con la Divina Commedia

 

Lunedì 12 giugno Mariacristina Errani presenterà il suo libro Oltre la malattia con la Divina Commedia, dal vivo presso la nostra sede in corso Magenta 83, a Milano, oppure in diretta streaming al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=YENR1Io-Tyc

 

 


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