Yeyale’el

yod-yod-lamed

È la mia vista superiore a condurmi in alto 

Dal 6 al 10 gennaio

«A me gli occhi!» La lettera yod è infatti il geroglifico dell’attenzione, della mano che indica e dello sguardo che le obbedisce, e gli Yeyale’el sono maestri nel dirigere e nell’attrarre gli sguardi del prossimo. Sono anche dotati di una massiccia Energia Yod, che deve assolutamente prorompere da loro in forma terapeutica o in forma d’arte teatrale. Nel primo caso, saranno perciò spinti all’oculistica, alla neurologia, o alla psicologia, magari, che permette anch’essa di vedere meglio le cose. Nel secondo, basterà che salgano su un palcoscenico per accorgersi che nulla può dar loro più gioia del captare ed entusiasmare l’attenzione dei molti: e ben lo dimostrano molti Yeyale’el ipnotizzatori del pubblico, da Elvis Presley a Modugno, da Celentano a David Bowie e a Paolo Conte. Oppure sono loro stessi a vedere al di là del possibile, forti della loro doppia yod: come Bernadette Soubirous, che contemplò più volte Maria Vergine in persona, o l’astrofisico Stephen Hawking, studioso dei black holes che segnano i confini del nostro universo. Seguono poi, nel vasto repertorio di potenzialità degli Yeyale’el, le varie professioni legate al mostrare, al rivelare, allo smascherare: critici d’arte e galleristi, tecnici delle luci, vetrinisti, pubblicitari, acconciatori, truccatori, costumisti, chirurghi estetici, confessori, illustratori (fu uno Yeyale’el il più celebre della categoria: Gustave Doré), commissari di polizia, giudici istruttori, detective, specialisti nelle intercettazioni, o viceversa prestigiatori, falsari e ogni genere di ingannatori che semplicemente hanno deciso di adoperare il potere del loro Arcangelo per far sembrare reale ciò che non è – e che inevitabilmente crollano non appena, nei loro raggiri, il volernascondere qualcosa prevalga su quel tanto di creatività che occorre per far passare per vere le bugie. Esemplare, a tale riguardo, fu il caso di Richard Nixon, che riuscì, sì, nell’intento di farsi credere quel leader di spicco che non era, ma cadde per non essere riuscito a tener segreto il suo abuso di spionaggio interno. In generale, a scanso di guai, vanno consigliate agli Yeyale’el una franchezza estrema verso gli altri, e una costante ricerca di limpidezza interiore, anche a costo di puntare su semplificazioni che a chiunque altro potrebbero apparire eccessive: rimarranno meravigliati nel constatare come la più elementare voglia di vederci chiaro basti a risolvere a loro vantaggio anche i problemi più complicati – come se d’un tratto si destassero in loro e anche attorno a loro potenti forze amiche.

Se ne accorgono presto, in genere, e queste forze li appassionano, stimolando il loro coraggio e spingendoli a un’iperattività che sanno gestire benissimo. È raro che si esauriscano, anche quando si lasciano prendere talmente da qualche impresa da non essere più capaci di riposarsi. Unica condizione perché il loro vigore continui ad aumentare è l’estroversione: dal contatto con gli altri – con quanta più gente possibile – sembrano attingere slancio, proprio come Anteo dal contatto con la terra; e non perché assorbano energia altrui, ma al contrario: perché ne hanno talmente tanta in se stessi, che se non potessero condividerla con altri ne sarebbero soffocati, schiacciati.

La sorte degli Yeyale’el che commettono l’errore di isolarsi è, infatti, davvero pesante. L’Energia Yod che non utilizzano si volge ben presto contro di loro, dissestandoli nel fisico o – quando sono più fortunati – nell’umore. Si sentono allora facilmente sconfitti dal destino, sventurati, abbandonati; il loro animo diventa terreno di saccheggio per le micidiali quattro R di cui già altre volte abbiamo parlato: il Rimorso, il Rancore, la Rabbia, il Rimpianto, che negli Yeyale’el possono crescere fino all’ossessività. Anche le due yod del Nome dell’Angelo non li perdonano di averle lasciate inattive: la loro mente comincia a ingannare se stessa e a ingigantire paure e incubi con cui dà forma a un mondo illusorio che per i poveri Yeyale’el solitari diventa più reale di qualsiasi altra cosa. Elvis Presley dovette sperimentare qualcosa del genere, nei suoi ultimi, disastrosi anni. È inutile, a quel punto, cercare di far breccia in quel loro guscio angoscioso: sono e rimangono sempre loro i maestri sia della verità sia dell’apparenza, e ogni tentativo di dissuaderli, di aiutarli a vedere meglio, non potrà che risultare dilettantesco dinanzi alla loro sconfinata abilità naturale in questo campo. L’unico rimedio potrebbe consistere nell’aiutarli a tornare in mezzo alla gente e nel lasciare che ritrovino il gusto di comunicare, di far credere agli altri invece che soltanto a se stessi. Ma, ripeto, ci vorrebbe perlomeno un altro Yeyale’el per poterli persuadere…

 

 

Testo per gentile concessione di Igor Sibaldi, estratto dal Libro degli Angeli

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