Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

128. QUANTO VALE LA TUA VITA?

22/07/13

Caro viandante, siamo in luglio! Con la cadenza calma del mio luglio, fiacco e meditativo, osservo le persone che mi arrivano in questo periodo semi vacanziero, solo in emergenza. Sono tutti esseri in emergenza, in urgenza di o da qualcosa, tutti su di un filo rosso, ognuno sulla stessa tonalità fatta di una uguale coincidenza, come spesso mi accade.

Ed ecco Elena al secondo tentativo di fare la mamma, fallito tragicamente, lamentandosi di chi butta via i figli. Poi Claudia, con il padre morto l’anno scorso e di cui ha scoperto solo ora la mancanza. Gianni e suo figlio malato di cancro di sedici anni, solo qualche mese di vita avanti a sé e un gloriosissimo e inatteso “papà ti voglio tanto bene!” detto sommessamente tra le lacrime solo ora, nel tempo della malattia, quando prima sembrava quasi che il padre fosse solo un erogatore d’assegni. E infine Nadia. Nadia ha avuto una lunga esperienza con la malattia del padre e sa cosa sono i non detti e gli irrisolti che si trascinano in tale atteggiamento.

Nadia con i suoi grandi occhi azzurrissimi, oggi viene da me d’urgenza, come le altre creature in cerca anche solo d‘ascolto laddove c’è spesso solo una misera sentenza. Arriva sorridendo al mio cane, ma appena si siede sullo sgabello dondolante che ho in studio, affonda la testa sul collo e s’allarga la disperazione: “Monia, al mio compagno è stato diagnosticato un cancro al polmone!”

Sono solo pochi anni che Nadia ha trovato la felicità dopo tanta fatica con Luca, il quale era tormentato da una vita spezzata dai lutti dei genitori. Spesso questi disagi o rafforzano o interrompono ogni influsso alla speranza, così, con questa ultima prerogativa, Luca incontra Nadia, senza più spremute di cuore, senza concedersi, procedendo nella relazione con il freno a mano tirato. Dopo tre mesi di malattia Luca sembra invece rinato, sembra un altro uomo – dice Nadia – e ora, anche se molto malato, lo vede affettuoso, aperto, amorevole come mai è stato. Solo che forse ora è troppo tardi … o forse no!

Ecco, caro confidente, il paradosso della settimana: il tempo! Tempo sprecato, tolto alla vita! Occasioni che si sprecano dentro al non detto, al solo sfiorato, ai mancati coraggi, alle contratture del cuore che decide di rimane chiuso per deficienza di voglia di rimettersi in gioco o forse paura, paura di perdere nuovamente. Ed è così che può accadere, viandante, di perdere per paura di perdere, di morire per paura di vivere: quale più assurdo paradosso! In questo periodo che tutto sembra girare intorno al tempo. Vorrei riflettere insieme a te sul tempo, su quello che ci togliamo con le nostre proprie mani, il tempo dei sorrisi sfuggiti, del perdono mancato per eccesso di ego, o per sfidare qualcuno o qualcosa, che è se non un altro tipo di ego!

La crisi ci ha riconsegnato il nostro tempo: usiamolo! Usiamolo per sistemare, ma soprattutto per vivere! È da tempo che ho preso una decisione: quella di essere padrona del mio tempo! Ora, che tutti i miei sforzi sono concentrati nel rendere la mia vita una poesia vivente, cerco di far crescere dentro me questo desiderio, nutrendolo giorno dopo giorno. Questo è il mio tempo del “non è più tempo”! Questo è il mio tempo del mai niente di meno del massimo che posso vivere! Il mio intento è tutto volto al far crescere questo intento… perché la morte è un paradosso ed è presente ovunque ci sia la vita!

Prima che non ci sia più tempo, sembra urgente e necessario accorgersi di come funzionano i nostri anni, di come si muove il nostro tempo! Quando ero piccola pensavo che chi era più giovane fosse più fortunato perché avrebbe avuto più vita. Poi è morto il mio cuginetto: cinque anni, finito sotto a un camion, rincorrendo il pallone che era scivolato in strada, e tutto ha preso un altro senso! È successo presto, il mio tempo in cui ho preso coscienza del tempo… e tutto ha preso una sua logica chiarezza.

Il tempo è composto di momenti, punto! Né giorni, né anni su di un documento, né ore libere in una giornata vuota… solo ritmo, ritmo di stagioni che passano piene zeppe di momenti in cui ho potuto assaporare l’intensità. Il tempo è intensità. Intensità: il moto, la misura con cui io devo sentire ciò che vivo. Capire, a volte persino arrivare a comprendere! Ecco il tempo.

Sono matura per un certo numero di momenti vissuti intensamente, non perché ho compiuto quarant’anni. E se la morte mi viene a trovare ora, io sono qui! Con le mani piene di esperienze, il cuore pieno di decolli e pure qualche brusco atterraggio, e gli occhi pieni di stelle! Io sono viva! Sono qui e non voglio passi un giorno senza aver detto ciò che penso, ciò che provo, sciolto dubbi, proposto i miei “perché” e i miei “perché no”!

Viandante, ti sei mai chiesto quanto vale la tua vita? Io continuamente! Se domani partissi per il grande viaggio, porterei via e lascerei sulla Terra tutto ciò che sono, in egual misura, perché nel cosmo c’è un discreto senso dell’equilibrio, per chi sa accettare i doni e per chi riesce a darsi. Non conta quanti anni avrò quando arriverà signora Morte, né chi sono stata; quando Lei arriva non conta cosa possiedo, che lavoro io faccia o se sappia o meno l’inglese. Conta solo l’intensità.

Quanto vale la mia vita? Vale l’intensità con cui ho vissuto ogni momento che il divino mi ha messo d’innanzi. Questo è tutto quello che c’è da sapere, ed è infondo ben semplice cosa rispetto al caos che ci proponiamo quotidianamente di chiamare “vita”.

Viandante, ti sei mai chiesto quanto vale la tua vita?

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