Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

73. ESPERIENZA A MEDJUGORJE: E’ TEMPO DI LASCIAR ANDARE IL DOLORE

17/01/12

Caro viandante, vorrei condividere con te qualche pagina di quel che compone il mio diario di bordo, dove racconto come ho passato il mio fine anno 2011 e l’inizio del 2012.

Mattino del 31/12/2011 – Medjugorje: Monte delle Apparizioni

Eccomi qui a passare l’ultimo giorno dell’anno con il buttar via ciò che non voglio più nella mia vita. Sono in cima. I fedeli, silenziosi, si sparpagliano sugli aspri e ghiacciati sassi rossastri, in parte coperti dal fango della recente nevicata. Molte persone hanno scelto di arrivare quassù a piedi scalzi. Il vento si mischia al sordo rumore dei massi del monte, sotto le scarpe dei pellegrini. 73mzLa terra qui è rossa, quasi a ricordare il sangue versato dai Bosniaci, che cercano di dimenticare. Solo questa terra santa,Medjugorje, si è salvata dai numerosi bombardamenti che hanno costellato questo territorio.
Siamo tutti qui in attesa di un messaggio, di un respiro di sollievo.

Damir, la nostra guida, ci ha suggerito di non pregare salendo, né chiedere nulla in questo monte, in cui tutti sembrano cercare qualcosa: “Liberatevi!” ci ha detto. “Liberatevi da tutto ciò che non vi serve più”. E così facciamo, lungo ogni stazione misterica, come grani di un rosario vivente. A ogni stazione lasciamo parte di quel “noi” che non ci è più funzionale, e ci sembra davvero che, a ogni nuova postazione, si arrivi un po’ più leggeri… fino a raggiungere la soglia di un paradiso. Sembrava una di quelle situazioni alla “Dante”, nella quale ogni girone rappresenta una esperienza che agisce in noi: fuori e dentro, per chi lascia che sia.

Ascolto il silenzio mentre salgo, ma senza voler arrivare, così, semplicemente… nessun luogo da raggiungere, nessuna preghiera. Tra una stazione e un’altra sento vibrare un “grazie” che si stacca da me. In alcuni momenti, anche cercando, non sento di dover lasciare nulla, niente di quel tanto che pensavo di dover mollare via da me.Quel vuoto si è presto trasformato in pace. Semplicemente. I miei compagni di viaggio cercano di rispettarsi e di rispettare mentre condividono la salita, in silenzio, ognuno da solo, come quando si nasce e si muore.

Penso che fino all’altro ieri non sapevamo nemmeno con quale macchina avremmo fatto il viaggio, dato che, all’ultimo momento, l’agenzia dalla quale avevamo affittato l’auto a 9 posti dall’Italia, ci aveva dato forfait… e ora eccoci, con l’imperturbabile multipla di Erik! Secondo me è stata l’auto a tramare tutto segretamente per non essere lasciata a casa, visto che comunemente era proprio lei a portarci sempre dovunque 🙂 E ora sono qui! Col ben- venuto della neve che candida ci dona il suo silenzioso saluto.

Pomeriggio del 31/12/2011 – Orfanotrofio Regina Pacis

Ci affrettiamo a comprare dei viveri per i bambini dell’orfanotrofio; con una colletta riusciamo ad acquistare un bel po’ di roba e ci si apre il cuore per questa opportunità di condividere il pane con chi vive di provvidenza. Penso che, solo fino a qualche anno fa, avrei speso molto di più per un vestito da indossare al cenone di capodanno, e mi pento di non aver comprato più cibo. Arriviamo sul piazzale dell’istituto quando è l’ora di pranzo inoltrata. Penso che sarà tardi per salutare i bambini. Esce una piccola bimba, poco più di dieci anni, e con il nostro aiuto riforniamo un po’ la dispensa. Un responsabile esce e ci comunica che è un vero peccato che il nostro arrivo al centro abbia schivato il discorso della veggente fatto poc’anzi. Noi siamo felici di poter servire e ci diciamo che già così abbiamo ricevuto tanto.

Esce la nostra guida e ci dice di entrare a salutare la madre superiora, ma che non possiamo vedere i bambini. Da qui parte un lungo periodo di commozione oltre ogni parola: la veggente è lì, che ci aspetta! Ci abbraccia, parole semplici, grandi sguardi: Vicka, un’anima spettacolare! Facciamo con lei una benedizione e le lacrime mi travolgono. Il mio compagno mi chiede di scattare una foto per documentare il viaggio, io annuisco ma poi non riesco neppure a tenere gli occhi aperti dall’abbondanza di lacrime che, inspiegabilmente, mi sgorgano copiose.

Tragitto verso l’albergo…

“Monia: perché sei venuta a Medjugorje?” mi dico addosso. ”Per il viaggio!” mi rispondo rapida! Il significato sta nel senso stesso dell’andare! Andare, osservare ciò che accade mentre si avanza, sempre consapevoli di quell’unico momento che è l’adesso. Il tempo allora si dilata; “Da quanto tempo siamo qui?” mi chiede qualcuno… Incredibile! Un paio di giorni appena!

Chiesa del paese

Siamo nel retro della chiesa principale. Fiumi di gente ordinata prega e ascolta nell’arena creata per accogliere i pellegrini. Entrare è fuori questione, ma a noi va bene così. Non penso di fare la comunione, ma mi si presenta davanti il prete con la ciotola in mano, e allora accolgo il Signore che mi ha chiamato.

Sera del 31/12/2011

Ceniamo in albergo dove per ogni pasto i padroni di casa benedicono con noi la tavola imbandita di cose semplici e gustose. Mangiamo rapidi per affrontare i meno sette gradi dell’esterno alla messa di mezzanotte. Mai andata a così tante messe in quattro ore scarse! Penso di sviare la comunione, ma ancora una volta è il Signore a venire a me! Così acconsento e ringrazio. A Erik, mio compagno di viaggio e mio miglior amico, scompare la particola mentre gliela offrono… Non capiamo il significato. Lui, mortificato e un po’ confuso, se ne fa dare un’altra. Cerchiamo coi telefonini accesi per far luce, ma niente! Lo spogliamo, col freddo che fa, ma niente! Sparita! Ci sarà qualcosa da capire che ora però ci è ignota… Velocemente tutti intorno si abbracciano per scambiarsi gli auguri, e il fatto si perde per un attimo, tra le panchine gelide e rese croccanti dal ghiaccio, mentre si srotolano universi di colori: sono le coperte che la gente usa per scampare al freddo.

È arrivato il 2012! Auguri e… un pensiero mi sfiora e mi gela pure un po’, dato che è da tanto che aspettiamo questo momento, e ora… è qui!

Andiamo al crocifisso di bronzo, costruito con il metallo fuso di armi da guerra (che splendido paradosso!), quel famoso crocifisso che gocciola da un ginocchio. La notte ci inghiotte e le stelle con quel freddo e quell’assenza di inquinamento di ogni genere, sembrano caderci addosso; mi sposto, mentre bacio il mio uomo e ci scopriamo commossi entrambi, senza definire i bordi del motivo per cui siamo in questo stato.

01/01/2012 – Monte del Crocifisso, mattina

Sono in cima, annaspo tra la gente che prega. Non pensavo potesse darmi tanto fastidio, per un po’ me ne vergogno… poi realizzo che c’è qualcosa da capire che va al di là di ciò che posso ora decifrare, e mi mantengo in ascolto. Scegliamo un posto al sole, lontano dal crocifisso, per meditare con il gruppo. Stiamo per iniziare la meditazione quando si piazzano un bel po’ di ragazzi per recitare un rosario. Pensiamo sia una prova e continuiamo a meditare, ma quest’altro gruppo alza la voce, sempre di più… Le preghiere sono cariche di dolore e di sacrificio… Dentro di me arriva chiara una voce che – scopro solo in un secondo momento – è parte dello stesso contenuto di altri compagni di viaggio.

Il messaggio ci arriva chiaro: “C’è bisogno di un nuovo modo di pregare, meno meccanico e mnemonico.Abbandonare il dolore, il sacrificio, innalzare un canto di gioia, pari al silenzio o a una danza che ne esprima il suo più alto senso. Ecco che si può stare zitti e cheti, offrire se stessi, innalzare il proprio essere, come una preghiera… il canto interno che memorizza ogni cellula e modifica ciò che non somiglia alla matrice. Ecco che arriva in questo modo come sacra benedizione, a contagiare di buono e di santo chi si pone di fianco… Lasciar andare il dolore; nessuno sa cosa farsene del dolore! A nessuno può piacere il vostro sacrificio!”

Ci confrontiamo in un secondo momento e siamo colpiti dalla similitudine dei messaggi arrivati al gruppo.

* * *

Tornata in Italia, il mio compagno mi racconta del contenuto del messaggio arrivato il 2 gennaio 2012 a Mirjana, che riporto qui sotto:

“Cari figli, mentre con materna preoccupazione guardo nei vostri cuori, vedo in essi dolore e sofferenza; vedo un passato ferito e una ricerca continua; vedo i miei figli che desiderano essere felici, ma non sanno come. Apritevi al Padre. Questa è la via alla felicità, la via per la quale io desidero guidarvi. Dio Padre non lascia mai soli i suoi figli e soprattutto non nel dolore e nella disperazione. Quando lo comprenderete e accetterete, sarete felici. La vostra ricerca si concluderà. Amerete e non avrete timore. La vostra vita sarà la speranza e la verità che è mio Figlio. Vi ringrazio. Vi prego: pregate per coloro che mio Figlio ha scelto. Non dovete giudicare, perché tutti saranno giudicati”…

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