Continua dalla prima parte
Un fresco mattino d’autunno Rocco stava saltellando per le vie della città assorto nei suoi pensieri, quando vide una coniglietta che si accingeva a scendere da un tassì. Cercava nella sua borsa rosa i soldi per pagare l’autista ed era la creatura più bella che avesse mai visto, almeno lo era per lui, perché la bellezza è soggettiva.
In ogni modo, qualunque cosa di particolare avesse quella femmina, gli fece schizzar via il cuore dal petto. Un’emozione così forte non l’aveva mai provata. Pensò a lei tutto il giorno, ma la sera, prima di dormire, decise di togliersela dalla testa. Quale coniglietta avrebbe mai voluto frequentare un coniglio rosa? Una bella come lei, poi! Era impensabile!
Il giorno successivo la vide di nuovo, la riconobbe da lontano. Era ferma davanti alla vetrina di un negozio e guardava con molto interesse un vestito di seta rosa. Rocco non ebbe il coraggio di avvicinarsi, e tirò dritto per la sua strada.
Qualche giorno più tardi, mentre passava davanti a una gioielleria, udì una risata limpida e spumeggiante come l’acqua di un torrente di montagna. Guardò dentro e vide lei, la bella coniglietta: stava provando sulla zampa un bracciale di perle rosa. Oh, quanto era affascinante! Il primo impulso fu di correre dentro e regalarle il gioiello, anzi, tutti i gioielli del negozio! Ma lo avrebbe preso per matto, o peggio, sarebbe scappata inorridita al solo pensiero che un coniglio rosa si interessasse a lei! Così tirò dritto per la sua strada ancora una volta, tutto mesto e sconsolato.
Cominciò a incontrare spesso la stupenda coniglietta, e questo era un problema per Rocco, che voleva invece dimenticarsi di lei per non soffrire.
Il sabato mattina la rivide, comprava una sciarpa rosa al mercato del quartiere, poi ancora la domenica, ai giardini: gettava briciole di pane con fare aggraziato alle papere dello stagno, e mangiava confetti rosa. E ancora, la settimana successiva, mentre Rocco usciva dall’ufficio pensieroso e un po’ distratto, riuscì a cambiare direzione all’ultimo momento, un attimo prima che lei potesse vederlo; saltellava elegante con il suo fiocco di velluto rosa tra le orecchie, e tutti si giravano a guardarla perché era senza dubbio la più bella coniglia di tutta Conigliopoli.
La dolce creatura non si era mai accorta di Rocco e delle peripezie che faceva per non imbattersi in lei. Non doveva accorgersene! Il povero coniglio temeva che lo avrebbe guardato con ironia, o forse con disprezzo, ed era un’umiliazione che poteva sopportare da tutti, ci era abituato, ma non da lei! Uno sguardo di derisione da parte di colei che amava lo avrebbe sicuramente ucciso.
Arcibaldo aveva notato il cambiamento d’umore di Rocco, da settimane un po’ cupo e silenzioso. Il modo di agire dei maschi però è svelto e pratico: ci si aspetta che chi ha un problema tiri fuori il rospo, poi se ne discute insieme cercando una soluzione, magari davanti a un’aranciata bella fresca e salatini di carote. Niente chiacchiere inutili né troppe domande. Ma Rocco non lo tirava fuori quel rospo, allora Arcibaldo, che gli voleva molto bene e non ne poteva più di vedere l’amico tanto triste, lo indusse a parlare, e Rocco finalmente confessò il suo tormento.
Arcibaldo rimase in silenzio fino alla fine della storia, grattandosi il muso come faceva sempre quando era concentrato, poi disse: «Sembra proprio che quella femmina abbia una vera passione per il rosa, non ci hai fatto caso? Chissà che tu non le piaccia, proprio grazie a quella pellaccia color confetto che ti porti addosso!» E fece un grande sorriso perché sapeva sdrammatizzare come nessun altro la diversità di Rocco.
No, Rocco non ci aveva pensato, in ogni caso non voleva assolutamente rischiare un colpo al cuore con qualche orribile rifiuto!
La vigilia di Natale Arcibaldo organizzò una cena a casa sua. Invitò la sorella, i cugini, gli zii e anche gli amici che quella sera non avevano una famiglia con la quale festeggiare, come Rocco. In realtà Rocco aveva tanti fratelli, ma non lo invitavano mai per nessuna ricorrenza. Il timore di essere additati come portatori di qualche difetto genetico e di non trovar moglie, o essere derisi, li aveva sempre indotti a stare alla larga da quel parente difettoso!
Arcibaldo cucinò ogni sorta di delizia alla carota, mentre Rocco appendeva alle travi del soffitto e intorno al caminetto rami di vischio, stelle, fiocchi e palline rosse. In quell’atmosfera serena e frizzante addobbarono insieme anche un grande albero di Natale, con carotine glassate allo zucchero e mele candite.
Ecco finalmente gli inviati. Rocco era in cucina a decorare gli ultimi pasticcini quando udì una risata spumeggiante che conosceva bene. Il vassoio dei dolci quasi gli cadde dalle zampe! Era lei? Era la coniglietta che gli piaceva tanto? Si affacciò dalla stanza e la vide: sì, era proprio lei! Varcava l’ingresso di casa con un’amica, dietro parenti chiassosi che saltellavano e facevano commenti sul freddo di quella notte di Natale. Fu colto dal panico! Non si mosse dalla sua posizione, e quando Arcibaldo andò in cucina per vedere che fine avesse fatto il suo amico, lo trovò pietrificato, in grado solo di balbettare frasi senza senso.
«Ascoltami» disse Arcibaldo, tirando affettuosamente una delle lunghe orecchie color confetto di Rocco. «Hai avuto tanto coraggio nella vita; è giunta l’ora di mostrare di che pasta sei fatto, e che sei maschio perdindirindina! Sono stato io a invitare la coniglia che ti piace tanto. Adesso riprenditi per favore e vieni a tavola, andrà tutto bene. A proposito, lei si chiama Rosa, guarda un po’!»
Rocco non aveva scelta, non poteva certo scappare! Si diresse alla tavola imbandita camminando nascosto dietro le larghe spalle di Arcibaldo, col timore che tutti avrebbero sentito quanto gli batteva forte il cuore e probabilmente sogghignato della sua pelliccia rosa. Destino o macchinazione dell’amico, il suo posto era proprio di fronte a lei, a quella coniglietta che amava in segreto. Pensò che sarebbe morto di lì a poco. Quando si sedette, la coniglia alzò lo sguardo su di lui e allargò il musino in un sorriso radioso che più radioso non si può! Ecco, era ufficialmente morto e rinato nel tempo di un istante!
La dolce creatura non gli tolse gli occhi di dosso per tutta la cena e Rocco non riuscì a mandar giù nemmeno un boccone. Lei non aveva l’espressione curiosa o ironica; al contrario, lo guardava con estrema dolcezza, quasi accarezzando con i suoi languidi occhioni quelli di lui, che si stava sciogliendo come un pezzo di burro. Le gambe gli tremavano così tanto che sembravano diventate gelatina e temeva che non lo avrebbero retto una volta finita la cena!
Nonostante il suo stato emotivo pietoso, Rocco riuscì a mantenere una conversazione decente e – miracolo – a non balbettare. Rosa era arguta, colta, e simpatica; la sua risata spumeggiante contagiava tutti. Riuscì a contagiare persino Rocco, che piano piano si rilassò, anche se forse non fu molto loquace con gli altri: il mondo era scomparso, esisteva solo lei!
Venne il momento delle danze e ovviamente non si sognò nemmeno di invitare Rosa a ballare; lei gli aveva generosamente concesso la propria amicizia, non doveva pretendere di più. Tuttavia, con grazia sublime, Rosa si avvicinò e gli sussurrò all’orecchio: «Mi piacerebbe ballare…»
Non riuscì a rispondere, aveva la bocca di cemento; condusse la coniglietta al centro della sala, dove già tutti danzavano, e la prese fra le zampe. Rosa si strinse a lui e appoggiò teneramente il muso sulla sua spalla. Lo tenne così tutto il tempo, mentre Rocco si augurava, se quello era un sogno, di non svegliarsi più!
Non si trattava di un sogno, era proprio la realtà.
Nel Natale più bello di tutta la sua vita ricevette il dono prezioso dell’amore. Rosa lo trovava straordinario e affascinante con quella pelliccia rosa, così bella e speciale! E non era solo speciale d’aspetto, era anche un maschio dal cuore nobile, affidabile, intelligente e buono. S’innamorò di lui al primo sguardo quella sera, come lui si era innamorato di lei.
Trascorsero molto tempo insieme da quello splendido Natale, consolidando sempre più la loro amicizia e il loro affetto. Misero su famiglia, e naturalmente Arcibaldo fu il loro testimone di nozze. Per l’occasione cucinò una torta di carote spettacolare, decorata in cima con due coniglietti di zucchero, uno bianco come lei, uno rosa come lui.
Rocco e Rosa vissero per sempre felici e contenti. Ebbero tanti deliziosi cuccioli, alcuni bianchi, alcuni rosa, alcuni bianco-rosa. Diedero inizio così a una bellissima generazione di coniglietti colorati e, nel tempo di qualche anno, Conigliopoli fu popolata da cittadini con ogni sorta di combinazione tra il bianco e il rosa, persino a pois, a righe e stelle.
Il mondo diventò variopinto e più allegro, e la diversità divenne la normalità.
Grazia Catelli Siscar, autrice del romanzo-fiaba I Viaggi di Timoteo
Fonte img: Pinterest..
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