Il signor Umberto era un uomo anziano, rimasto completamente solo dopo la scomparsa della moglie, vittima di una grave malattia. Non aveva figli, dunque nemmeno nipoti, nessun discendente al quale insegnare, leggere fiabe, raccontare storie; nessuna piccola voce avrebbe mai rallegrato la sua casa vuota.
Viveva in un condominio affacciato sul bellissimo parco cittadino, e tutti i pomeriggi usciva per fare una camminata nel verde. Amava osservare i fanciulli del quartiere intenti nei loro giochi, e leggere il giornale con la musica di sottofondo delle loro grida festose. Aveva sempre le tasche piene di dolcetti e parole sagge e cordiali per tutti. Il buon vecchio era molto apprezzato e la gente si rivolgeva a lui con l’affettuoso nomignolo di nonno Berto.
Un giorno, mentre raggiungeva la sua panchina preferita, vide Anna che rovistava tra le foglie in lacrime. Anna era la più piccola del gruppo, una bimba intelligente, affettuosa e animata dalla fantasia vivace dei grandi sognatori. Berto l’adorava e sentiva di avere con lei una grande affinità.
«Cosa succede?» chiese nonno Berto avvicinandosi alla bambina ancora carponi, intenta a frugare nell’erba sotto i rami e le foglie.
«Ho perduto Tilly» rispose la bimba alzando lo sguardo, e i suoi occhioni lucidi esprimevano così tanta disperazione che avrebbero intenerito anche il più duro dei cuori.
«Chi è Tilly?» domandò il vecchio.
«La mia bambola, la mia bellissima bambola» spiegò la ragazzina mentre si asciugava le lacrime con la manica del vestito.
Berto decise di aiutare Anna, e insieme cominciarono a cercare Tilly. Guardarno sotto alle panchine, dentro i cespugli, lungo i viottoli e dietro agli alberi, ma della bambola non v’era traccia, sembrava proprio svanita nel nulla.
Anna era sconsolata, non si dava pace, e il signor Berto pensò e ripensò a un modo per alleviare la sua pena. Finché gli venne un’idea.
«Perché non facciamo dei manifesti con la descrizione di Tilly e li appendiamo in giro per tutto il quartiere? Che ne dici?»
L’idea piacque molto ad Anna, e anche agli altri bambini, che nel frattempo si erano avvicinati e avevano ascoltato la bizzarra conversazione. Alla fine l’iniziativa coinvolse tutte le famiglie del condominio, tranne i signori Malacorda, sempre per i fatti loro e con la puzza sotto al naso; non si sarebbero mai prestati a un’azione che fosse buona o utile per chicchessia. Di buon grado invece aderirono al progetto l’edicolante della piazza, la panetteria all’angolo della strada e i negozi limitrofi. Tutti scrissero l’avviso con cura, e il quartiere fu ben bresto tappezzato dai più colorati, strani e divertenti volantini mai visti.
Passarono i giorni e oramai la ricerca della bambola perduta si era trasformata in una divertente caccia al tesoro che aveva creato legami più stretti fra gli abitanti della zona. Persone prima sconosciute le une alle altre, ora si salutavano con sorrisi affabili e complici, scambiavano qualche parola, condividevano emozioni e idee. In una parola: facevano amicizia. La bambola però ancora non si trovava, e dopo un mese di ricerche infruttuose tutti persero la speranza di ritrovare Tilly.
Un pomeriggio Berto vide Anna in disparte, isolata dagli altri bambini intenti a giocare, e il suo faccino era così triste che commosse profondamente il buon vecchio. Si avvicinò alla piccola senza dire niente e la bimba lo guardò in silenzio; non avevano bisogno di parole, nonno Berto conosceva la pena dell’amica e la bimba sapeva quanto l’uomo fosse sinceramente addolorato per lei.
«Sai… » disse Berto dopo un lungo silenzio trascorso a grattarsi la barba e a guardare il cielo come per riflettere su cose di grande importanza «io credo proprio che Tilly sia partita per un viaggio intorno al mondo. Forse desiderava compiere qualche impresa, vivere tante avventure e tante emozioni!»
A quelle parole il volto della ragazzina s’illuminò; era confortante l’idea che la sua bambola fosse scomparsa per un buon motivo, anche se avrebbe preferito tenerla sempre con sé.
«A volte chi amiamo si allontana» riprese il vecchio «e dobbiamo lasciarlo andare qualunque sia il motivo che lo ha portato lontano da noi».
Nonostante la sua giovane età Anna capiva che nonno Berto stava parlando della morte, e che in quel momento pensava all’amata moglie. Non ebbe tempo di rattristarsene perché l’uomo aggiunse con un gran sorriso:
«Ma sono certo che avrai presto notizie da Tilly!»
Dopo alcuni giorni Anna ricevette una lettera, la prima della sua vita, e l’emozione che provò nel tenere tra le mani quella busta chiusa fu indescrivibile. Era certamente opera di Tilly, doveva condividere subito con Berto la grande notizia e il contenuto della missiva: chissà cosa c’era scritto! Si precipitò al parco e raggiunse la panchina dove nonno Berto sedeva ogni giorno per leggere o pensare, e in effetti era proprio là, con il naso per aria deliziato dal canto degli uccellini.
«Nonno Berto, nonno Berto» gridava la bimba da lontano sventolando la busta; correva eccitatissima in direzione dell’amico, e con tanta fretta da perdere quasi l’equilibrio. «Tilly mi ha scritto, avevi ragione!»
Il vecchio sorrise mentre Anna prendeva posto accanto a lui, apriva la busta e cominciava la lettura.
«Cara mammina» così si rivolgeva la bambola ad Anna, colei che l’aveva custodita e amata sin dal primo giorno. «Sono partita per conoscere il mondo e la gente, per imparare tante cose e fare tante esperienze. Non ti ho abbandonata, sarò sempre vicina al tuo cuore e scriverò spesso per raccontarti ogni cosa. Oggi mi trovo a Parigi e… »
La lettera continuava parlando della bellissima città, dell’incontro con un buffo mimo di strada che le aveva fatto la linguaccia, dei mitici magazzini Lafayette, dove c’era un’intero piano di giocattoli e a lei sembrava di essere finita in paradiso! Descriveva il magico brillio della luna sul fiume Senna, le fantasmagoriche insegne dei locali, la poesia del mercato dei fiori, il carretto pittoresco dell’uomo che vendeva sacchettini di lavanda.
Finita la lettura ad Anna brillavano gli occhi; l’era sembrato di passeggiare per Parigi accanto a Tilly e di vivere con lei ogni cosa.
Dopo due settimane arrivò la seconda lettera. Ancora una volta la bambina corse al parco dal suo amico per leggere insieme al vecchio le avventure di Tilly, la bambola giramondo. Questa volta stava seguendo il percorso del fiume Danubio e – perdindirindina – l’acqua era davvero blu come aveva sentito dire! Lungo quell’itinerario c’erano paesini mediovali, ciascuno con la sua piccola cattedrale gotica e qualcosa di magico nell’aria, qualcosa che sembrava aver sospeso il tempo in un’epoca di re e regine, maghi e fate, streghe e mistero. Poi era giunta nella raffinata Vienna, dove aveva mangiato tanti tipi di pane squisito fatto con mille varianti di farine e frutti secchi, si era seduta nei piccoli caffé per gustare fette della celebre torta al cioccolato, e visto negozi di giocattoli con le bambole più belle del mondo. Creature celestiali dal fortunato destino, perché ovviamente – dato l’alto prezzo – sarebbero finite tra le mani di ricche bambine, avrebbero vissuto in case sontuose e giocato insieme ad altri magnifici, costosi giocattoli. Tuttavia quelle bambole tanto belle e tanto ben agghindate erano tristi.
«Sai» aveva detto una di loro, una dal volto incantevole, i boccoli d’oro e vestita di seta e crinoline. «In realtà non abbiamo la fortuna che credi: diventeremo il dono per qualche bambina viziata che ha tante altre belle bambole, e molto presto saremo dimenticate in un angolo di armadio, o chiuse in una scatola, al buio, nel silenzio della solitudine». Tilly scriveva che dopo una tale rivelazione si era sentita molto fortunata perché lei aveva ricevuto ciò che conta davvero: il calore dell’affetto e la gioia del tempo vissuto insieme.
Trascorsero i mesi, e puntualmente ogni quindici giorni Anna riceveva una lettera da Tilly. Erano tamente belle ed epiche le sue avventure da coinvolgere e appassionare anche i genitori della bambina, e gli amichetti, e la gente del quartiere che tempo addietro si era spesa nel cercare la bambola. Tutti fermavano la bimba per chiedere aggiornamenti sulle vicende un po’ folli della pupattola girovaga.
Nei primi mesi la gente si era chiesta chi ci fosse dietro a quelle lettere, perché era ovvio a tutti – tranne ad Anna e agli altri bambini – che l’artefice non poteva essere davvero una bambola! Tuttavia, per non distruggere un sogno tanto bello, nessuno fece parola di questo con Anna, e poi era una faccenda così divertente e originale che le persone pian piano presero l’abitudine di parlarne come se fosse tutto vero, come se una bambola potesse realmente girare il mondo e scrivere lettere! Quella posta quindicinale diventò una consuetudine e un appuntamento fisso che aveva unito ancora di più la comunità; forse si sentivano tutti parte di una grande famiglia, e con qualcosa di molto speciale – probabilmente unico – da condividere.
Tutti tranne ovviamente i Malacorda, diventati ancor più antipatici per l’invidia: la gente di quel tipo non sopporta l’altrui felicità, proprio come il male non tollera il bene.
Il tempo passava, ma dopo venti, lunghi anni, le mitiche lettere giungevano ancora a destinazione ogni quindici giorni, e ogni volta Anna – ormai un’adulta – le apriva con la medesima gioia ed emozione di quando era bambina. Quante cose aveva imparato da quelle lunghe lettere! Dai racconti sempre densi di preziosi insegnamenti sulla vita, sulle fragilità dell’animo umano, sulle bellezze della natura, sui segreti delle galassie e sulle leggi divine che governano l’uomo e l’universo. Quanto era cresciuta forte, e assennata, e nobile alla luce di tanta saggezza! Sapeva di aver vissuto un’esperienza straoridinaria, e di essere molto fortunata per il privilegio di quel dono dal valore inestimabile. Un dono che aveva arricchito non soltanto lei ma anche la gente del quartiere e tutti quelli coinvolti nella storia, perché le cose buone sono contagiose, e fanno brillare come diamanti preziosi tutto ciò che toccano.
Un giorno il postino consegnò una lettera molto speciale perché si trattava dell’ultima; Anna sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato perché nonno Berto era diventato vecchio, tanto vecchio da essere quasi centenario!
Sì, aveva capito da molto tempo che le missive di Tilly erano in realtà opera sua, e Berto naturalmente sapeva che Anna sarebbe cresciuta e avrebbe capito la verità. Tuttavia entrambi continuarono a fingere che Tilly vivesse quelle avventure viaggiando da un angolo all’altro del pianeta, e persino su pianeti ancora sconosciuti. In uno scambio meraviglioso d’amore e amicizia, Berto aveva donato a una bambina tutta la sua cultura e la sua saggezza, e aveva ricevuto in cambio una ragione per vivere. Una ragione talmente forte da averlo mantenuto vivo e in salute per un tempo lunghissimo.
Anna lesse quell’ultima commovente lettera al capezzale di nonno Berto, mentre gli teneva la mano. E quando una lacrima le cadde sul foglio, finì come una piccola lente d’ingrandimento proprio sulla parola amore, mentre l’uomo donava all’amica forse un ultimo sorriso. Ma non si dissero addio. Avevano percorso tanta strada insieme un vecchio, una bambina e una bambola; con la fantasia avevano potuto visitare le vette dell’Himalaya e i più alti monasteri del Tibet, le isole da paradiso dell’oceano Pacifico e le spiagge assolate della California, le piazze più famose ma anche l’Antardide inaccessibile, e persino le terre magiche di fate, streghe e folletti. Erano fuggiti da maghi neri e avevano ballato con gli indiani attorno al fuoco, cantato canzoni al vento e respirato la magnificenza dei tramonti. Un giorno sarebbero di nuovo stati insieme quei grandi amici, per continuare le loro scorribande in un altro tempo e in un’altra dimensione: l’amore non ha confini e vive nell’eternità.
Grazia Catelli Siscar
Immagini fornite dall’autrice, raccolte in rete.
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Storia deliziosa,ricca di valori positivi,che ti trasporta nel mondo magico dei bambini dove il sogno e’ancora possibile