Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

3.DIARIO DI ALCHIMIA – I

19/05/08

“credo che si diventi alchimisti come ci si innamora: misteriosamente e incomprensibilmente” Anonimo (da: Lettere Mussulmane, Paolo Lucarelli – promolibri magnanelli).

…in effetti, è così, è come un Senso che divampa all’improvviso, nei pressi di un libro, di una frase, di una vecchia stampa o di un quadro antico, che abbiano relazione con l’alchimia.

Il mio incontro avvenne in Umbria, un giorno di marzo del ’91, uggioso, quando dalla libreria di un’amica estrassi come una spada dalla roccia le “14 lezioni di Alchimia” di Julius Cohen. Ricordo vivamente ancora oggi le sensazioni da innamorato, mentre frenetico sfogliavo il libro qua e là con lo sguardo di chi ha ritrovato la strada di casa. In questi anni ho imparato che l’Alchimia è un po’ una predisposizione, e l’ho imparato a fatica, perché sono sempre stato convinto che la conoscenza sia per tutti e non per pochi… e non ho cambiato idea, ho solo dovuto riconsiderare la questione : lentamente ho preso atto che l’alchimia è un percorso che richiede delle referenze. Ad esempio, non è adatto per chi ancora ha bisogno di figure esterne, di maestri, per chi esercita quindi la devozione esteriormente; dico esteriormente perché non è la devozione in sé il problema, ma la natura del suo oggetto. L’Alchimista prova devozione verso la Vita, la Natura, il Divino nelle Cose. E i maestri? Possibile che non siano più necessari? In realtà, chi si avvia in quest’Arte sviluppa un senso di gerarchia, una gerarchia naturale, vibratoria, in altre parole distingue molto velocemente chi è sveglio da chi ancora dorme nel suo corpo, ben sigillato al suo IO anagrafico.

Non è più condizionato dai maestri esterni, collettivi, dalle spiritualità accettate o da quelle moderne, vede semplicemente degli Intermediari .

“separerai il sottile dallo spesso, lentamente, con grande cura, per la meraviglia di una cosa unica” Tavola di Smeraldo

Un’altra referenza sta nell’aver operata la distinzione tra Essere e Avere: l’alchimista si accorge che prima di “innamorarsi” voleva Avere luce, conoscenza, pace, gloria, dio, amore, benessere, non curandosi della contraddizione che comporta, nel senso che non posso Averle queste cose… posso solo Esserle!

Esserle vuole dire che ci si è guardati all’interno, affrontato lo spavento, pianto di fronte alla Tribù come facevano gli Amerindi a che si diventasse Uomini o Donne. Esserle vuol dire diventarle, quindi modificare la propria struttura educativa, psicologica, persino fisica, quindi impegno, responsabilità, il coraggio del cambiamento e di ciò che implica.

Circa 8 anni fa, ero nel mio studio, 10 anni dopo il primo libro che mi fece “innamorare”, e tra mille carte sul tavolo da risolvere mi sentii libero e sereno, sorridente; vivevo sceneggiature sentimentali disastrose, ma mi sentivo libero; come dal più banale dei copioni non avevo una lira, ma ero Pieno, traboccante di libertà; guardavo anche ad alcune mie lacune, tendenze, dipendenze, con affetto, situazioni che oltre alle responsabilità dell’anima, riguardavano maggiormente le eredità genetliache del corpo e di un ambiente sociale inadatto allo sviluppo dell’Uomo; Le maschere dell’Avere erano sconfitte, e sapevo che non era una meta, ma solo l’inizio del lavoro sull’Essere. Solo in questa libertà l’alchimia ha iniziato a svelarsi, in mille modi, spesso anche bizzarri, quotidiani, inaspettati. Prima, non sarebbe stato tecnicamente possibile.

Continua..

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