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03. PLUTARCO E IL SOGNO COME SINTOMO…

PLUTARCO E IL SOGNO COME SINTOMO DELLA MALATTIA DELL’ANIMA

Plutarco fu uno dei filosofi antichi che più di tutti seppe coniare la speculazione filosofica con l’esigenza della vita pratica. La sua attività teoretica e speculativa sul significato e lo scopo della filosofia è sempre accompagnata da un impegno pratico, in grado di rendere la filosofia una forma di sapere vissuto…

Gli esempi più interessanti e più attuali della filosofia pratica di Plutarco sono i Moralia, una raccolta di saggi di argomenti più disparati ma che, nella maggior parte dei casi, si occupano dei problemi di vita comune. Spesso i suoi brevi saggi, come La loquacità, La passione della ricchezza, Invidia e odio, La curiosità, Sul controllo dell’ira etc. sono dei veri e propri esempi di “terapie dell’anima”, che si occupano di descrivere un vizio per poi prescriverne il rimedio.

Questo perché Plutarco, nella propria filosofia, riprende la concezione socratico-platonica espressa nell’Alcibiade I, secondo la quale la cura della propria psiché sia il punto di partenza dal quale ogni uomo deve muovere i propri passi, qualsiasi sia l’azione da intraprendere. Ne consegue che, mettendo a confronto le malattie del corpo e quelle dell’anima, le secondo sono più gravi per una serie di motivi.

Anzitutto, le malattie del corpo sono dettate principalmente dalla casualità; non scegliamo volontariamente di essere malati. Al contrario, le malattie dell’anima, ossia i vizi, dipendono sempre dalla nostra volontà che ci impedisce di compiere progressi e ci rende schiavi impotenti.

Questo perché l’uomo è essenzialmente cieco alle malattie dell’anima; il suo primo errore sta nel non conoscerle, nell’ignorarle o addirittura nel non dargli il giusto peso. Infatti, mentre la malattia del corpo si manifesta con evidenti sintomi fisici, che spesso inducono dolore e portano a cercare di risolvere la situazione, i sintomi delle malattie dell’animo sono spesso invisibili o, peggio ancora, assuefanno il malato facendogli credere di essere sempre nel giusto, facendogli amare la malattia.

Tale atteggiamento rende difficile curare i propri vizi, ma con l’accurato esercizio filosofico è possibile imparare a riconoscere i sintomi delle malattie del proprio animo. In ciò, un ruolo essenziale è svolto, secondo Plutarco, proprio dal sonno e dai sogni.

I sogni sono uno specchio dell’anima; essi riflettono la sua immagine. Concetto che non solo anticipa le moderne teorie psicopatologiche basate sui sogni, ma che addirittura lo oltrepassano.

Mentre per alcune correnti della psicologia il sogno testimonia un processo inconscio inaccessibile, nel quale si sedimentano le nostre turbe, per Plutarco e per i filosofi antichi il sogno è un riflesso di ciò che siamo. E ciò che siamo, ossia l’immagine riflessa, dipende da noi stessi; non siamo noi a dipendere dall’inconscio e dai sogni, sono l’inconscio e i sogni a dipendere da noi, nel momento in cui siamo in grado di estirpare i nostri vizi. Per questo in uno dei Moralia più belli di Plutarco, ossia Come valutare i propri progressi nella virtù, il filosofo greco considera proprio il sogno e la sua analisi come un esercizio spirituale, un banco di prova per comprendere se effettivamente siamo stati in grado di progredire nella virtù.

I sogni sono infatti, anche per Plutarco, la manifestazione più pura e sincera dei nostri desideri, che si manifestano senza filtri quando essi, nel sonno che ci priva sia di vincoli sia di osservatori, possono dar libero sfogo alle loro fantasie. Ne consegue che sogni puri indicano un’anima altrettanto pura, che è stata in grado di lavorare su se stessa per risolvere i propri vizi, le proprie turbe, i propri limiti e, soprattutto, i desideri smodati che incatenano alla mera materialità. Al contrario, sogni impuri sono il sintomo di una malattia dell’anima, intesa non come una “nevrosi” incontrollabile, ma come un elemento della nostra interiorità sul quale possiamo lavorare, per migliorare noi stessi.

La superiorità di questa pratica rispetto all’ormai imperante psicoterapia sta nel fatto che non si occupa dei “malati gravi” o delle “patologie mentali” così come le intendiamo oggi, ma dell’uomo “sano” e “comune”, che tuttavia è spesso reso schiavo dai propri vizi senza che ne sia consapevole.

La psicoterapia, concentrandosi soltanto sui casi limite, tralascia il male quotidiano che investe ogni persona senza nemmeno che ella se ne accorga. Un male che ci ostacola a vivere, che ci impedisce di essere felici sostanzialmente perché impedisce di essere liberi. La filosofia si mostra dunque come una pratica che impegna tutte le fasi della vita. Essa è onnipervasiva e Come sottolinea Focault ne La cura di sé e ne L’ermeneutica del sé, la grandezza degli esercizi filosofici antichi – come, in questo caso, nell’analisi del sogno atta a migliorare se stessi e non a scoprire delle turbe nascoste – risiede nel dare all’individuo i mezzi per essere in grado di conquistare la propria libertà da solo, senza mettere in mano questo processo ad altri, sia esso il prete o lo psicologo.

Daniele Palmieri

 

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Immagine (particolare): Il sogno di Ossian, cm. 348 x 275, Musée Ingres, Montauban.

 

Daniele Palmieri è autore del libro Autarchia Spirituale

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