Gli studi archeologici e antropologici spesso ben si sposano con le tradizioni misteriche ed esoteriche in quanto – volendo – si possono diversamente integrare nella formulazione di una sorta di meta-storia di cui avrò modo di dare qualche cenno anche in questi post, partendo, in questo caso, da considerazioni di stampo archeologico.
Le cronache, le interpretazioni e le mitopoiesi della meta-storia umana sono per lo più di matrice teosofica e post-teosofica (a loro volta ispirate a contenuti vedici, egizi, babilonesi, sumeri, nordici ed ermetici) fino ad arrivare ad alcune pseudo-storie raccontate dalle moderne scuole di ascensione e di canalizzazione, sebbene queste ultime innovative più che altro per la esplicitazione del fenomeno ufologico nei suoi vari “tipi”. Gli scenari della ricerca scientifica e para-scientifica sono però sempre aperti, sia verso il passato sia sul presente, tra miti e storia, modelli e opinioni, realtà e convenzioni.
L’archeologia misterica, così come l’antropologia del sacro, è oggi più che mai impegnata sul fronte di congetture alternative e ricerche di confine: storie e fisiche “altre” dell’umanità terrestre, tra miti, archetipi e ipotesi alla ricerca delle tracce, dentro e fuori di noi, di origini e destini possibili. E’ sempre più un tuffo nel passato – ma anche nel profondo – per ricomporre le coordinate della nostra “attualità” eidentità spirituale.
Gli archeologi più tradizionalisti evitano ancora di prendere in considerazione questi misteri perché sanno bene che, nella maggior parte dei casi, si rischierebbe di dover riscrivere molte pagine dei nostri libri di storia.
Ad esempio, ancora oggi semplicemente considerare la questioneAtlantide è un grosso problema per gli scienziati: non si tratta più solo di una vicenda che coinvolge la geologia, la geografia, l’antropologia e le scienze fisiche, ma è qualcosa che va a minare quelle categorie mentali alle quali ormai lo scienziato accademico si è abituato a fare riferimento.
Il problema di Atlantide oggi non è più (o non è soltanto) un problema scientifico, ma un problema per così dire “ideologico”: non riguarda solo la geologia, la geografia, l’antropologia, cioè le scienze “fisiche”, ma è andato oltre, giungendo al “metafisico”.
Infatti l’odierno rifiuto di prendere in considerazione la vicenda di Atlantide, così come narrata da Platone nel Timeo e nel Crizia, ha solo in superficie una motivazione scientifica: in realtà si tratta di qualcosa di più profondo. Il rifiuto di Atlantide, cioè dell’esistenza 12000 anni fa, al termine dell’ultima era glaciale, di una civiltà superiore, nel senso non semplicemente materiale ma anche spirituale, nasconde una presa di posizione ideologica.
Ammettere l’esistenza di Atlantide implica ammettere una serie di conseguenze che entrano in palese contraddizione con i postulati in cui crede (o dovrebbe credere) fermamente l’uomo moderno in generale e lo “scienziato” in particolare: l’illuminismo, il positivismo e il razionalismo hanno dato luogo ad una cultura dominante superficiale, ad una società consumista, e ad una mentalità tanto ristretta e limitata.
Prendere sul serio Platone significa respingere praticamente in blocco i pilastri ideologici su cui si basa il pensiero accademico, dal darwinismo al concetto stesso di “storia”.
Ecco perché l’ipotesi Atlantide viene negata dagli scienziati, anche se, per forza di cose e a suon di prove e scoperte ineludibili, alcune profonde crepe si stanno rendendo sempre più visibili nell’edificio della cultura e della mentalità accademica….
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