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Maggio 2010

12. IL CULTO DEL SERPENTE

Il mistero dell’Energia e della Saggezza primordiale nei Culti del Serpente

Secondo le antiche cronache, i leggendari fondatori delle prime grandi civiltà umane quali l’Egitto, l’India, la Cina, la Mesopotamia, le civiltà del Nord-Europa e le Americhe erano “i Serpenti della Saggezza” e così venivano raffigurati e rappresentati nei miti antichi, come Maestri Spirituali – associati dunque ai culti del Serpente o dell’”Energia del Serpente” – che giunsero sul nostro pianeta da terre e dimensioni lontane. Le stirpi e i lignaggi sacerdotali che hanno presieduto e guidato la nascita e lo sviluppo di straordinarie civiltà, a capo delle rispettive tradizioni misteriche e iniziatiche, hanno nomi che richiamano l’etimo del serpente o del dragone, come Naga, Lung, Djedhi, Amaru, Quetzlcoatl, Adder ecc.

In molte aree del mondo permane il ricordo di un tempo in cui esseri con poteri e conoscenze speciali visitarono il pianeta. L’antropologia del sacro afferma che questi esseri, direttamente collegati con lo Spirito, vengono ricordati e rappresentati come draghi o serpenti della Sapienza, ovvero come i figli dei Creatori.

Sono i Chohans Dhyan della tradizione indù, i “draghi di fuoco della Sapienza” allo stesso modo fondatori della saggezza cinese, ma anche i detentori dell’energia primordiale in ognuno di noi assopita e pronta per essere finalmente risvegliata. I Chohans Dhyan sono i veicoli per la manifestazione del Pensiero e della Volontà Divina, esattamente come vengono evocati dai magisti o percepiti dagli yogi così come dagli sciamani e dai nativi mesoamericani durante i loro stati di estasi, sebbene diversamente provocata.

Gli Esseri chiamati “creatori” sono i primi figli di Dio o figli degli Dei, noti come “draghi di fuoco della Sapienza“, i Kumaras che fondarono Shamballa ai primordi della storia terrestre, i grandi istruttori e iniziatori dell’Umanità, i serpenti della Sapienza, emanazione della Coscienza Universale e dei Creatori che rivelano i misteri della razza umana.

Dopo Lemuria, durante il periodo di Atlantide, quando gli esseri umani “hanno perso la facoltà di comunicare con il Cielo”, i serpenti della Sapienza si sono manifestati nuovamente per creare le scuole misteriche: Enoch, Toth/Hermes, Orfeo non sono esseri specifici ma la rappresentanza di una categoria di esseri: i custodi dell’umanità e i maestri di saggezza.

L’Archeologia e l’Antropologia si imbattono puntualmente in tali rappresentazioni, eventualmente demonizzate dalle religioni monoteiste e dai rispettivi regimi dominanti la cui politica di controllo e di manipolazione non poteva che opporsi a qualunque forma di risveglio della saggezza, dell’energia e della consapevolezza individuale.

Da un estratto del mio recente libro Nient’altro che Sé Stessi:

Stando alle ultime ardite ipotesi del “filone David Icke” extraterrestri rettiliani/draconiani mutaforma giunsero da Alpha Draconis ai tempi dei Sumeri, per fondare la loro stirpe, la cosiddetta “Fratellenza di Babilonia” (che forse altro non è che una fantasiosa reinterpretazione dell’antico culto di Shaitan, che ben si presta per dare uno sfondo satanico alla faccenda, tutto fa brodo…), e costituirebbero o, per lo meno, supporterebbero e guiderebbero quella oscura élite globale che governa il nostro mondo e che ci rende sempre più inermi, inconsapevoli e schiavi.

Certo, complotti e cospirazioni fanno parte della storia da sempre, a tutti i livelli e su tutti i piani, e non posso certo negare che una grande cospirazione esista, tuttavia, per fare un po’ di ordine tra le varie interpretazioni, conclusioni (e strafalcioni), cerchiamo di conservare una visione multidimensionale, e casomai antropologica, dell’universo e della coscienza, prima di parlare di rettiliani che invadono la Terra e si camuffano da George Bush.

Prima di tutto non dobbiamo confondere i culti draconiani con la faccenda dei rettiliani e delle cospirazioni.

Per culto draconiano si intende il culto del serpente di fuoco (rappresentato astronomicamente dalla costellazione del Drago, Draco in latino) celebrato nell’Egitto pre-monumentale, che riprende e consolida tradizioni magiche africane ancora più antiche, che si perdono nella notte dei tempi. Il culto draconiano può anche essere identificato con la “tradizione tifoniana” o con la “corrente ofidiana”, quando non associato al periodo egizio. Vi sono inoltre numerose relazioni tra il culto draconiano/ofidiano e le correnti tantriche legate al cosiddetto Sentiero della Mano Sinistra (Vama Marg) ed al culto della dea Kali.

Tradizionalmente possiamo individuare due aspetti del “serpente”: da una parte una forza generatrice e creativa, dall’altra una potenza tanto dirompente che, se fuori controllo, ci domina e ci distrugge. Parliamo di energia sessuale, di istinto, di forza vitale e naturale grezza, “base dell’opera”, energia dunque da guidare e da raffinare, ovvero da spiritualizzare. Questo è il Dio Occulto, o Kundalini, da risvegliare dentro di noi, che può essere Dio oppure Bestia, Sobek amico di Horus, oppure Aphopis, terribile nemico dell’Uomo. Sono entrambi rettili (l’istinto primordiale) e quindi riferiti alla costellazione del Draco, che, ai tempi dei miti in questione, era la stella polare.

Anche la Grande Piramide si orienta sui due poli: Orione e Alpha Draconis, i due aspetti della natura umana.

Il Drago che dunque rappresenta l’istinto da dominare o dal quale essere dominati rappresenta l’indispensabile occasione evolutiva, ma anche la tentazione, il giogo degli istinti.

L’evoluzione della Coscienza va, idealmente, di pari passo con l’evoluzione della Vita. Sul nostro piano i rettili (di cui conserviamo “memoria” nel nostro cervello appunto “rettile”, quello più legato agli istinti reattivi) rappresentano una fase primitiva e la linea evolutiva che non abbiamo seguito (per questo forse ci impressionano?) ma dalla quale siamo ovviamente passati. Quello è l’aspetto fisico e “spirituale” primitivo, che costituisce la base della nostra energia vitale, creativa e distruttiva.

L’evoluzione si gioca sull’equilibrio dinamico di queste due polarità, contenute entrambe nella nostra natura e nella nostra anima.

Forse i “rettiliani” non sono altro che una proiezione della parte inferiore del nostro “ego” che cerca di sopravvivere, di sopraffarci, e diventano sempre più “veri” quanto più insistiamo a nutrirli e a proiettarli fuori di noi, ma che sono forse meno “extra” e più “intra” di quanto immaginiamo.

Noi nutriamo l’ologramma universale di “archetipi derivati” (e spesso deviati) e la nostra realtà prende le forme delle nostre suggestioni, paure, incubi, delle nostre lotte intime, che proiettiamo in simboli che diventano vivi e reali, nei miti antichi come in quelli moderni, e i nostri fantasmi, che prima erano orchi e demoni, diventano solidi dischi volanti e lucertoloni pervertiti.

Noi siamo, che ne siamo consapevoli o meno, co-creatori di una realtà consensuale che trae nutrimento dagli archetipi dell’inconscio collettivo. In pratica, proiettiamo ciò che abbiamo all’interno. E cosa abbiamo all’interno? Come nutriamo, come educhiamo, come guidiamo ciò che abbiamo all’interno? Questo è il problema.

E i due poli sono sempre lì, bene e male, i rettiliani come i pleiadiani di luce, tutti parassiti che cercano di sopravvivere, tutti lì a nutrirsi delle nostre illusioni… ma quando cresceremo? Quando matureremo una più elevata visione della realtà e di noi stessi? Quando sapremo condurci verso la nostra reale natura superiore, al di là del bene e del male?

Forse allora smetteremo di vedere diavoli che impossessano e madonne che piangono, alieni che devono venirci a salvare oppure che ci rapiscono, ci violentano, si cibano di noi, e dirigono le sorti del nostro mondo.

11. L’ORIGINE SPIRITUALE DELL’UNIVERSO, DELLA VITA E DELLE CIVILTA’

John M. Jenkins è un ricercatore indipendente da decenni impegnato nella ricostruzione della cosmologia e della filosofia Maya. Dal 1986 ha viaggiato in Messico e in America centrale compiendo numerose ricerche sul campo. Nel 1990 ha contribuito a costruire una scuola a San Pedro, vicino al Lago Atitlan in Guatemala e nel 1994 ha personalmente guidato una campagna di soccorsi alla comunità Quiché Maya negli altopiani occidentali del Guatemala.

Sin dall’inizio del suo lavoro con i Maya, dagli anni ’80, ha scritto decine di articoli e molti libri sull’interpretazione del calendario Maya e sul tema del 2012, quando ancora si era ben lontani dal parlarne in forma così diffusa.

John ha tenuto corsi presso l’Istituto di Studi Maya a Miami e presentato i suoi studi sul calendario Maya al Congresso Maya in Messico, all’Istituto Esalen, alla Naropa University e in numerose altre sedi internazionali. Sua è la prefazione al libro di Geoff Stray’s Dopo il 2012, e numerose le sue interviste alla radio e alla televisione, tra cui a Discovery Channel e History Channel. Contrario alla diffusa fantasia catastrofista, è stato il principale consulente per la realizzazione del recente documentario “2012: l’Odissea”, non ancora edito in Italia.

Ecco un interessante estratto dell’intervento di John Major Jenkins all’International Conference on Ancient Studies (Dubai, Febbraio 2010):

10. IL MISTERO DELLO ZED – PARTE 3

(Continuazione dell’intervista ad Armando Mei – terza e ultima parte)

– Dov’è finito questo sapere antico?

Gli antichi testi richiamano il misterioso Potere dell’Energia! “Quando la Torre rovinò a terra… nel tempo della caduta degli Dei…”. Il Capitolo XVII del Libro dei Morti sembra chiarire un dato incontrovertibile: dietro le formule rituali si nascondono episodi di inequivocabile rilevanza storica. Sono tramandate nelle forme orali e giungono dopo millenni alle discendenti popolazioni ridotte allo stato semiprimitivo dalle catastrofi planetarie, geologicamente accertate tra il 25.000 e l’8.000 a.C..

Esse vengono raccontate con straordinaria semplicità utilizzando concetti elementari ma estremamente efficaci: “Sono [le gocce di] sangue sgorgate dal phallus di Ra dopo che si mutilò da se stesso… E’ il giorno del combattimento tra Horo e Set… ed è Thoth che ha messo in ordine tutto ciò con le sue proprie dita”.

La rivolta dei Sebau (uomini di Set ed una volta seguaci di Ra), raggiunge il proprio apice quando viene mutilata la Colonna di Ra (volontaria o provocata?). In questa intensa visione della storia due eventi si celano: la rivolta contro Ra il quale si “mutila” di una parte del proprio seguito, e la distruzione del sistema della Colonna (Zed). I “Signori di verità e giustizia, divine potenze che siete dietro a Osiride, che portate la distruzione alle menzogne…” inviano Thoth, il semidio, l’essere umano iniziato dagli “Dei”, a realizzare, con la propria arte, il nuovo ordine sociale che non potrà mai più essere tecnico-scientifico. E’ così che “I Signori di Giustizia e Verità sono Thoth…”

Il Libro narra di rovina e distruzione. Ma come è stato possibile, ci chiediamo, che una civiltà così progredita abbia potuto perdere o rovinare le opere grandiose che aveva costruito? Ci rifacciamo alla solita ricerca a largo raggio. Comuni a gran parte della cultura terrestre, narrate nella tradizione di quasi tutti i popoli che abitano il pianeta, troviamo le ataviche catastrofi geologiche.

– Arriviamo al diluvio…

Sì, potremmo continuare il nostro lavoro col parlare del “Diluvio Universale”, per assecondare l’ordine culturale dell’indagine, arricchendola di contenuti storici a noi vicini. Ma il lettore è certamente a conoscenza degli sconvolgimenti planetari, di eguale portata, avvenuti tra 50.000 e 45.000 anni fa. Così come l’evento su cui c’è grande concordanza tra gli studiosi: l’effetto catastrofico, verificatosi tra il 30.000 ed il 26.500 a.C., che determinò lo spostamento delle masse continentali con conseguenti maremoti e terremoti, i quali causarono l’inabissamento delle terre emerse tra il continente africano e quello americano. Ci sono tracce che legano tali avvenimenti alla distruzione repentina di una civiltà progredita (Atlantide?).

– Il richiamo al Diluvio o ai cataclismi antecedenti può essere collegato allo Zed?

Pensiamo per un attimo al collasso del “mostro”, alla sua energia liberata ed ora svincolata dalle lastre di granito che gli imponevano un ordine assoluto. Se in Ucraina come in altri luoghi, le centrali nucleari provocarono disastri “circoscritti”, la massa energetica dello Zed concorse, in modo determinante, al cambiamento geofisico e climatico del nostro pianeta? Siamo davanti ad uno dei disastri citati precedentemente? “La Torre crolla e gli Dei cadono”, sono citazioni concomitanti; fu una tragedia voluta, programmata in tutti i suoi dettagli? Tutto ciò è possibile, poiché la Tradizione fa riferimento ad una Potenza superiore che decide, ancora una volta, di punire i disobbedienti. E’ come la triste “soluzione finale” di più recente memoria.

“Quando la Torre rovinò in terra si interruppe ogni comunicazione con il ‘Duat’”. I segni della drammatica battaglia tra due opponenti sono chiaramente descritti, sempre nel Capitolo XVII del Libro dei Morti, allorquando Ra – associato al gatto, felino di straordinaria intelligenza e furbizia – dice: “Io sono questo gran gatto che si trova al lago dell’alveo di Persea in On quella notte della battaglia in cui fu compiuta la sconfitta dei Sebau e quel giorno dello sterminio degli avversari del Signore dell’Universo… E riguardo alla notte della battaglia è quando arrivarono all’oriente del cielo e vi fu battaglia in cielo e sulla terra sino ai suoi estremi confini.” Da questo epico confronto tra forze contrapposte, volutamente celato nell’ermetica cosmologia religiosa, che coinvolge il cielo e la terra fino ai suoi estremi confini, si interrompe la funzione della Colonna Zed.

“Ed è Thoth che, sollevando la capigliatura, apporta vita, salute e forza, senza interruzione per il suo possessore”. Quale straordinaria metafora per sostenere come, alla fine della tenzone, Thoth si libera del proprio “cimiero” per ritornare alla sua naturale funzione di “Maestro Istruttore” delle popolazioni sopravvissute fino alla fine del proprio tempo. Nel Capitolo XVII, ancora, si legge: “In quella notte di festa del Lavorare la Terra (in Djedu) con il sangue che rende giustificato Osiride contro i suoi avversari… Ed allorché arrivano gli alleati di Set, essi fanno le loro trasformazioni in animali e poi li uccidono alla presenza di questi dei sino a che sgorga il loro sangue…”. Si conclude così, con l’annientamento fisico delle genti di Set, la battaglia per la conquista del Potere dell’Energia.

Set e le sue genti hanno tentato di conquistare la Colonna Zed, poi mutilata (o bloccata nelle sue funzioni), ora hanno perso la battaglia e, davanti agli dei vincitori, i Grandi Giudici indossano i loro elmi così da sembrare animali (emblematiche le raffigurazioni antropomorfe degli dei egizi) per uccidere (fino a che sgorga il loro sangue…) i ribelli.

Nello stesso capitolo, si evince chiaramente il motivo della battaglia: “Le erezioni delle aste di Horo è la frase di Set ai suoi seguaci: si alzino qui i pilastri”… Nel Capitolo XIX, si cita: “La notte della battaglia e della sconfitta dei malvagi, innanzi ai Grandi Giudici di Abydos, la notte in cui Osiride è reso giustificato contro i suoi avversari… innanzi ai Grandi Giudici che sono in Djedu, la notte dell’erezione dello Djed, in Djedu”, è il momento in cui viene ricostruita la Colonna Zed, la cui funzione energetica è persa o sospesa per sempre, nella terra dello Djedu (Giza).

La conquista del Potere dell’Energia ci spinge inevitabilmente verso due ipotesi.

La prima è legata alla ricerca di una ipotetica “soluzione finale” di cui parlavamo in precedenza e di cui gli antichi testi, come descritto, ne tramandano testimonianza. Ma sembra altrettanto interessante pensare che un solo Zed (quello del Mar del Giappone governato dal dio conosciuto in Egitto con il nome di Atum?), sia sfuggito di mano a chi lo governava ed abbia liberato tutta l’immane energia di cui era depositario. Il cataclisma che ne derivò, lo precipitò irreparabilmente sott’acqua (la “Grande nell’Abisso del Mare”, come cita il Libro dei Morti). Ed a niente valse disattivare le altre strutture continentali: la tragedia era compiuta. Un errore, quindi, che tutto distrusse, cancellando tutte le forme di quella civiltà di alto livello tecnologico.

Chi si salvò, si trovò senza mezzi e materiali, e dovette cominciare daccapo. In più, fu costretto ad adattarsi ad una nuova condizione senza l’ausilio della macchina. E, nel tempo, conobbe la propria involuzione.

– Beh… E’ tempo di rinascita non trovi?

“Lo Zed, orientato secondo l’asse del mondo dovrà ristabilire il patto d’alleanza con la preesistenza, per la trasmutazione dell’uomo nel suo archetipo divino”. L’orientamento dello Zed segue il divenire delle cose. Esso sintetizza le dinamiche astronomiche, allorquando lo Zed è associato all’Albero, simbolo dell’asse terrestre nelle mitologie ermetiche antiche. Nel caso specifico, invece, il Capitolo XVII del Libro dei Morti propone l’ermetico: “Osiride entra in Djedu e ha ivi trovato l’anima di Ra: le due anime si abbracciano reciprocamente divenendo due anime gemelle”. Lo Zed conferisce a chi utilizza la propria energia di essere tutt’uno con gli dèi che lo hanno utilizzato nelle epoche remote. E’ un tecnicismo per descrivere il potere della conoscenza che conferisce all’uomo un potere divino… La riscoperta delle sue funzioni restituirebbe il Potere dell’Energia all’uomo conferendogli gli antichi poteri, propri degli uomini-dei descritti nel Libro dei Morti. Sarebbe il nuovo “patto d’alleanza con la preesistenza”.

Riconoscere l’esistenza di una civiltà antecedente alla nostra preistoria, che impose il proprio dominio sul Pianeta e irrimediabilmente travolta da tragici eventi è un fatto confermato dagli Antichi Testi. Tutto questo potrebbe farci ritrovare la nostra antica natura, che è ancestrale, che portò la nostra specie a dominare su tutte le cose del pianeta e che, nel perfetto equilibrio di una nuova era, ci darebbe il ricordo e la riconquista del nostro archetipo divino.

09. IL MISTERO DELLO ZED – PARTE 2

(Continuazione dell’intervista ad Armando Mei) – Vogliamo legare lo Zed al Libro dei Morti e quindi ai segni di un’antica scienza? “Nella piramide di Cheope uno Zed gigantesco conferisce al Faraone l’immortalità e gli permette l’ingresso nel mondo dell’aldilà”. Questo concetto trova la sua origine nel Capitolo Primo del Libro dei Morti, allorquando Thoth (generalmente associato alla conoscenza) …

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