Forse più di una volta, osservando alla fine di una giornata il cielo sereno, ci sarà capitato di confrontare lo spettacolo del tramonto con quello dell’alba. Effettivamente tra i due momenti, carichi di valenze simboliche oltre che di pura bellezza, esiste una singolare somiglianza, tanto che a prima vista in una cartolina (se si usa ancora) o comunque in una fotografia potremmo esitare a riconoscere quale dei due sia rappresentato. La natura sembra suggerirci insieme al pensiero della fine quello dell’inizio, anzi, più precisamente, pare fonderli in un unico pensiero, quello della continuità della vita. Giustamente è stato detto che «ogni fine è un nuovo inizio», ma questi termini esprimono solo il mutare delle forme, mentre la coscienza (o “sopravvivenza”) è piuttosto «un fluire senza soluzione di continuità».
I colori che danno vita a questa ambivalente rappresentazione sono l’azzurro e l’arancione, non a caso complementari, cioè tali da darsi un risalto reciproco, come se ciascuno volesse donare qualcosa di sé all’altro. Endotermico e centripeto il primo, rivolto al mondo interiore e destinato a sprofondare nell’intensa spiritualità del blu, esotermico e centrifugo, il secondo, aperto alle esperienze del mondo; pacificante l’uno, stimolante l’altro, insieme costituiscono un perfetto esempio di conciliazione e sintesi dei contrari.
Prima di mostrarci il trascendente spettacolo degli astri, lo schermo del cielo ci offre l’armonioso fondersi di apparenti contraddizioni: la luminosità si attenua e sembra spegnere i colori, eppur improvvisamente si ravvivano; da oriente si levano già ombre e nembi scuri, eppure a oriente si accendono bagliori infuocati e riflessi d’oro (il colore del Divino); il sole tramonta e tuttavia compare l’arancione, simbolo del sole nascente. Dioniso si accinge a deporre la sua veste arancione, carica dei piaceri e della fatica del giorno, ed ecco che un’imprevedibile Aurora dal “croceo velo” sembra sfilarglielo di mano e chiamare a raccolta le Muse dai veli color zafferano.
Così la serenità dell’azzurro, colore che alleggerisce e smaterializza, si incontra con la densa gioia dell’arancione, che serba in sé la materialità del rosso, ma anche il giallo della mente, proteso verso il cambiamento. E se l’arancione simboleggia la fiducia in se stessi e nella vita, l’azzurro suggerisce la fiducia nel Divino. Ma soprattutto il primo esprime il desiderio di rapporto con l’altro ed ecco che il secondo segna il passaggio dalla dimensione psicologico-affettiva a quella spirituale.
Proprio qui sta il comune denominatore che fa da “cerniera” tra gli apparenti contrari ed è l’aspetto più significativo della loro complementarità. Entrambi i colori evidenziano il valore della relazione come rapporto e come comunicazione, ben rappresentato rispettivamente dal secondo chakra (regione pubica) e dal quinto (gola), dando risalto al naturale legame tra sessualità e spiritualità. Infatti tra essi non può esistere, in un rapporto autentico, né contraddizione né opposizione, come insegnava l’antica disciplina tantrica. L’aspetto materico appare così nella giusta luce (come in quella del tramonto) quale irraggiamento dello spirito.
Allora l’immagine di un giorno che “muore” si carica di luminose valenze simboliche che inneggiano alla vita, come nella similitudine manzoniana che nell’Adelchi suggella il trapasso dell’infelice regina Ermengarda, ripudiata da Carlo Magno, re dei Franchi: «Così / dalle squarciate nuvole / si svolge il sol cadente, / e, dietro il monte, imporpora / il trepido occidente: / al pio colono augurio / di più sereno dì».
Cesare Peri
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