Paragonare il ritmo delle stagioni alle fasi della vita umana rientra in quel sentire istintivo simbolico che è nel profondo di ciascuno di noi. Comunemente s’identifica la nascita e la giovinezza col “fiorire” della primavera, mentre l’estate rappresenta la “pienezza dei frutti” della maturità, l’autunno l’inizio del declino delle energie vitali e l’inverno il progredire della vecchiaia fino alla conclusione della parabola esistenziale che chiamiamo “morte” o “passaggio a miglior vita”.
Da qui la simbologia un po’ “funerea” dell’inverno. Ma, lasciando un attimo da parte le associazioni istintive e le immagini tradizionali dei poeti, potremmo vedere l’inverno sotto una luce diversa. Il contadino sa da sempre che la vita dell’intera annata dipende dalla stagione invernale. Non c’è nascita primaverile o umana senza un prodigioso periodo di gestazione. E questo è l’inverno. La vita nasce lì, anzi rinasce, e questa ciclicità, che è insieme continuità, costituisce la straordinaria caratteristica di una stagione in realtà più carica di vita (e di significato) delle altre.
Non a caso l’anno, sia pure come scansione temporale convenzionale, si apre e si chiude con l’inverno.
Il libro illustrato della natura ci comunica un ricco messaggio attraverso la gamma dei colori invernali, in cui prevalgono le tinte in apparenza “acromatiche”, quali il bianco, il nero, il grigio e il marrone, cariche in realtà di simboli originari, che contemperano tenebra e luce, fine e inizio, in una mirabile sintesi di quel codice binario che è alla base della vita materiale.
Il senso prevalente, che emana dal silenzioso paesaggio invernale, è quello del Mistero e dell’Assoluto, di cui il nero e il bianco costituisco l’archetipo: l’uno come elemento passivo, simbolo del non manifestato, l’altro come elemento dinamico e simbolo del manifesto.
Il nero, infatti, nel suo buio trattiene e conserva chiuso in sé ogni colore e quindi ogni energia, mentre il bianco, come pura luce, irradia e diffonde tutti colori, in antitesi e complementarità con il nero. Il denominatore comune, che concilia gli opposti, è l’idea del Tutto, del misterioso Infinito onnicomprensivo sia di teorico spazio sia di ipotetico significato, di cui comunque ciascuno di noi costituisce una vibrante particella di vita.
Aristotele nella mescolanza del nero col bianco riconosceva l’origine di tutti gli altri colori («Sulla percezione e sul percepito»). Per Goethe il colore è indistintamente legato alla luce e all’oscurità, cioè al bianco e al nero, che, mescolati, danno il grigio, il colore che riunisce e fonde tutti gli altri colori («La teoria dei colori»), mentre Newton attribuiva questa qualità al bianco.
L’apparente dualità morte-vita è rappresentata dai due colori estremi, entrambi associati all’oltretomba, ma anche alla rinascita, in una logica “circolare” in cui non è concepibile la fine senza l’inizio e viceversa. Giano, antica divinità italica (Ianus), era rappresentato “bifronte”, cioè con due volti, uno rivolto al presente e uno al passato, come il mese di Gennaio (Ianuarius), che da lui trae il nome, linea di demarcazione (e di contatto) tra il vecchio e nuovo anno. Era anche il dio protettore della porta di casa (ianua), perché, come portinaio (ianitor) guardava chi entrava e chi usciva. Potremmo a buon diritto immaginarlo con un volto bianco e uno nero, i colori iniziatici che caratterizzavano i misteri orfici ed eleusini e che perdurano nei riti cattolici (dal camicino battesimale al sudario funebre).
Nella simbologia cristiana anche il grigio, il colore della nebbia, che sembra privare di vita ogni cosa, del fumo e della cenere, indica sia la morte del corpo sia l’immortalità dell’anima. Analogamente il marrone (un arancione meno luminoso per la presenza del nero) richiama il colore della terra indurita dal gelo, che sembra assorbire tutti i colori della natura, ma in realtà racchiude la potente miscela di giallo, rosso e blu, destinata a “esplodere” con rinnovata energia e, se da una parte incarna la pesantezza della materia, dall’altro racchiude il gusto della vita e infonde gioia e sicurezza.
È un particolare momento di transizione: la vita infatti non muore, ma si trasforma. Sia il nero sia il bianco segnalano il passaggio tra la fine di un ciclo e l’inizio di un altro. L’uomo da sempre ha avvertito questa particolare “tensione interiore” della natura e ne ha fatto specchio di stati d’animo e di fasi critiche e significative dell’esistenza, tradotte in simboli e riti di passaggio. Si pensi all’abito nero, in occidente, per esprimere non solo il lutto, ma anche la necessità di raccoglimento per recuperare energie e aprirsi a nuove prospettive, a un cambiamento spesso radicale.
Lo stesso vale per il bianco, simbolo di vita per eccellenza, di illuminazione e trasformazione, che in oriente assume un significato luttuoso di trasformazione, presente anche nell’antico rito giapponese del matrimonio: l’abito bianco della sposa non significava purezza, bensì la morte rituale della sposa per i genitori, in procinto di perdere la figlia, e al tempo stesso il passaggio-rinascita della giovane nel contesto della nuova famiglia.
Anche il grigio, in quanto colore intermedio tra il nero e il bianco, a metà strada tra tenebra e luce, suggerisce l’idea di un passaggio tra due realtà. È il colore della cenere, simbolo della radicale trasformazione operata dal fuoco, e della nebbia come elemento che vela, ma da un momento all’altro può dischiudere scenari luminosi. Indossato, agisce come difesa dalle influenze esterne, favorendo l’autocontrollo e la riflessione, ma evoca anche il simbolo esoterico della porta, sia come ingresso (associabile al quadrato e al numero quattro, quindi all’incarnazione) sia come uscita: nelle pitture religiose del Medioevo il grigio rappresenta la resurrezione della carne, in quanto passaggio dalla densità della materia (il nero) all’eterea luminosità dello Spirito (bianco).
Questa tensione trasformativa della stagione invernale, che richiama alla mente una famosa frase di S. Paolo, secondo cui «la natura stessa soffre le doglie del parto», è caratterizzata da un clima di attesa di qualcosa d’importante, di grandioso: della luce che accompagna il rinnovarsi della vita. Nella simbologia cristiana la luce natalizia, che viene a illuminare le tenebre, sembra tuttavia alludere già al mistero pasquale, dove il sepolcro buio attende di essere scoperchiato. Il colore dell’inverno non è quello del riposo, ma della sospensione. Dal punto di vista cromatico il significato più profondo sta proprio in questa assenza-presenza di tutti i colori.
E il bianco che tutto ricopre, quando la neve stende il suo mantello per proteggere i semi preziosi della vita, viene spontaneamente associato all’idea di silenzio. Non ci troviamo però di fronte ad uno scenario muto. Se ascoltiamo con il cuore, possiamo sentire levarsi un inno sacro: è il canto del silenzio. È simile a una voce, una misteriosa voce, che fa dire a Kandinskij: «Il silenzio non è morto, ma trabocca di possibilità vive».
Da ultimo va sottolineata l’intensa valenza femminile dei colori invernali, la cui energia centripeta evidenzia l’immagine della Terra Madre che accoglie (e invita al raccoglimento) e della Notte feconda. Il nero, colore del sottosuolo che racchiude tesori, è caldo e assorbe la luce. Il buio delle grotte richiama il mistero del grembo della Terra, madre di tutte le creature. La profondità della Terra e quella della Notte si fondono nel culto della Grande Dea Madre Nera, che ha dato il volto a molte dee-madri e a molte Madonne. Artemide, la dea della vita e della morte, veniva raffigurata con il volto nero ed era detta «la nera», «l’oscura».
Per gli orientali il nero è un colore yin. Tale è considerato anche il marrone, che in Cina è associato alla tigre di color giallo cupo screziato di marrone quale immagine della ricettività femminile.
Alla dimensione femminile ci richiama anche il bianco, associato alla luce lunare e, in alchimia, al giglio, a cui è omologato l’albedo. Così pure il grigio, in quanto connesso all’argento, evoca il colore della luna e della perla, pietra lunare per eccellenza.
Questi, dunque, i colori dell’inverno e i caldi messaggi in essi racchiusi. Un invito a guardare oltre la fredda cortina dell’apparenza.
Cesare Peri
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Bellissimo articolo. Grazie,lo custodirò con cura tra le mie memorie.
Chiara