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59. PAROLE, VALORI E COLORI

09/03/20

Le parole hanno un’anima, un significato intrinseco in genere dimenticato e spesso sorprendente per profondità, quando si attinge alla fonte etimologica e si scopre che non sono semplici vocaboli ma giudizi sulla realtà. Racchiudono una carica evocativa, quindi emozionale, e si esprimono con un suono, che è energia, vibrazione, trascrivibile in termini cromatici, come note musicali e colori.

Ci sono parole dolci e aspre, armoniose e pungenti, alcune violente, altre invece che inducono calma o suscitano mistero. Tra quelle che esprimono i moti del mondo interiore ricorrono alcune particolarmente ricche di valori, quali meraviglia, gratitudine, pace, amore e gentilezza. Cinque parole che caratterizzano ogni esperienza spirituale o, per usare l’espressione di Jon Kabat-Zinn, «autenticamente umana».

Queste cinque parole, elencate alla rinfusa, costituiscono ciascuna un modo di sentire e di essere, ma, collegate tra di loro da un nesso logico, potrebbero benissimo contrassegnare un percorso. Infatti, scrivendole, non le ho disposte in maniera casuale, ma secondo un ordine consequenziale che ciascuna mi suggeriva, come un tassello di un grazioso mosaico policromo, di un percorso discendente analogo a quello dei chakra e dei colori dello spettro solare. Proviamo a seguirlo.

Meraviglia è una parola magica, che si pone all’inizio della ricerca del significato della vita. La capacità di stupirsi di fronte a ciò che ci circonda rende sensibili alla bellezza e al mistero, libera dalla pesantezza della materia e dai limiti illusori dello “scontato”. Aristotele vi riconosceva lo stato emotivo e mentale che stimola il pensiero speculativo, mentre Einstein la immortalò in una delle sue più famose affermazioni: «Chi non riesce più a stupirsi e a meravigliarsi è come se fosse morto e i suoi occhi sono incapaci di vedere».

Il colore di questa parola è viola, il raggio con le maggiori proprietà energetiche dello spettro solare, all’estremo limite dei colori visibili, prossimo alle radiazioni ultraviolette. Rappresenta la porta dell’Aldilà, l’avventura intellettuale estrema, il regno del magico, del sogno, dell’intuizione e della poesia. È il colore della mistica, della più elevata spiritualità, del superamento della percezione duale nell’unione degli opposti: rosso (materia) + blu (spirito). Niccolò Cusano riconosceva in esso la coincidentia oppositorum.

È il colore del settimo chakra (Sahasrara), situato alla sommità del capo, centro della conoscenza non percettiva, in cui la conoscenza oggettuale (comprensione di concetti) diviene direttamente intuitiva e segna l’accesso al più alto piano spirituale.

Diversamente dalle altre parole questa non ha suono, ma suggerisce il silenzio o tutt’al più un Oh! di fronte alla profondità del mistero, dal greco myein, «tacere» (la stessa radice my- nel latino mutus).

Gratitudine esprime il sentimento conseguente allo stato di meraviglia, di fronte al dono della Vita, di cui ci si riconosce partecipi (gratus in latino significa sia «gradito» sia, di conseguenza, «riconoscente»). La consapevolezza di tale beneficio e l’osservazione della realtà come incanto permettono di apprezzare ogni particolare, cogliendo in esso il senso del sacro (in greco eucaristia, significa «gratitudine», poi «cerimonia di ringraziamento» per la «buona», eu-, «grazia», charis).

Il colore di questa parola, così emotivamente intensa e ancora pregna di mistero, è indaco, simbolo di trasmutazione della coscienza, della notte fonda, che suggerisce fiducia cieca, e dell’intuizione, che sostiene l’attività meditativa.

È il colore del sesto chakra (Ajna), situato all’altezza della fronte, tra le sopracciglia. Qui la gioiosa consapevolezza dell’armonia del Tutto permette al “terzo occhio” di cogliere lo stretto legame che unisce tutte le creature, generando il sentimento di compassione e la capacità di perdonare, intesi non come puri precetti morali, ma come spontaneo effetto del modo di percepire la Realtà.

Pace ha un suono semplice ma una vibrazione intensa, quasi un’invocazione che da sempre sorge dal profondo dell’animo delle persone e dei popoli, spesso duramente provati dalla sua violazione e mancanza. Nel cammino spirituale cresce e fiorisce col procedere della coscienza che, come conseguenza, sviluppa un più ampio sentire, capace realmente di accogliere e di condividere.

Il suo colore blu suggerisce la profondità e la calma del cielo e dell’abisso marino. Profondità, quindi, di sentimenti, che colmano la vita interiore di serenità, tenerezza e gioia di vivere. Le organizzazioni internazionali, l’ONU, l’UNESCO, il Consiglio d’Europa, l’Unione europea, l’hanno come simbolo. Agisce sul sistema nervoso parasimpatico, che rallenta il battito cardiaco, diminuisce la pressione sanguigna e predispone al riposo.

È il colore del quinto chakra (Vishuddha), collegato alla gola, il centro energetico del cambiamento, dove si esprimono le nostre potenzialità inventive. Il termine sanscrito esprime perfettamente il ruolo di «purificazione» che la pace esercita nell’essere umano, liberandolo dai condizionamenti dell’io (egoismo, orgoglio, antagonismo) e rendendolo capace di amare. Il «dono della parola» permette il meraviglioso processo di comunicare, ma anche di ascoltare e comprendere.

Amore, la parola più usata (e abusata) per eccellenza, nella sua vera essenza non è un semplice sentimento, ma un modo di sentire la vita, in cui i sensi di meraviglia, di gratitudine e di pace s’incarnano, per così dire, nelle relazioni col proprio simile, in un desiderio di condivisione e comunione che genera una gioia infinita, perché permette di sperimentare quell’indistinto Uno Infinito a cui apparteniamo. «Al cognoscimento» diceva Caterina da Siena, «seguita l’amore».

Il suo colore è verde, sacro ad Afrodite, la dea dell’amore, fin dall’antichità (il rosso non indica l’amore, ma la passione). Posto come cerniera o ponte tra i colori caldi (rosso, arancione, giallo) e i colori freddi (blu, indaco, viola) è simbolo di equilibrio e nasce dall’incontro tra l’elemento psicologico-mentale (giallo) e quello propriamente spirituale (blu). Sta a indicare che l’accesso alla profondità del mondo interiore, per chi si innalza dalla materia, non può avvenire se non passando attraverso l’esperienza illuminante dell’amore.

È il colore del quarto chakra (Anahata), non a caso posto in corrispondenza del cuore. L’animale araldico è un’antilope che si volta indietro, perché ha scoperto gli altri nella loro effettiva realtà e non come riflesso del proprio io. È inoltre simbolo di vigilanza sui propri desideri e sui pensieri negativi, come spiega Swami Satyananda Saraswati: «Non siate mai negativi in nessuna situazione della vita. In ogni circostanza sia questa la vostra attitudine. È tutto parte del Bene, quindi accettatelo».

Gentilezza esprime nel quotidiano quella “nobiltà” (lat. gènitus, «(ben)nato») di sentire a cui ci ha portato questo percorso ideale. In questa ottica non è sinonimo di cortesia o di buona creanza, bensì segno tangibile di quella vera amorevolezza verso tutte le creature in cui sfocia un autentico sentire, come c’insegnano il cristianesimo, il buddhismo e ogni sana religione o disciplina spirituale.

Negli ultimi gradini della nostra “scaletta” troviamo il giallo e l’arancione, i colori psicologici della gioia, della relazione e della convivialità, cui corrispondono il terzo chakra (Manipura) e il secondo (Svadhisthana), rispettivamente all’altezza del plesso solare e di quello sacrale, sede dell’energia sessuale.

Al rosso e al primo chakra (Muladhara), che non abbiamo incluso nella nostra scaletta di vocaboli, potremmo associare, come si diceva, la parola passione. Qui predominano l’istinto, l’energia primaria, la materia e la dimensione esteriore: elementi per nulla negativi, se non abbandonati a se stessi, che anzi incarnano pienamente e danno forma completa a quel flusso di parole, valori e colori che sgorgano dalla nostra anima. Non dimentichiamo infatti che il rosso simboleggia la forza vitale e la passione che possiamo infondere in ogni nostra attività e che esso dà risalto, in qualità di complementare, al verde, il colore dell’Amore.

Naturalmente questo percorso ideale si può intendere anche in senso ascendente, partendo cioè dalla pratica consapevole della gentilezza, destinata a trasformarsi in un atteggiamento di autentico amore, il quale a sua volta aprirà la via ad una percezione intellettiva sempre più vasta, giacché amor ipse est intellectus («l’amore è di per se stesso capacità di conoscenza»).

Cesare Peri

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