Ogni cosa nella natura ha un senso, soprattutto una finalità. La Terra, il pianeta che della natura ha fatto la sua identità, la sua specialità, non è da meno: anche lei ha una finalità. Complessa e inderogabile.
Quando Ya Yevh – quattro miliardi e seicento milioni di anni fa – ne ha costituito la struttura, pensava esattamente alle sue molteplici finalità: essere un laboratorio dove far sorgere sempre nuove specie, fornire materie prime – minerali, vegetali – per l’utilizzo in altri mondi o sistemi galattici, essere la sede dell’evoluzione della razza umana, trasformarsi in “portale”, una specie di trampolino di lancio, per viaggi interdimensionali. Non ultimo, permettere allo stesso Creatore di evolvere con la sua creatura.
Se diventa facilmente accettabile l’idea di un pianeta con lo scopo di riunire una immensa bio-diversità, atta a sopperire con le proprie materie prime altri mondi con carenze specifiche di questo o quell’elemento, meno intuitiva è la scelta di un pianeta selvaggio, percorso da cataclismi e belve varie, dominato dalla materialità, per farvi nascere e crescere una razza di esseri che avrebbero dovuto evolvere fino al raggiungimento della coscienza del Padre.
Perchè allora è stata fatta, e proprio sulla Terra?
Perché il percorso dalla materialità alla spiritualità si sarebbe potuto dispiegare in tutta la sua ampiezza, già che tutte le forme di vita, animate e non animate, contenevano comunque il DNA del Creatore, e ciò avrebbe – in teoria – permesso un percorso evolutivo lento ma progressivo, senza gravi intoppi.
La scelta del tipo di essere che avrebbe, infine, dovuto imperare sul pianeta avvenne a tappe. Si cominciò qualche milione di anni fa con l’affermarsi di una razza biologica che potremmo definire “ominide”: esseri strutturalmente umani ma senza “coscienza”, e quindi senza responsabilità karmiche, pronti a far tutto ciò che era necessario per poter migliorare fisicamente e soprattutto spiritualmente, con una acquisizione graduale della propria “specificità” in relazione alle altre specie biologiche presenti sul pianeta.
Innesti regolari di altri prototipi “umani” provenienti da razze planetarie differenti, che si “sacrificavano” in nome del grande progetto evolutivo di Ya Yevh, avrebbero permesso piccoli e grandi “salti quantici” nell’evoluzione stessa, portandola verso il suo grande obbiettivo: la spiritualizzazione.
Furono varie le esperienze fatte in questo senso. Regolarmente arrivavano gruppi di esseri provenienti da realtà sistemiche differenti, con strutture fisiche diverse che spaziavano dall’altezza al colore della pelle. Lo scopo precipuo era quello di individuare quella che meglio si sarebbe combinata con gli “ominidi” nello sviluppo di una razza che meglio si sarebbe potuta ambientare alle condizioni estremamente materiali del pianeta.
Il vantaggio era mutuo: per gli ominidi che ricevevano influssi e nozioni superiori che li avrebbero aiutati nel progredire con maggiore velocità, per “quelli di fuori” perché avrebbero contribuito alla costruzione del grande piano di Ya Yevh, accelerando il ritmo del percorso evolutivo di quella parte del nostro sistema galattico. E questo fu ciò che risultò per milioni e milioni di anni, fino all’arrivo di Yel Luzbel e dei suoi “ribelli”.
In quel momento dovette necessariamente cambiare la strategia, visto che l’arrivo di questi fratelli provenienti da un lungo esilio planetario avrebbe sì aiutato la razza terrena ancora primitiva ad acquisire conoscenze che l’avrebbe portata ad uscire dal lungo tunnel dell’ignoranza a cui era stata da sempre costretta, ma allo stesso tempo sarebbe stata foriera di conflittualità spirituali ancora sconosciute nel nostro mondo, felice nella sua ignoranza morale.
Anche in questa occasione, però, la dualità dei vantaggi era evidente: ancora maggior progresso tecnico-scientifico per gli abitanti del pianeta, oltre a un’ultima, decisiva, opportunità di redenzione per i ribelli, che dovendosi incarnare in questa realtà materiale senza poter preservare il ricordo del passato, avevano modo di ricostruirsi – ad ogni nuova reincarnazione – un’identità spirituale sempre migliorata.
Il prodotto dell’incrociarsi di queste differenti realtà esistenziali è oggi sotto gli occhi di tutti: siamo noi, gli attuali sei miliardi di esseri incarnati, e i quasi venti che vivono nel mondo astrale e spirituale che circonda il nostro globo. Purtroppo il risultato di questa interazione non è stato dei più positivi, e piccolo è stato il progresso spirituale che ha accompagnato la nostra storia.
Se comunque il grado di coscienza dell’umanità ha fatto significativi passi in avanti, dobbiamo ringraziare gli spiriti eccelsi che di tempo in tempo hanno fatto la loro comparsa sul pianeta, alcuni come grandi avatar, inviati dallo spazio con lo scopo precipuo di farci compiere “salti quantici” nella comprensione della vera realtà esistenziale, altri – la maggior parte – come “normali” esseri umani che con il loro esempio di vita hanno influito su tante scelte storiche di piccoli e grandi gruppi dell’umanità.
Non di meno è stata – lo è tuttora – di somma importanza la rivelazione della dottrina spiritualista nel diciannovesimo secolo che ha permesso, mediante il riconoscimento dell’enorme contributo di medium anonimi, l’identificazione chiara e inequivocabile dell’esistenza di un mondo spirituale “a priori”, matrice dello specchio di realtà in cui noi ci muoviamo.
Il percorso evolutivo, lento ma inarrestabile, cominciava ad essere intenzionalmente intrapreso da un numero sempre maggiore di “terracquei”…
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