Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

18. YA YEVH, IL MANIPOLATORE

11/11/10

Quello che valeva per Luzbel, valeva per Ya Yevh: la dimenticanza del passato, caratteristica che riguardava chiunque fosse soggetto al processo della reincarnazione, era il vero, insormontabile problema.

Certo, la valenza e soprattutto i motivi per la lagnanza erano ben differenti. Da una parte, infatti, il passato rimosso era il motivo dell’insuccesso della “ribellione”, i cui propositi basilari rimanevano negli archivi mentali dei soli esseri “astralizzati”, ossia lo stesso Luzbel e il suo generalato.
Dall’altra – quella di Ya Yevh – era il passato dell’anima, del suo “iter” esistenziale, soprattutto della sua origine divina, il ricordo del quale era la parte importante di cui gli esseri incarnati non disponevano più.
Ricordarsi infatti l’origine, la provenienza e il destino di ciascuno di noi sarebbe stata la “soluzione finale” affinché tutta l’umanità intraprendesse infine, con fermezza, quel cammino che l’avrebbe portata al passo successivo, quello della reintegrazione cosmica.

Una volta ciò avvenuto, reinserita la Terra nel grande circuito universale, gli abitanti di quel pianeta avrebbero potuto riavvalersi di nuovo dell’esperienza e dell’esempio che l’immensa comunità galattica avrebbe portato in tutti i campi – dalla scienza alla tecnologia, dall’etica alla più profonda spiritualità.

La sola acquisizione di queste nuove nozioni avrebbe automaticamente risolto il problema della presenza disturbatrice dei ribelli che, relegati ad altro luogo di espiazione e pena, nell’ambito di un processo reincarnatorio fondato sulla giustizia, non avrebbero più potuto impedire, con i loro comportamenti “folli”, il libero accesso al cammino della migliore evoluzione per tutti.

Il problema di Ya Yevh era però rappresentato dall’impossibilità di “cooptare” le scelte di chicchessia, di impedirgli, in soldoni, di scegliere qualsiasi cosa intendesse, e siccome il mondo era – nella quasi totalità degli interessi dei suoi abitanti – diretto al raggiungimento di scopi che andavano in direzione assolutamente contraria alle grandi leggi che imperavano nel cosmo, il risultato che presumibilmente si sarebbe ottenuto non avrebbe portato a nulla di buono.

17

Bisognava elaborare una strategia che permettesse di aggirare l’ostacolo e raggiungere l’obbiettivo. La venuta del Maestro sarebbe stata questa soluzione, ma solo se fosse stata indirizzata verso l’obbiettivo che Ya Yevh intendeva più utile al suo scopo.

Il modo che trovò fu quello della manipolazione storica attraverso il maggior testo epico che lasciò in eredità al suo popolo prescelto, quello degli ebrei, la Bibbia. L’insieme dei vaticini profetici presenti nella Torah (i primi cinque libri della Bibbia, quelli scritti direttamente dal creatore e consegnati “brevi manu” a Mosè) descrivono, oltre al carattere collerico e vendicativo dello stesso Yaweh, i modi, le parole, gli scenari in cui il Messia – l’Inviato – si sarebbe trovato davanti, al fine di rendersi riconoscibile al Suo popolo.

L’influenza che le parole scritte nel testo sacro hanno avuto su tutti coloro che ebbero la fortuna di imbattersi in vita con una simile Personalità, soprattutto in coloro che Gli erano più vicini quali la Sua stessa madre e tutti i Suoi apostoli, è stata enorme, plasmando comportamenti che sono stati fondamentali nella vita del proprio Gesù. Lo hanno visto, ancora ragazzino, insegnare ai dotti del Tempio di Gerusalemme, litigare con i commercianti che lì lavoravano, trasformare acqua in vino e moltiplicare pani e pesci, guarire gli storpi, i ciechi e resuscitare i morti, entrare nella capitale seduto su di un asinello, morire sulla croce e resuscitare tre giorni dopo.

Tutto quello che si aspettavano che accadesse, il Messia la compì. Tutte, meno una, quella che Gli era sempre più insistentemente richiesta: assumere il controllo politico e militare sulla Palestina, guidare il popolo ebreo verso il dominio mondiale (o di quello che allora sembrava il loro piccolo mondo).

Il Maestro passò buona parte dei Suoi ultimi anni cercando di spiegare a tutti, cominciando da Sua madre, i Suoi apostoli, gli altri che frequentava, i re locali e gli inviati romani, addirittura allo stesso Ya Yevh, che Lui non si sarebbe prestato ad utilizzare i poteri che Gli appartenevano per favorire questa o quella vicenda umana, già che il Suo lavoro, basato esclusivamente sull’amore, era a beneficio di tutti, indistintamente.

Ad alcuni riuscì a farlo capire, alla maggior parte no. Ma tutti, o quasi, si rassegnarono ad ascoltare le parole del loro “Rabi” dove mai c’era spazio per inviti diversi dal perdono, dal rispetto, dalla solidarietà.
Uno di quelli che non si rassegnò fu Giuda Iscariota…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Lascia un commento con Facebook