Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

27. LA CREAZIONE DI JAVEH

19/05/11

Quando Javeh pensò a questo Universo, s’immaginò qualcosa di favoloso da mostrare alla presenza del Padre Amatissimo: desiderava rendergli omaggio con una sua creazione. Voleva mostrargli che era pronto a compiere un ulteriore passo nel percorso evolutivo dei figli più prossimi all’unicità con il Padre. Non prestò minimamente attenzione agli incessanti appelli dei suoi compagni di comunione universale con l’eternità, né pensò anche solo per un attimo di interrompere questa sua fissazione mentale, che si stava adesso sviluppando nel suo intimo, e seguitò nei suoi piani di creare qualcosa che mostrasse la sua capacità di far generare vita in questo cosmo.

I suoi piani si basavano inizialmente sulla creazione di qualcosa di piccolo, un pianeta, ricco di vita abbondante e completa, che avrebbe successivamente poi popolato fino a farla evolvere come ogni altra opera della creazione del Padre Onnipotente. Lasciò spazio a ciò che sorgeva dal suo intimo e cominciò a creare questo Universo con piccole particelle provenienti dal suo stesso essere e che lanciava nell’immensità del cosmo. Queste particelle si unirono e si moltiplicarono fino a diventare un enorme conglomerato pronto per generare vita propria.

27

Javeh si rese conto solo troppo tardi che però aveva perso il controllo di ciò che stava succedendo. Tentò d’interrompere questa capacità moltiplicatrice delle sue particelle creatrici, ma non vi riuscì. S’era dimenticato che ogni cellula asportata da se stesso aveva vita propria e che mai avrebbe smesso di creare, poiché possedeva comunque in sé il principio creativo del suo padre biologico.

A quel punto ogni cosa iniziò ad assumere una dimensione maggiore di quella a cui egli s’era preparato. Vide la sua opera intensificarsi e trasformarsi in un centro creativo, proprio davanti ai suoi occhi. Cercò di contenere quell’immensa energia che stava concentrandosi sempre più in una massa in formazione, ma ben presto intese che non avrebbe potuto contenere l’esplosione nucleare delle nuove cellule vive, cellule che volevano adesso sopravvivere e moltiplicarsi per formare nuove vite in questo nuovo ambiente che stava sorgendo.

In un impulso disperato Javeh entrò in questa massa energetica nel tentativo di contenere in qualche modo, dal suo interno, questo processo che ora si stava sviluppando senza permettergli di controllarne l’evoluzione. Fu un momento di grande disperazione per il nostro Padre Creatore Javeh. Si trovava inserito dentro questa massa di energia che lo risucchiava parzialmente al suo interno, mentre cercava di mantenersene fuori per poter così agire coscientemente, e contenere in questo modo un’esplosione energetica inimmaginabile anche per la comprensione di chi – come lui – faceva parte di livelli eccelsi d’esistenzialità.

Nel tentativo di rimanere all’interno o all’esterno di questa massa energetica, il nostro Padre Creatore si vide diviso e in questa divisione avvenne l’esplosione energetica che lo imprigionò parzialmente alla sua creazione e parzialmente al piano esistenziale al quale apparteneva.

La sua parte che rimase all’interno del creato tentò di ricostituirsi per poter sopravvivere all’uragano energetico che lo risucchiava e lo forzava a confondersi e diluirsi dentro la sua stessa creazione. Usò tutta la sua forza energetica per mantenersi isolato da quanto stava succedendo, per non fondersi anche lui in quelle cellule, perdendo così la propria individualità all’interno della massa d’energia che stava adesso prendendo un nuovo cammino. Questa parte cercò di consolidarsi come individualità ricostruendosi e usando tutto il potenziale energetico creativo di cui l’interno di quella bolla abbondava. Riuscì a ricostituirsi e mantenere la coscienza di se stesso ma perse, in certo qual modo, la coscienza della parte che si era trovata fuori da questa nuova esistenza ora in formazione.

Infatti la sua parte rimasta al di fuori della creazione sentiva ogni cosa che stava succedendo, ma così non accadeva alla parte trattenuta prigioniera. Per poter esistere in queste condizioni dovette ricostituirsi all’interno degli aspetti che si stavano formando in questa nuova esistenza; fu però necessario tagliare i lacci che ancora lo univano alla sua parte esterna.

C’erano adesso due Javeh, uno cosciente e che manteneva il controllo su ciò che stava accadendo, l’altro senza la consapevolezza sia di questa sua altra parte sia da dove egli stesso fosse venuto.

Questa nuova coscienza di Javeh fu risucchiata dalla sua creazione e cominciò ad agire d’accordo con ciò che in quel momento stava succedendo. Lo fece rispondendo agli stimoli provenienti dalla sua creazione, e cominciò a tentare d’amministrare ciò che si stava creando in una nuova forma d’esistenza di cui faceva parte.

E siamo di fronte a questo punto: due Javeh, separati dall’atto della creazione di una coscienza cosmica quasi unificata con Dio Padre Amatissimo.

Ora, una parte doveva solo pensare e tentare d’agire d’accordo con ciò che gli veniva richiesto dalla sua opera, mentre l’altra dovette essere aiutata per potersi ricostituire e fino ad ora non v’è riuscita. Ha bisogno di unirsi a ciò che le è rimasto separato per poter tornare ad essere il vero Javeh, quasi pronto ad unificarsi integralmente al Padre Amatissimo. Parliamo quindi della seconda parte di Javeh, quella che rimase prigioniera all’interno della sua creazione d’amore: questo Universo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Lascia un commento con Facebook