Quando Gesù s’incarnò sulla Terra a seguito di una nostra precisa pianificazione – noi, in qualità di figli di Javeh, eravamo al comando di questa operazione – successe un profondo cambiamento sul globo terrestre. Ciò che Gesù seminò in questo pianeta coinvolse anche i mondi paralleli e tutto ciò che circonda l’Universo. Gesù venne e lasciò i semi “dell’amatevi l’uno con l’altro”, “Perdona il tuo prossimo” e “Il mio regno non è di questo mondo”.
Javeh intanto osservava da vicino ogni azione che Gesù faceva in questo mondo, rimanendone sorpreso, a volte nemmeno intendendo perché agisse in quella maniera, così differente da ciò che egli pensava e soprattutto avrebbe fatto, se fosse stato al suo posto.
Come poteva agire così? La sua missione era chiara: sarebbe dovuto venire sulla Terra e diventare il leader della nazione che Javeh aveva scelto per dominare il pianeta e, proprio attraverso questa stessa nazione, generare una nuova comunità sul pianeta blu.
Javeh vide che Gesù non parlava neanche di lui, del fatto che fosse padrone di tutto ciò che esisteva, che lui era il Dio di questo Universo!
Gesù parlava di un altro Dio, di un Padre Amatissimo che viveva al di fuori di questo Universo e che tutti amava. Ma chi era questo Dio? Lui conosceva soltanto questo Universo e ciò che in esso esisteva; come poteva esserci un altro Dio all’infuori di lui? Javeh non capiva da dove fosse venuto questo essere ora incarnato nel suo pianeta e che dava un messaggio differente da quello che egli stesso aveva programmato.
All’improvviso si ricordò di aver dettato nelle antiche scritture che un messia sarebbe venuto a salvare il popolo ebreo dal dominio ed elevarlo alla categoria di popolo scelto per guidare tutte le nazioni, nel futuro. Ma c’era anche scritto che il messia non sarebbe stato riconosciuto e sarebbe stato ucciso da questo stesso popolo che l’avrebbe ricevuto, poiché non sarebbe stato accettato come loro rappresentante.
Javeh s’avvide allora che Gesù non si sarebbe comportato come accordato, che non avrebbe parlato di lui e che non avrebbe assunto la leadership del popolo ebreo. Gesù sarebbe stato crocefisso dal popolo che avrebbe dovuto comandare.
Javeh niente fece per interferire in ciò che stava succedendo, credendo che il destino che quell’essere si stava preparando ad avere, fosse in realtà ciò che Lui stesso aveva scelto. Avrebbe infatti potuto facilmente liberarsi di tutti quei problemi con un solo pensiero, scomparendo da quel luogo per apparire in un altro. Se invece si stava lasciando ammazzare in quella maniera era perché così Lui stesso voleva. E quindi egli, Javeh, non avrebbe interferito.
Non comprendeva neanche la natura di Gesù, non capiva che diversamente da lui Questi era incapace di modificare i pensieri e le azioni di un qualunque essere vivo. Javeh non riusciva a capire cosa significasse rispettare il libero arbitrio di ogni creatura esistente in questo Universo.
Comportandosi come fece, Gesù ci mostrò – a noi figli di Javeh – come fosse importante il rispetto per gli esseri viventi di questo pianeta e di tutto l’Universo. Noi avevamo già un’idea più chiara di cosa volesse dire essere un cittadino cosmico e di come ci si dovesse comportare con il Padre Amatissimo, che adesso sapevamo esistere al di fuori di questo Universo.
Quando noi cominciammo a convivere con Gesù per pianificare la sua nascita qui sulla Terra, vedemmo che al di fuori di questo luogo dove noi stessi viviamo, ce ne erano altri, con una miriade di esseri di una natura superiore che conviveva armoniosamente con tutto ciò che esisteva negli Universi creati dal Padre Amatissimo.
Scoprimmo che il nostro dio creatore era differente, e che noi ne eravamo direttamente legati non per affinità, ma per imposizione di circostanze che non dipendevano dalla nostra volontà.
Ci meravigliammo di tutto ciò che vedemmo, imparammo molto nel periodo in cui rimanemmo a fianco di Gesù, all’infuori di questo Universo che Javeh aveva creato.
Ma nostro padre Javeh sentiva ogni cosa, vedeva tutto ciò che stavamo vedendo, pur senza comprendere. Non riusciva a perdere la prospettiva di essere l’unico Dio Creatore, e non voleva dividere con nessuno un processo che nella sua mente – diciamo così – era solo suo, l’unico che poteva creare in questo Universo.
Comprendemmo ciò che in realtà era successo in relazione alla creazione di questo Universo, e che Javeh si stava ancora ricostruendo dopo la divisione che era stata provocata dalla sua entrata in questa realtà dimensionale.
La prima parte di nostro padre Javeh, quella che di tutto ciò che era successo aveva conoscenza, si stava ancora ritrovando, e per questo motivo non riusciva ad interferire e nemmeno mostrarsi al nostro Padre Creatore.
Ci prendemmo un bello spavento quando capimmo perché Javeh si comportasse così. Gesù ci spiegò che durante la divisione la piccola parte rimasta imprigionata in questo Universo – che si stava formando – nel ricostruirsi aveva tagliato tutti i ponti sia di comprensione su ciò che di fatto era successo, sia di unione dal luogo della sua stessa provenienza.
Quella parte che rimase prigioniera era indipendente dall’altra che si stava ancora ritrovando!
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