COMPLEMENTARITÀ CROMATICA ED EQUILIBRIO INTERIORE
Per gli straordinari rapporti che intercorrono tra i colori e le componenti dell’essere umano abbiamo parlato, nella “puntata” precedente (L’avventura umana attraverso i colori), di Filosofia cromatica e di Antropologia cromatica. Si è visto come i tre colori primari (rosso, giallo, blu) possano rappresentare i nostri elementi costitutivi (corpo, mente, spirito), e i tre secondari (arancione, verde, viola) i livelli esperienziali fondamentali, cioè le esperienze, di tipo relazionale, che permettono l’evoluzione della coscienza: sono i tre gradi dell’amore, ciascuno caratterizzato dal prevalere di uno dei tre elementi costituitivi.
Tra questi due gruppi di colori esistono, inoltre, dei rapporti particolari, detti di complementarità: si tratta di tre coppie fondamentali, costituite ciascuna da un colore primario e da uno secondario (ottenuto dall’unione degli altri due primari), e precisamente: rosso-verde, giallo-viola, blu-arancione. Dal punto di vista cromatico questi colori stanno bene insieme, perché grazie a una naturale reciprocità acquistano entrambi maggior forza e massimo risalto.
Riportando tale fenomeno sul piano simbolico, in base al codice di significati che abbiamo adottato, ci troviamo a interpretare tre singolari corrispondenze tra un elemento costitutivo e un livello esperienziale e a cogliere i possibili nessi tra le aree istintivo-affettiva, mentale e spirituale del nostro essere, in genere non facili da conciliare, da cui dipende non solo il nostro equilibrio psicologico, ma anche il nostro generale stato di benessere.
L’educazione tradizionale, condizionata da determinati concetti o preconcetti, spesso di ordine religioso, da una parte e l’effettiva complessità della nostra natura psicofisica dall’altra non sembrano favorire l’integrazione armoniosa delle nostre componenti, spesso anzi creano tra esse degli squilibri valoriali, se non delle vere e proprie contrapposizioni. La persona si sente allora “frammentata” e si chiede come sia possibile conciliare l’istinto con il sentimento, il sentimento con il pensiero o il pensiero con l’intuizione trascendentale. Sessualità e spiritualità, razionalità e misticismo sembrano escludersi a vicenda. Arrigo Boito definiva l’uomo, in base a questo intrinseco dualismo, come «verme immondo e angelica farfalla». C’è chi pensa che in qualche modo, forse con una specie di compromesso, si possano “conciliare i contrari”. A me pare che la difficoltà (o l’errore) sia già nei termini della questione. Si tratta proprio di contrari?
Dalla complementarità dei colori (ricordiamo che i colori hanno precise corrispondenze nel nostro inconscio, di cui costituiscono il “linguaggio emozionale”), dalla naturale armonia dei loro abbinamenti, possiamo trarre spunti per riconoscere la complementarità anche dei rispettivi significati e valori che sperimentiamo nella vita quotidiana.
Il rosso e il verde, così uniti in natura da trasformarsi spesso l’uno nell’altro, ci suggeriscono un legame tra l’istinto (primo chakra) e il sentimento (quarto chakra), tra la passione e l’amore. Forse una morale “puritana” o una sublimata visione romantica può vedere in essi due opposti, ma non appare evidente, piuttosto, come si tratti di due aspetti della stessa forza vitale? Entrambi hanno come meta l’unione, la fusione, sperimentare e vivere l’Uno: il primo si manifesta come un impulso inconscio, un suggerimento della natura, mentre il secondo persegue coscientemente il medesimo fine.
A volte è il primo a innescare l’altro, a volte viceversa. La presenza di entrambi alimenta il rapporto tra due persone, dove senz’altro dialogare e capirsi è di primaria importanza, ma questo non basta per “piacersi”, e sappiamo bene che un amore senza passione e una passione senza amore hanno in sé qualcosa d’incompleto.
Il rosso simboleggia il sangue, l’energia vitale, la vita stessa, che tutto anima, e il verde la linfa della natura, il rifiorire della primavera, l’incessante rinascita, includendo e armonizzando il pensiero razionale (giallo) e quello spirituale (blu).
Il giallo e il viola, così splendidamente uniti nell’omonimo fiore, c’invitano a coniugare il pensiero razionale (terzo chakra) con la trascendenza (settimo chakra), il relativo con l’Assoluto, l’io con il Sé. Ma cos’è questo io (diversamente dall’ego, inteso come falsa immagine del Sé), se non l’apparente individuazione dell’Assoluto? Nell’universo Tutto-Uno appare come un’increspatura di quell’oceano che è la Coscienza cosmica, intimamente unito a quel qualcosa che lo trascende e che da esso, in modo più o meno consapevole, è costantemente cercato.
Nel microcosmo-uomo potremmo anche riconoscere una corrispondenza tra il giallo e la parte sinistra del cervello, deputata all’analisi, alla memoria e alla razionalità, e assegnare invece il viola alla parte destra, centro della creatività e dell’intuizione: due piani percettivi diversi ma uniti da un continuo scambio d’informazioni.
Inoltre il giallo esprime psicologicamente un forte anelito al cambiamento e il viola rappresenta il cambiamento per eccellenza, l’aldilà, che tuttavia include e concilia a sua volta l’energia fisica del rosso e quella spirituale del blu.
Che dire, da ultimo, del felice connubio tra il blu e l’arancione, che collega l’area della spiritualità (quinto chakra) con quella della sessualità (secondo chakra)? L’estasi del mistico non è mai stata descritta in termini astratti o intellettuali, ma è inscindibilmente e intensamente fisica e spirituale. Non c’è opposizione tra il piacere fisico e quello spirituale, in quanto serena gioia e dono dell’esistenza terrena, legame naturale tra corpo e spirito, come bene insegnava l’antica disciplina del Tantra, che faceva dell’unione sessuale la via regale per sperimentare in modo sacro l’amore come comunione, unione e appartenenza al Divino.
Anche la più comune pratica dello yoga unisce alle posture del corpo l’esercizio della mente in una fusione che eleva la coscienza a dimensioni superiori. Giustamente S. Paolo definì il corpo come «tempio dello spirito».
L’arancione, che include e armonizza la materialità del rosso e la razionalità del giallo, esprime fiducia nella vita, distacco da vecchie idee e preconcetti e soprattutto gioia (come il colore dell’abito dei monaci orientali) e rappresenta il sole nascente, il sorgere della fiducia in se stessi, che bene s’incornicia nel blu del cielo, che amplia questo irraggiamento nella più profonda fiducia nel Divino. Inoltre l’arancione, favorendo la socialità e la condivisione, bene si accorda con il blu, che simboleggia non solo il mondo interiore, ma anche l’espressione di sé e la comunicazione verbale.
A pensarci bene, il nostro malessere interiore, quando non ci sentiamo “in armonia con noi stessi”, non nasce dall’impegno insufficiente di equilibrare e integrare le nostre componenti, istintiva (rosso), razionale (giallo) e spirituale (blu/viola), quanto piuttosto dal viverle separatamente, accettando come inevitabili e insanabili le contraddizioni e i contrasti. Tutto è uno, e anche noi siamo uno. Non c’è un chakra più importante o più “nobile” dell’altro. Lo squilibrio nasce quando pensiamo e agiamo in termini di divisione: allora la sessualità diventa cieco istinto, come un fiume che trascina e tracima, la razionalità autoaffermazione compulsiva e la spiritualità astratta ideologia che perde di vista il principio primo, che è quella di unire e non di dividere gli uomini.
I colori ci insegnano tutto questo. I migliori consigli sono scritti nel libro della natura, di cui siamo parte, basta volerli leggere e meditare. E l’arcobaleno per eccellenza ce lo ricorda, sempre pronto a sorgere dopo la tempesta (atmosferica e interiore), in quella pausa meditativa in cui, forse anche per un attimo, si è più disposti ad alzare gli occhi al cielo.
Cesare Peri
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