I colori hanno un sapore? Immaginare che le onde elettromagnetiche che noi chiamiamo colori possano agire direttamente sulle nostre papille gustative sarebbe una lettura semplificata di un processo complesso, che coinvolge il nostro essere a livello fisico, emozionale e mentale.
Di fatto ogni colore ha una sua lunghezza d’onda e qualità specifiche in grado di influenzare l’intera gamma delle emozioni umane, tenuto conto che la nostra aura è essa stessa un campo elettromagnetico, composto da aree di diversa frequenza, che i chiaroveggenti descrivono come un insieme di raggi colorati emananti dalla colonna vertebrale.
A parte i processi biochimici prodotti dall’energia della luce solare che, a prescindere dalla simbologia del colore legata a fattori culturali e ambientali, generano in ciascun individuo, come è noto, effetti universali di carattere psicofisico (accelerazione o rallentamento del battito cardiaco, alterazioni della pressione, del ritmo respiratorio, ecc.), più complessi da indagare, il fattore determinante alla base di queste dinamiche si può individuare nelle associazioni mentali, profondamente radicate nella psiche dell’essere umano, veri e propri riflessi condizionati impressi nella nostra specie.
Va inoltre considerato quel meccanismo percettivo denominato sinestesia, (“percezione simultanea”), cioè l’associazione di sfere sensoriali diverse, per cui raramente i nostri sensi agiscono autonomamente, ma si trasmettono e scambiano sempre impulsi, spesso a livello inconscio, che si imprimono profondamente dentro di noi, tanto che un colore, un odore, un sapore, un suono e persino una sensazione tattile possono destare non solo emozioni, ma precisi ricordi.
Nella tradizione cinese con i colori si classificano anche i sapori: il rosso indica l’amaro, il giallo il dolce, il verde l’acido, mentre il bianco è associato al piccante e il nero al salato. Nel nostro gusto di occidentali i colori suscitano sensazioni gustative un po’ diverse.
Passiamole brevemente in rassegna in base ai dati emersi da ricerche e statistiche non sempre concordanti, tuttavia nel complesso uniformi.
Il rosso suggerisce in genere un sapore piccante, tuttavia è innegabile che la scelta di un aperitivo di un bel rosso brillante susciti in noi un’aspettativa dolce al palato, come accade alla vista delle fragole, diversamente da quella del pomodoro e dalle varie sfumature di gusto che ci offre il vino.
Al rosso si accompagna l’impressione di caldo o bruciante a livello tattile, mentre suggerisce un odore pungente, forse per influsso dell’aceto, e un suono “vigoroso”.
Il verde ha un sapore aspro, per associazione istintiva con l’acerbo, anche se ortaggi e olio di oliva non destano necessariamente questa reazione. Alla percezione tattile si rivela fresco e liscio, come pure rinfrescante ne è avvertito l’odore, associato alla menta e alla freschezza naturale della vegetazione, mentre suggerisce un suono “ovattato”.
Il giallo è avvertito come un sapore brusco, probabilmente perché richiama l’immagine del limone, tuttavia non si può negare che è anche il colore del miele, evidentemente meno comune nell’uso quotidiano e perciò meno impresso nella psiche. Si associa all’idea di caldo, ma alla percezione tattile potrebbe apparire pungente, mentre l’odore è agro, conforme alla sensazione gustativa, e il suono è immaginato “squillante”.
Il blu, malgrado l’esperienza gustativa di prugne e mirtilli, suggerisce ai più un sapore edulcorato, cioè reso dolce artificialmente, forse perché questo colore è più raro degli altri in natura. Il tatto lo percepisce come fresco, l’olfatto frizzante, l’udito lo identifica come un suono “basso”.
L’arancione ha un sapore speziato, per influsso dello zafferano, evidentemente più forte di quello dell’arancia, che pure gli dà il nome, e così intenso da generare la stessa sensazione a livello olfattivo, mentre al tatto si rivela caldo o tiepido e come suono risulta “potente”.
Il rosa è universalmente riconosciuto di sapore dolce, come il suo profumo, per influsso dell’omonimo fiore, e agli altri sensi risulta soffice e tiepido, suggerendo un suono “lieve e delicato”.
Il viola è avvertito come un sapore amabile, delicato come il fiore da cui trae origine il nome, e genera una sensazione tattile calda e morbida, analoga a quella olfattiva, che induce al rilassamento e al sonno, accompagnata dall’idea di un suono “denso e sommesso”.
Il marrone ha un sapore combusto e un odore di bruciato, e non pare risulti ancora mitigabile dall’attuale diffusione né della cioccolata e tanto meno dei datteri, gusti arrivati troppo tardi nella cultura occidentale e a lungo estranei al palato comune. Al tatto si rivela caldo e ruvido, associato com’è all’idea base del legno e sembra nei più destare una sensazione auditiva malinconica e triste.
Il nero ha un gusto amaro e odora di carbonizzato. La percezione tattile lo identifica come solido, mentre non evoca nessun suono.
Al silenzio è associato anche il bianco, inteso tuttavia non come assenza di suono, bensì come potenzialità espressiva, conformemente alla caratteristica cromatica, secondo la quale il nero è assenza di colore, mentre il bianco raccoglie in sé tutti i colori. Al gusto si rivela insapore e non dolce, perché lo zucchero era sconosciuto ai nostri avi ed evidentemente questa associazione mentale non è ancora prevalente, mentre quella col freddo e con il ghiaccio resta universalmente viva.
I colori rientrano dunque in un ricco e suggestivo patrimonio di sensazioni che accompagnano il cammino dell’umanità: come echi lunghi che da lontano si fondono / in una tenebrosa e profonda unità, / vasta quanto la notte e quanto la luce, / i profumi, i colori e i suoni si rispondono (Baudelaire, Corrispondenze).
Cesare Peri
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