La complementarità del giallo, esotermico e centrifugo, il colore più vivo e più simile alla luce del sole, con il viola, endotermico e centripeto, il colore umbratile del mistero e del magico, ci induce a ricercare, a livello psicologico e spirituale, possibili corrispondenze di significato. Il primo riscontro è proprio tra questi due piani: con il giallo ci troviamo nella dimensione della mente, quindi del pensiero e dell’analisi razionale, mentre con il viola entriamo in quella dello spirito, cioè dell’intuizione e della meditazione profonda.
Non c’è opposizione, bensì un naturale passaggio tra due componenti dell’essere umano, che collegate costituiscono un ponte che di fatto è un’unità, pur conservando entrambe delle specificità, che non si possono esaurire in una semplice definizione di punto di partenza e di punto di arrivo, perché coesistono nella loro realtà in un continuo e reciproco scambio, proprio come fra la parte sinistra (razionale) e la parte destra (intuitiva, simbolica) del cervello.
Il giallo è il colore dell’avventura intellettuale, della ricerca del nuovo e del cambiamento, è un’energia che si protende verso il futuro, l’ignoto, e comporta la tensione della speranza e l’ansia dell’attesa. Per questo, anche se ha in sé una notevole carica di fiducia e di ottimismo chiarificatore, cela tuttavia un fermento, un’aspirazione all’elevazione non priva di una certa sofferenza, come se l’anelito alla luce della conoscenza comportasse, per così dire, “le doglie del parto”.
A questo proposito annotava Goethe: «Il giallo contiene la natura del chiaro e possiede una forza possente, che può determinare anche tensione e angoscia». E così Kandinskij, che pure lo associa alla creazione del cosmo, come luce che progressivamente si espande dalle tenebre: «Il giallo è caldo, ma determina anche sollecitazioni negative».
In effetti l’avventura intellettuale coraggiosa deve misurarsi necessariamente con le ombre e i brividi dell’ignoto, e il viola rappresenta l’avventura estrema, passaggio di coscienza e trasformazione, l’accesso alla trascendenza, in cui la conoscenza percettiva si muta in oggettiva e diretta, attraverso un processo di identificazione con l’esistente, che unifica ciò di cui si fa esperienza con chi fa esperienza (corrispondente allo stadio del cosiddetto Nirvikalpa Samadhi).
Ma l’idea di trasformazione, senza la quale non può avvenire progresso nella conoscenza, è già implicita nel giallo, associato al fuoco, l’elemento per eccellenza trasformatore. Inoltre è il colore dell’illuminazione e della redenzione e rappresenta la crescita, la radiosità che si risveglia (passaggio dalla mente alla coscienza), fino a diventare, nella sua pienezza, oro, simbolo della saggezza e del divino.
Inoltre il giallo, in senso mistico e occulto, è associato alla Parola (il Verbo divino), intesa come incarnazione del Logos e, in quanto colore di emanazione, rivela la natura stessa del corpo come irradiazione dello Spirito. Simbolo dell’intelletto illuminante, nel Bardo Tödöl rappresenta la luce della conoscenza sublimata, indicando la purificazione dell’elemento terra: «Se tu la riconoscerai come la luce della tua intelligenza, anche se non avrai fede e devozione, anche se non pregherai, tuttavia […] tu diventerai Buddha perfetto» (Il libro tibetano dei morti, UTET, Torino 1981, p.109). Il legame del giallo con la terra ricorre anche nella visione del Taoismo relativa al processo di trasmutazione e integrazione dell’essere umano: «Il colore della terra è il giallo, per cui nei libri sull’elisir di vitaè simboleggiata dall’embrione giallo» (Lü-tzu, Il mistero del fiore d’oro, Ed. Mediterranee, Roma 2007, p. 130).
La valenza occulta del giallo si incontra così con il colore tradizionale della mistica, il viola (all’estremo limite dei colori visibili, prossimo alle radiazioni ultraviolette), che simboleggia la sintesi e metamorfosi dei due elementi per eccellenza (ma solo in apparenza) opposti: la materialità del rosso e la spiritualità del blu. La saggezza, rappresentata dall’oro, non può di fatto essere disgiunta dalla trascendenza, da una visione che collega “terra e cielo” in un’unica realtà.
Così, pur riconoscendo il giallo come simbolo dell’io e il viola del Sé, tuttavia «l’io si può intendere come un’increspatura del Sé, un principio di autocoscienza che si individua e affiora nell’oceano della Coscienza cosmica come illusoria parcellizzazione del Tutto: potremmo paragonarlo a un’onda, destinata a prendere progressivamente coscienza della propria natura, che non può disgiungersi dalla massa dell’acqua, ma che anzi ne è manifestazione ed espressione» (C. P., Meditazione sui colori, Anima Edizioni, Milano 2014, p. 48).
Cesare Peri
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