Gli echi cromatici del Natale sono ancora nell’aria. C’è chi esita a ritirare le luminarie dai balconi e chi ne prolunga il palpito multicolore sfidando l’anacronismo. Perché tutti quei festoni di lucette intermittenti? Terrazzi e finestre avevano acceso di allegria le facciate anonime degli edifici condominiali.
Per tradizione, ostentazione o puro gioco e piacere estetico, l’ultimo mese dell’anno è inghirlandato di colori. Lo spettacolo luminoso incanta il bambino interiore (sogno, ingenua attesa, nostalgia…): è parte integrante del Natale e dei fuochi di artificio con cui si festeggia la fine e il nuovo inizio.
Il piccolo abete addobbato e sfavillante è per l’intimità della casa, ma quelle luci che si rincorrono o pulsano con gioiosa intermittenza tutta la notte fuori al gelo, davanti alle imposte ermeticamente chiuse, per chi sono?
Mi piace credere che siano per chiunque passi per la via, quindi anche per me. Messaggio consapevole o involontario, suggerisce un irrefrenabile desiderio di esprimere con i colori i sentimenti repressi per dodici mesi, che non possono morire con l’anno, dando finalmente sfogo al calore e alla gioia con il rosso e l’arancione, alla positività e alla fiducia nel cambiamento con il giallo, all’amore e alla speranza con il verde, al desiderio di pace e ai supremi valori con le tonalità del blu e del viola. Semi di luce che fendono il grigiore quotidiano e il freddo invernale, innalzandosi a felice auspicio per un mondo migliore.
Insomma, l’amletico dubbio è se quella luminaria l’hai messa solo per piacere tuo (di vederla e di farti notare) o se hai voluto comunicare e condividere qualcosa con tutti gli altri, compresi i cosiddetti “estranei”. Anche se fossero veri entrambi i fini, tuttavia hai fatto un gesto bello, perché è un simbolo che avvicina le persone.
Sappiamo quanto siano importanti i colori nella nostra vita: il “linguaggio di luce”, infatti, esprime il nostro mondo interiore e ci permette di essere noi stessi, al di là delle maschere e dei condizionamenti.
Sul bianco sfondo invernale, a cui si associano le idee di purezza, di morte e rinascita, quelle semplici lucette sembrano note colorate su un ideale pentagramma di gioia, e il profondo silenzio della natura fa da cassa di risonanza, invitandoci all’ascolto di noi stessi, alla comprensione di quei gesti dal profondo contenuto simbolico che spesso compiamo quasi senza rendercene conto, e allora quel motivetto luminoso potrebbe rivelarsi un inno.
Alle soglie del nuovo anno, come sempre, è il bianco a predominare, colore ad alta luminosità che ha in sé tutti i colori e li irradia generosamente (all’opposto del nero, che tutto trattiene) ed è significativo che per noi simboleggi situazioni di “transizione” (dal camicino bianco del battesimo all’abito della sposa, fino al lenzuolo funebre). Esso tuttavia non rappresenta un’idea passiva di riposo, ma piuttosto uno stato di “sospensione”, carico di vitalità, l’attesa di qualcosa d’importante e di imponderabile.
In questo intenso flusso di energia che aspira a manifestarsi non lasciamo, dunque, spegnere le nostre piccole luci, come per un sogno effimero o un gesto formale di condivisione, ma sentiamole come espressione dell’Uno attraverso la varietà del colore che caratterizza ciascuno di noi.
E questo, cari amici, è il mio policromatico augurio di Buon Anno!
Cesare Peri
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