Il neurologoco Justin Feinstein dell’università dell’Iowa si occupa da tempo di studiare i meccanismi neuronali collegati alle emozioni negative e in particolar modo del ruolo dell’amigdala (parte del sistema limbico) che, come è noto, è implicata nella percezione di stati emotivi come paura, ansia e attacchi di panico.
Proprio una paziente del Dott. Feistein, che chiameremo SM, è diventata famosa in ambito medico a causa di una rara malattia genetica che le ha atrofizzato l’amigdala. Per questo motivo, SM non prova mai paura e non avverte il pericolo in nessuna situazione, che si tratti di film horror, insetti giganti o la minaccia di un ladro che la ferma per strada.
Feinstein, tuttavia, ha trovato un modo di far provare emozioni negative alla donna senza amigdala. In pratica, ha fatto inalare alla sua paziente una miscela gassosa ricca al 35% di anidride carbonica. In questo caso, l’acidosi metabolica innescata dalla parziale carenza di ossigeno ha attivato dei meccanismi extra-amigdala che hanno acceso la percezione della paura.
Se l’amigdala è coinvolta nel rispondere con un sentimento di paura a seguito di stimoli esterni, sociali o emotivi, ora sappiamo che può essere “scavalcata” in caso di situazioni di pericolo connesse all’ambiente interno del corpo.
Ci chiediamo, a questo punto, quanto il vivere sempre più in zone inquinate, con una ridotta disponibilità di ossigeno, incida in negativo sulla vitalità del corpo e quindi anche sullo stato emotivo. Non è un caso, d’altronde, che moltissime discipline del mondo dello yoga e del benessere olistico sottolineino l’importanza del respirare e dell’ossigenarsi in modo corretto.
Tutte queste notizie ci fanno riflettere sul ruolo della biologia in relazione alle nostre emozioni, che spesso trattiamo come “indipendenti” rispetto al corpo, dimenticando che corpo e psiche sono un tutt’uno, ben connessi fra loro.
Il modo migliore di affrontare la paura, dunque, è ricordarsi che siamo esseri che vivono contemporaneamente e olisticamente su più piani: fisico, emotivo, mentale e spirituale. Si presti attenzione, dunque, al ruolo dell’ambiente, allo stress, alla qualità di vita, ma anche al rapporto con se stessi e con gli altri, alle credenze e agli schemi mentali e, per chi vuole, alla propria dimensione spirituale.
Prima di lasciarvi, vi doniamo una famosa riflessione di Marianne Williamson, dedicata a un tipo di paura che spesso sottovalutiamo e che, invece, genera profondi condizionamenti emotivi e culturali: la paura di far brillare la propria luce e di condividerla con gli altri.
La nostra paura più profonda
non è di essere inadeguati.
La nostra paura più profonda,
è di essere potenti oltre ogni limite.
È la nostra luce, non la nostra ombra,
a spaventarci di più.
Ci domandiamo: “Chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso?”
In realtà chi sei tu per non esserlo?
Siamo figli di Dio.
Il nostro giocare in piccolo,
non serve al mondo.
Non c’è nulla di illuminato
nello sminuire se stessi cosicchè gli altri
non si sentano insicuri intorno a noi.
Siamo tutti nati per risplendere,
come fanno i bambini.
Siamo nati per rendere manifesta
la gloria di Dio che è dentro di noi.
Non solo in alcuni di noi:
è in ognuno di noi.
E quando permettiamo alla nostra luce
di risplendere, inconsapevolmente diamo
agli altri la possibilità di fare lo stesso.
E quando ci liberiamo dalle nostre paure,
la nostra presenza
automaticamente libera gli altri.
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