Con l’Undicesima Fatica siamo al livello del sesto chakra, che ci chiede di liberarci dai mostri della mente e lasciarceli alle spalle, per scoprire il divino che è in noi.
Eracle deve recuperare dei pomi aurei che Gea aveva donato a Hera. Questi frutti si trovano nel giardino delle Esperidi che non si sa dove sia. Le Esperidi sono ninfe figlie della notte e di un drago. Sono creature misteriose.
L’io ormai si sta sgretolando. Per ben tre volte Eracle dovrà ricorrere a indicazioni di entità superiori e seguirle con fiducia.
Eracle chiede alle ninfe del fiume Eridano dove possa essere il Giardino che sta cercando. Le ninfe gli dicono di chiedere alla divinità Nereo.
Trovato Nereo, lo immobilizza e lo costringe a rispondergli. Nereo dice che solo un essere può saperlo ed è Prometeo, il gigante che è stato incatenato per aver donato il fuoco agli uomini.
Eracle giunge in Libia e quindi in Egitto, dove uccide il re Busiride e lo sacrifica a Zeus. Giunge in Etiopia e da lì fino in India, fino al Caucaso dove libera Prometeo, uccide l’aquila che gli divorava il fegato, e si fa dire dove si trova l’isola con il Giardino delle Esperidi.
Tornato presso lo Stretto di Gibilterra, Eracle riceve da Elios, re delle forze del Cielo, il suo vascello, con il quale attraversa l’oceano e giunge al Giardino, presso il quale si imbatte nel gigante Atlante.
Non si sa se è Atlante o Eracle stesso a cogliere i frutti, ma l’ultima insidia sta nel fatto che Atlante chiede a Eracle di sorreggere per lui il mondo, o per permettergli di prendere i frutti d’oro o comunque per concedergli un po’ di riposo. Fatto sta che Eracle si trova a reggere il mondo e Atlante non vuole più riprenderselo. Eracle si finge d’accordo ma chiede ad Atlante di aiutarlo a mettersi un copricapo e con questo espediente riesce a passargli di nuovo il mondo.
Il nostro eroe in questa avventura attraversa il mistero fidandosi delle indicazioni ricevute, accettando quindi di essere guidato mentre allo stesso tempo mette a disposizione la sua energia per ciò che deve affrontare.
Cesare Peri
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