Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

78. IL COLORE DELLA CONOSCENZA

20/03/23

Si sa che esistono tre modi per imparare: ascoltare, studiare e insegnare. Il terzo può sorprendere chi non ha pratica di insegnamento, ma di fatto è il modo senza dubbio più completo, perché non solo include gli altri due, ma comporta un progressivo approfondimento di quanto si è appreso, in un circolo virtuoso per cui solo ciò che si è perfettamente inteso si può spiegare agli altri e lo spiegare permettere di intendere sempre meglio quanto si è appreso. Ma per insegnare bene non basta padroneggiare la materia, occorre altresì conoscere la psicologia delle persone a cui è indirizzato il messaggio e soprattutto avere passione per ciò che si vuole trasmettere. In una parola: amore.

Ed eccoci già nell’ambito del chakra del cuore e di conseguenza delle ricche valenze del verde, il colore dell’amore e della conoscenza, che non solo include e simboleggia gli atti dell’apprendere e dell’insegnare, ma rappresenta anche un processo dinamico, attraverso il quale (quando avviene correttamente) la nozione si trasforma in pensiero autonomo e capacità di giudizio, in perfetta analogia con l’atto del nutrirsi. Non a caso si usa dire “alimentare la mente”, “nutrire lo spirito” e sedersi alla “mensa del sapere”.

In termini cromatici il verde, in quanto generato dal contatto del giallo con il blu, rappresenta il passaggio dal puro apprendimento, sul piano della mente e del capire (giallo), all’interiorizzazione del dato, sul piano più elevato del sentire (blu). Il verde dunque si pone come punto di incontro e di passaggio tra capire e interiorizzare e consiste nel comprendere. La comprensione infatti implica necessariamente (come per l’insegnamento) la sfera affettiva/emotiva, attraverso cui il dato acquista una valenza e un significato autentico per chi lo assimila, arricchendone la sensibilità e la capacità di giudizio sul mondo che lo circonda.

Ci si limita spesso ad una visione del cuore come semplice luogo del sentimento, ma in realtà esso svolge una funzione non meno importante come sede del pensiero, non tanto perché ogni nozione appresa comporti necessariamente una carica emotiva, quanto piuttosto per il fatto che lì il desiderio autentico di conoscenza si tramuta in amore, e “amore” diventa qualcosa di più di un sentimento, ma un vero stato di coscienza, che, nel suo più alto grado, può approdare a un sentire la realtà come unità di un Tutto, generando a sua volta conoscenza: amor ipse est intellectus, afferma la mistica cristiana, e non solo essa.

Potremmo allora definire l’educazione, come quel processo che “conduce fuori” (ex-dùcere) la persona attraverso esperienze di apprendimento individuale e collettivo, in cui i momenti cognitivi (giallo) si colleghino strettamente a valenze affettive (verde), come condizione per addentrarsi progressivamente nell’ambito del pensiero autonomo e, per chi vuole procedere oltre, nell’esercizio delle facoltà mentali superiori, inoltrandosi nel “mondo interiore” (blu).

Il cuore fa così da “ponte” tra la mente e lo spirito, come il verde funge da spartiacque tra i colori caldi e quelli freddi e contemporaneamente da punto di incontro tra la dinamicità razionale del giallo e la compostezza spirituale del blu.

L’educazione perciò, diversamente dalla semplice “istruzione”, intesa come raccolta di nozioni (in-strùere, “costruire sopra”, cioè mettere una cosa sopra l’altra), che può fornire determinate abilità pratiche, implica una formazione integrale della persona e dovrebbe presupporre un “progetto educativo”.

Il pensiero di Socrate, per il quale “scuola” non era una semplice trasmissione di dati, ma la capacità di svegliare l’intelletto e sviluppare la personalità, è sempre attuale e trova piena corrispondenza, per esempio, nelle parole dello psicologo e psicanalista belga Pierre Daco, allievo di Baudouin e di Jung, secondo cui «l’istruzione in sé non è importante: finché l’educazione non insegna una sintesi di vita, rimarrà astratta e senza valore. L’educazione deve mostrare ciò che unisce le persone. Altrimenti la vita continuerà ad essere una serie di conflitti e di dolori. L’uomo non deve tanto cercare l’istruzione, quanto la pienezza della sua personalità. Deve cercare di conoscere le sue possibilità e realizzarle nell’armonia della sua persona».

Allora l’apprendimento, che ha il suo avvio in una naturale curiosità e nel desiderio di cose nuove (valenza dinamica del giallo), verrà a coincidere con il risveglio della domanda di senso («Perché viviamo?») e con lo sviluppo della conoscenza, che diventa così autoconoscenza e quindi coscienza (percorso blu/indaco/viola).

Di conseguenza, l’insegnante non può essere, come si sente a volte dire ironicamente (e amaramente) “colui che dà risposte dove nessuno fa domande”, bensì, al contrario, secondo il metodo socratico, colui che suscita gli interrogativi, poiché «l’educando è piuttosto un legno da accendere che un vaso da riempire» (Plutarco), concetto ripreso da Montaigne, che preferiva «teste ben fatte a teste ben piene».

Il verde simbolicamente racchiude e fonde tutto questo, la razionalità del giallo e l’interiorità del blu, già per gli Egizi il colore della verità, ma contemporaneamente segna il passaggio dall’uno all’altro, il salto qualitativo dall’ultimo dei tre chakra inferiori, legato alla dimensione psicologica dell’io, al primo dei tre superiori, che apre le porte al Sé con la meditazione e l’intuizione, verso il Trascendente. Senza questo passaggio il dato acquisito, e non elaborato, a lungo andare diventa un ostacolo alla nascita e allo svolgimento del pensiero autonomo e può creare quella “illusione sostitutiva” (purtroppo assai diffusa dalla scuola elementare all’università), per cui sapere a memoria e ripetere delle nozioni equivale a pensare e a sapere.

In conclusione, posso leggere e imparare testi di letteratura, di filosofia e persino di spiritualità, ma se non passano attraverso il cuore, quel sentire che solo l’esperienza di amare può attivare, la mia “cultura” (da còlere, “coltivare”) produrrà pochi frutti per la mia crescita umana, perché “sapere” etimologicamente significa “avere un sapore” e senza sapore come si può assaporare il significato dell’esperienza? La parola “educazione” suggerisce invece l’idea di uscire alla luce, di nascere, come la natura, e di rinascere (alla coscienza), come Osiride, che era rappresentato di colore verde, perché il fine della conoscenza è destare (o ridestare) un sentire. Allora sì veramente l’insegnante, come indica la parola, è “colui che lascia un segno” indelebile, come afferma un detto dell’antica Cina: «Chi ti è stato maestro per un giorno ti è padre per la vita».

Cesare Peri

 

         

 

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