Come si concilia il libero arbitrio con la predestinazione, il senso del destino, o con il caso? L’uomo è libero o no di decidere il proprio cammino? Vediamo cosa ne pensano i nostri autori…
Roberto Maria Sassone ci parla del libero arbitrio come di una prerogativa umana, che gli animali non posseggono. Libero arbitrio diviene allora la capacità di uscire dai condizionamenti, degli schemi, per agire ed essere in modo autentico e poter quindi effettuare scelte, quali frutto di consapevolezza.
Peter Roche de Coppens ci parla di libero arbitrio e di destino. Un tempo le culture erano improntate sul senso del destino, e suggerivano una visione “rilassata” della vita, poiché tutto era “scritto nel Fato”. Oggi nella nostra cultura viene invece esaltata la responsabilità personale: tutto allora dipende da noi – dalla nostra intelligenza, dagli sforzi, e da come anche usiamo le carte che la fortuna ci ha dato. Ma in questo, siamo soli…
L’autore ci ricorda che invece esiste un destino, inteso come compito che l’Anima deve e vuole portare a termine, e per il quale ogni uomo viene fatto nascere nelle condizioni opportune. Questo tuttavia non si oppone al libero arbitrio, in quanto noi possiamo scegliere se interferire e opporci al nostro destino, o se assecondarlo… Il “destino” ci ha fatto nascere in determinate condizioni di vita, ma cambiando il nostro livello di coscienza, noi possiamo modificare le nostre percezioni e fare scelte diverse. Il libero arbitrio, in breve, si gioca a livello di consapevolezza interiore. Senza dimenticare che esiste anche la Grazia, che ha la capacità di produrre cambiamenti potentemente accelerati.
Per Giordano Berti libero arbitrio significa agire senza condizionamenti… ma ci ricorda la grande domanda: se Dio conosce tutto, compreso il futuro, fino a che punto l’individuo allora è libero?
Elizabeth Mantovani ci parla del punto di vista astrologico: c’è sempre un equilibrio fra libero arbitrio e predestinazione, e questo è evidente quando si incontrano aspetti identici all’interno del tema natale di due persone, che però vengono sviluppati in modo diverso. La nostra volontà può fare la differenza, ma questa è tanto più attiva quanto più siamo aderenti a noi stessi in modo cosciente.
Giorgio Sangiorgio ci rivela che il libero arbitrio non è il punto di partenza ma il punto di arrivo di una ricerca individuale, a livello interiore e spirituale; è cioè il frutto del lavoro alchemico che si fa dipanando negli schemi, negli automatismi, negli archetipi che operano inconsciamente dentro di noi.
Vittorio Marchi risponde alla domanda “noi agiamo o siamo agiti?” in modo paradossale: entrambe le cose! Tutto – ci spiega – avviene in realtà dentro di noi, dentro il nostro “Io più grande”… Non si deve pensare in termini di “libero arbitrio” o meno, perché ciò implica nozioni di giudizio e di moralità, e quindi di sensi di colpa: se facciamo una cosa “sbagliata” ci sentiamo in colpa, e se facciamo una cosa “giusta” ci inorgogliamo. Ma “le colpe non esistono”… perché in realtà in ogni cosa vi è la compartecipazione del Tutto: Tutto agisce su di noi e noi sul Tutto.
E così evoluzione ed involuzione, espansione e contrazione, caos e ordine, espirazione ed inspirazione, causa e manifestazione, luce e ombra… sono fasi che si collocano nel tempo ma che in realtà sono contemporanee e atemporali: aspetti duali che sono funzionali l’un l’altro… l’Uno, infatti, è anche diversificato; nell’uniformità la vita non esisterebbe e non potrebbe esserci l’acquisizione della coscienza. Il totale e la parte sono dunque la stessa cosa, tutto è Uno.
A seconda del nostro essere nel tempo o meno, viviamo più o meno la dualità. Più siamo nella vibrazione densa, più facciamo differenza tra “qui” e “là”, tra “oggi” e “domani”… Quando la vibrazione originaria è discesa nei piani più densi, ha dato origine al tempo e a una prospettiva molteplice. Tuttavia, anche il tempo non è assoluto e oggettivo… dire che abbiamo tot anni significa che abbiamo girato insieme alla Terra tot volte intorno al Sole… ma allora questa misura riguarda il tempo, o lo spazio…?
Che differenza c’è – continua l’autore – tra il me vecchio e il me govane? In realtà sono la stessa persona… che è rimasta sempre in se stessa, si è mossa IN se stessa. In realtà non andiamo da nessuna parte, non usciamo mai fuori di noi…
Noi siamo senza tempo e senza spazio, e lo possiamo percepire quando ci ritroviamo in uno stato di vibrazione più sottile… così come accade nelle esperienze di premorte, o in certi momenti di grande ispirazione. Quando invece “cadiamo” nella realtà densa – ed è questa la chiave della caduta dell’uomo – allora entriamo nello spazio e nel tempo.
Ma prima del tempo c’è il senza-tempo… e c’è l’Amore, che è una “massa di campo quantico infinita ed eterna”… Tutto ciò che è siamo noi… “io sono te, e tu sei me”…
I cosiddetti medium o sensitivi vedono l’aura come estensione del nostro corpo… l’aura è una prosecuzione del nostro corpo, della nostra coscienza… loro vedono solo una parte di questa prosecuzione, ma se vedessero il Tutto, vedrebbero un’aura infinita…
Così, anche nel caso della morte, Vittorio Marchi asserisce che si tratta di un trapasso, di un cambio di domicilio, di una dislocazione verso una dimensione più sottile, da dove poi continuiamo il nostro viaggio di vita in vita… fino a che non arriviamo alla cosiddetta resurrezione, che vuol dire “conoscenza di sé”. Allora, non abbiamo più bisogno della incarnazione perché non abbiamo più bisogno di immergerci in una “parte” in quanto siamo il “Tutto”… Ecco che il nostro è un viaggio infinito, e il problema dell’origine e della fine nasce se ci collochiamo all’interno del tempo… Ma se siamo consapevoli che non ha senso il “qui” o “là”, il “prima” o “poi”… allora non ci preoccupiamo più di nulla, allora non ci possono più controllare, comprare, condizionare…
Questi sono gli splendidi messaggio dei nostri autori, che rimettono in discussione ogni cosa, ogni limite…
E voi cosa ne pensate? Cosa è per voi il libero arbitrio? In che modo lo agite, lo percepite… oppure lo sentite assente?
Redazione
anima.tv..
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