Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

25. IL FUMO – PARTE I

Cari amici,

rieccoci qui a tentare di scuotere le vostre (e le nostre) coscienze e mettere di nuovo il dito in qualche piaga dolente… In occasione della messa online di uno speciale argomentario video sulla nostra webtv, vorremmo affrontare in modo approfondito un tema che riguarda, o ha riguardato in passato, molti di noi: il tema del fumo.

Il nostro intento è quello di esaminarne vari aspetti – il fascino, le motivazioni psicologiche ad esso legate, e ovviamente gli effetti, clinici ma anche esoterici – considerando il problema da diversi punti di vista nella speranza

di aggiungere qualche nuova informazione a quelle già in vostro possesso…

I – LA SEDUZIONE

25_fumo-dietrichIl fumo: piacere o vizio, segno di appartenenza sociale o di anticonformismo, simbolo di potere o di degenerazione morale, rituale di iniziazione o di seduzione. Nel cinema e nella cultura pop è un fattore in grado di cristallizzare per sempre i tratti di un personaggio nell’immaginario collettivo: un dettaglio capace di conferire a una donna un fascino sofisticato e glamour (Marlene Dietrich, Bette Davis, Joan Crawford), e all’uomo un portamento elegante (Gary Cooper) o un carattere più virile e sicuro di sé (Humphrey Bogart su tutti), oppure un indice generazionale di ribellione e trasgressione (James Dean, i Beatles), quando non una vera e propria presa di posizione “politica” (Bob Dylan, Johnny Cash).

Nel Novecento il fumo ha anche rappresentato un “luogo letterario”ricorrente in grado di caratterizzare, di volta in volta con diversi significati e sfumature, il prototipo del dandy (Wilde), dell’esteta decadente (Baudelaire), del grigio borghese conformista (Kafka), dell’antieroe politicamente schierato (Fenoglio, Pavese), del poeta individualista senza compromessi (Kerouac, Montale, Bukowski), dell’inetto che si crogiola nelle proprie dipendenze (Svevo). Il fumoracchiude enigmi esistenziali, muove la mente verso intuizioni di grande lucidità oppure la ottunde per lasciar espandere i sensi, stimola l’azione decisiva oppure la rimanda all’infinito, cela un’aspirazione frustrata e rivela al contempo il rifiuto di risolverla.

Proprio Italo Svevo dedica al fumo un intero capitolo del suo capolavoro “La Coscienza di Zeno” in cui il protagonista, accanito fumatore fin da bambino, interpreta il suo vizio in chiave psicoanalitica come simbolo di un rapporto edipico irrisolto, un fatto banale che rivela il significato della sua intera esistenza: per lui ogni sigaretta fumata in occasione di un qualsiasi evento tragico deve assolutamente essere l’ultima, solo così può avere un significato epocale. Ogni volta. Ed è così che la sigaretta successiva rappresenterà ogni volta la trasgressione più sublime.

Scrive Zeno nei suoi diari: “Penso che la sigaretta abbia un gusto più intenso quand’è l’ultima. Anche le altre hanno un loro gusto speciale, ma meno intenso. L’ultima acquista il suo sapore dal sentimento della vittoria su se stessi e la speranza di un prossimo futuro di forza e di salute. Le altre hanno la loro importanza perché accendendole si protesta la propria libertà…”. Questa e altre più o meno compiaciute e narcisistiche motivazioni lasciano però presto spazio a un grosso quesito di fondo: “Adesso che son qui, ad analizzarmi – scrive il protagonista – sono colto da un dubbio: che io forse abbia amato tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della mia incapacità? Chissà se cessando di fumare io sarei divenuto l’uomo ideale e forte che m’aspettavo?”

Livio

(Continua)..

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