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51. L’AMBIVALENZA DEL ROSSO

12/03/19

Il principio della bivalenza dei simboli vale anche per i colori: ogni colore ha un simbolismo primario (generalmente positivo) e uno secondario (generalmente negativo), sia intrinseci al colore stesso sia determinati dal variare della sua luminosità e saturazione.

Il rosso ci offre un esempio di dualità simbolica particolarmente significativo, legato com’è alla manifestazione materiale della vita e alla dimensione corporea. In quanto inizio (sembra “emergere” dagli invisibili raggi ultravioletti) reca inevitabilmente in sé la polarità opposta della fine, l’idea della terra madre che genera, ma anche della sepoltura, già nella preistoria spalmata di ocra rossa. L’incarnazione è intesa come espressione esteriore dello Spirito, un momento gioioso del suo dispiegarsi come esperienza di consapevolezza e, d’altra parte, implica la pesantezza della materia e gli automatismi biologici che non favoriscono la coscienza spirituale. Nella sua Teoria dei colori Goethe afferma che «un rosso completamente puro, un carminio perfetto, conferisce un tono più vivace alle facoltà psichiche», però il rosso-bruno (o tanè), che ricorda il rosso cupo della brace, produce tutt’altro effetto, associato a una dimensione infernale e all’idea di tradimento, tanto da essere considerato l’unico colore dal simbolismo primario negativo che non ammette l’inversione in positivo (diversamente dal grigio e dal marrone).

Il rosso è associato al sangue, simbolo della vita, e al fuoco, simbolo della conoscenza e della trasformazione, che include comunque l’idea della morte. L’ambivalenza caratterizza entrambi i simboli.

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Il sangue, oltre che della vita stessa, è per gli antichi simbolo dello Spirito e per il Cristianesimo della passione purificatrice e santificante del Salvatore, del martirio con cui “morendo si ottiene la vita”, ma è anche il simbolo della carne, del peccato, delle impurità e dei crimini. Il rosso scuro è per Artemidoro il colore stesso della morte e Omero definisce “purpurea” la morte (porphýreos thánatos).

Il fuoco è un simbolo spirituale, che dissipa le tenebre dell’ignoranza e illumina (lo Spirito santo della Pentecoste scende sugli apostoli in lingue di fuoco), ma d’altro canto è immagine della passione che obnubila la mente, trascinandola verso il basso, delle fiamme infernali, regno di Satana.

Si dice anche che il rosso sia il colore dell’amore, che tuttavia già Platone nel Simposio distingueva come «duplice Eros»: quello «celeste» e il suo opposto, «volgare», tipico di «quelli che amano i corpi piuttosto che le anime e, per quanto loro possibile, amano le persone più stolte, mirando solo al compimento dell’atto, senza curarsi che ciò avvenga in modo bello o no». Sappiamo che nella simbologia cromatica il rosso rappresenta piuttosto la passione, la componente istintiva, mentre il vero amore è simboleggiato dal rosa (dove il rosso è ingentilito dalla purezza del bianco) e anche dal verde, già per gli antichi sacro ad Afrodite e colore del chakra del cuore.

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Anche indossato, il rosso non smentisce il suo ruolo ambivalente. La porpora è segno della regalità e della spiritualità: imperatori e alti prelati se ne sono sempre fregiati per mostrare il loro potere temporale e spirituale. Ma è anche simbolo di crudeltà e di arroganza e di coloro che, in quanto vittime del potere, contro di esso hanno innalzato una bandiera di rivolta dello stesso colore, dai garibaldini ai rivoluzionari russi e cinesi. Insomma il rosso appare simbolo del potere e dell’aristocrazia e nello stesso tempo simbolo rivoluzionario e del proletariato.

In quanto carico di energia, di forza e di aggressività non poteva che essere il colore della guerra: abbinato a Marte e al pianeta rosso, era l’insegna dei guerrieri (la famosa uniforme dell’esercito spartano, non meno degli antichi romani), per accrescerne il coraggio, la ferocia e la spietatezza. Ma nell’arte paleocristiana anche gli arcangeli e i serafini ci appaiono dipinti di rosso. D’altro canto il colore della furia devastatrice è anche il colore della fortuna in Cina e in India e in particolare di buon auspicio per le spose, che tuttora lo scelgono come loro abito. Già al tempo dei romani le spose indossavano un bell’abito ocra, e rosso rimase in Europa l’abito nuziale fino alla metà del XIX secolo, allorché la regina Vittoria d’Inghilterra si sposò col principe Alberto sfoggiando un abito bianco con fiori d’arancio, e nacque così la nuova moda.

Se l’abito rosso contrassegnò per secoli la sposa, sancendo l’amore come sentimento sacro, non bisogna dimenticare che fu anche l’abito d’obbligo per le prostitute, simbolo di amore carnale e di peccato, riproposto dalla lanterna rossa sulla porta delle “case chiuse”, e tuttora di erotismo (una situazione sconveniente o proibita è ancora definita “a luci rosse”). Ma se il rosso rappresenta la vergogna, esso può parimenti essere il segno di chi si vergogna, quindi del pudore, di quel rossore che è indice di candore. Si racconta a proposito che un giovane, interrogato da Aristotele, arrossì per non saper rispondere, suscitando l’ilarità dei suoi compagni, ma il grande filosofo azzittì prontamente gli scolari con questo monito: «Guardate bene il colore del volto di questo ragazzo, perché questo è il colore della virtù!». Del resto anche i lama tibetani si vestono di rosso…

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Gli psicologi del colore ci dicono che chi predilige indumenti rossi è tendenzialmente estroverso, vitale, competitivo, sicuro di sé, allegro e che ama essere notato, insomma una persona positiva. Tuttavia potrebbe anche essere un tipo istintivo, rude, irascibile, aggressivo (in modo aperto o mascherato), presuntuoso e crudele, cioè una persona negativa. Se poi chi si veste di rosso è un individuo evidentemente “tranquillo”, la sua predilezione cromatica potrebbe essere segno di insicurezza, di timidezza, rivelandosi così un tentativo (spesso inconscio) di compensare un senso di inadeguatezza. Ovviamente l’uso “sano” di un colore dipende dal giusto equilibrio, dal saperlo cioè unire con gli altri colori. In effetti ogni eccesso rivela un disagio e la monocromia, nell’abbigliamento come negli ambienti abitativi, va evitata.

Se riconosciamo al rosso le qualità della sicurezza e dell’ottimismo (più pertinenti, in realtà, all’arancione), è singolare che il richiamo alla sicurezza si ottenga ricorrendo allo stesso colore quale messaggio perentorio e allarmante di divieto e di pericolo, come nella segnaletica stradale o comunque in situazioni estreme: “codice rosso”, “conto in rosso”, “telefono rosso”, “cartellino rosso”… Ma per il suo influsso positivo, che genera vivacità e gioia, si addice ai giocattoli ed è giustamente prediletto dai bambini. È il colore rassicurante e sornione di Babbo Natale e apparecchiare in rosso significa creare un’atmosfera serena e festosa.

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Quanto poi alla potenza e alla grinta di questo colore, meglio non potrebbe scegliersi per un’auto sportiva, ma anche per le tute degli sportivi, perché è provato che rafforza il tono muscolare e ne migliora le prestazioni. E qui siamo giunti finalmente a un dato univoco, perché i codici simbolici legati al cromatismo possono mutare coi tempi e con i luoghi, ma a livello psicofisico gli effetti del rosso sono universali: stimola il cuore, aumentandone i battiti, migliora l’irrorazione sanguigna, aumenta la temperatura corporea e, in generale, combatte l’esaurimento fisico e rafforza l’energia sessuale.

Il rosso, dunque, conforme alla sua complessa ambivalenza, ha il meno elevato tasso di vibrazioni di tutti i colori e il più alto livello di energia. Per renderlo più benefico è consigliabile accompagnarlo all’oro, simbolo di saggezza, che permette così di incanalare positivamente la sua intensa energia, come sperimentato dal metodo terapeutico di Wicky Wall denominato Aura-Soma.

Cesare Peri

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