Navigando nelle infinite possibilità dell'essere

83. IL COLORE DEL CAMBIAMENTO

17/10/23

Quando si avverte con intensità il desiderio di liberarsi da vecchi condizionamenti, identificati ormai come propri limiti, da abitudini soffocanti, che tuttavia rischiano di costituire in un certo qual modo la nostra “area di comfort”, per l’inerzia e il falso senso di protezione che comporta, quando incomincia a farsi strada la volontà di cambiare l’idea che abbiamo (o ci hanno dato) di noi stessi, allora il colore in cui possiamo riconoscerci, e che ci può aiutare, è il giallo.

Simbolo della luce del sole, della conoscenza e dell’energia mentale e fisica, questo colore accresce la voglia di cambiamento e favorisce la ricerca del nuovo, stimolando la razionalità (emisfero sinistro del cervello), la concentrazione e l’apprendimento. Chiarisce quel bisogno di “distacco” per sentirsi finalmente liberi di essere se stessi, trasformando la necessità in aspirazione.

Processi di “redenzione” e di “illuminazione” si rivestono della sua più spendente tonalità, come il monaco orientale, che intende così lasciarsi alle spalle il peso della materia.

Secondo il Bardo Tödöl, il giallo è la luce della coscienza sublimata, purificata dall’elemento terreno: «Se tu la riconoscerai come la luce della tua intelligenza, tu diventerai un Buddha perfetto» (Il libro tibetano dei morti, UTET, Torino 1981, p. 109).

Ma, finché si è in vita, prima di diventare un “Buddha perfetto”, occorre salire diversi gradini, rappresentati con profondità e dovizia di particolari nella scala ascendente dei chakra.

Potremmo allora forse più semplicemente definire il giallo come la soglia della luce, un “passaggio luminoso” (con cui si indica anche il trapasso) verso una trasformazione.

In termini psicologici, prima di arrivare all’abbagliante mistero del Sé, il giallo indica il passaggio dalla personalità (ruolo e falsa identificazione) alla persona, cioè alla scoperta di un io più vero, che svolgerà meglio la sua funzione, fermo restando che persona significa comunque «maschera», destinata ad essere ancora sostituita prima di giungere al “volto originario”.

L’intensificazione di questo “colore della sicurezza”, come lo definiscono gli psicologi, può essere favorita dalla meditazione su oggetti gialli, sul fuoco o sul lume di una candela, come pure indossandolo, esponendoci al calore del sole e con l’aiuto di musica che coinvolga i sentimenti, sia classica (Chopin, Schubert, Brahms) sia leggera (legata a particolari ricordi).

La più antica e migliore spiegazione delle valenze del giallo si può trovare nelle caratteristiche del terzo chakra (Manipura, «Città dei gioielli»), a cui è associato. Il suo elemento è il fuoco, che illumina e trasforma.

Questo centro di energia e di coscienza, situato sotto il diaframma, all’altezza dell’ombelico, a livello fisico controlla il fuoco digestivo (oltre allo stomaco è connesso a pancreas, ghiandole surrenali, intestino crasso, cistifellea e fegato) e la regolazione del calore del corpo (da cui la definizione di “plesso solare”), mentre a livello emotivo/mentale costituisce il centro dell’ego, del nostro potere personale.

Qui nascono, si concentrano e si irradiano in tutto il corpo le emozioni.

Se nei due chakra precedenti, associati rispettivamente al rosso e all’arancione, il “centro gravitazionale” era ancora esterno, nel primo legato alla mente collettiva e nel secondo alla percezione di sé attraverso leesperienze relazionali, qui invece l’attenzione si sposta sempre più verso l’interno: dal rapporto col mondo e con gli altri e dai conseguenti effetti interiori si passa a un rapporto con se stessi, cercando di capire chi veramente siamo.

Il giallo rappresenta dunque l’interiorizzazione della coscienza, che non si è ancora addentrata nel percorso dello spirito, ma ne affronta gli indispensabili preliminari: immagine di sé, sana autostima, autocontrollo, potere personale. Non avviene un cambiamento repentino e, se talora può anche così apparire esternamente, in realtà è il prodotto di un processo di “individuazione”, che si avvia nel periodo della pubertà, destinato ad attraversare momenti difficili, legati alla ipersensibilità alle critiche, alla paura di fallire, di essere rifiutati e alla gradevolezza o meno del proprio aspetto fisico.

Si sa che il riconoscimento e l’accettazione dei propri limiti è la condizione indispensabile per poterli superare e, quando si passa dall’io attraverso gli altri agli altri attraverso l’io, non più mossi dal desiderio di dominarli, bensì di aiutarli, allora il grano (altra associazione col giallo), cioè lo sviluppo psicologico, è maturo: si è giunti a un punto di integrazione dei corpi fisico, emozionale e mentale e, superata la fase egocentrica, inizia quella del “riorientamento”, che conduce al desiderio di aiutare gli altri, indice che il cammino spirituale è in atto.

Come tutte le fasi evolutive della coscienza, il giallo non rappresenta solo un gradino, bensì un tratto di scala, ma la sua caratteristica sta proprio nella forza del cambiamento (il terzo chakra collega quelli inferiori, di carattere psicologico, a quelli superiori, sempre più spirituali).

È come se i suoi gradini, uscendo dall’istintività dell’arancione, in cui è ancora presente la materialità del rosso, andassero via via acquistando luminosità e splendore (l’oro è il colore della saggezza, dell’incorruttibilità e del divino), fino ad immergersi progressivamente nel blu (il colore spirituale), trasformandosi così nel verde, il colore dell’amore: l’esperienza indispensabile per passare dal sentiero dell’io al percorso del Sé.

 

Cesare Peri

         

 


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