Di fronte al rosso, la prima reazione potrebbe essere quella di fermarsi come a un segnale semaforico di arresto, o comunque di pericolo (riflesso condizionato da automobilista). Invece, il suo impulso originario è quello di spronarci al movimento.
Primo dei tre colori primari che incontriamo nello spettro solare e nel percorso cromatico verticale dei chakra, simboleggia l’inizio dell’avventura umana, ponendosi al confine tra il mondo visibile e quello invisibile (raggi infrarossi).
È “lo spirito che emerge dalla materia”, come il sole affacciato per metà sulla linea dell’orizzonte.
Esotermico e centrifugo, è un colore dinamico e irradiante, che suscita azione e sta alla base della nostra capacità di agire sul piano terrestre.
Ha in sé la forza vitale, associata al sangue (la parola deriva dal sanscrito rub-ira, che esprime i concetti di «sangue» e di «vita») e alle pulsioni primarie; una corrente di energia che ci proietta verso il mondo, verso gli altri, e che va tuttavia incanalata per non essere travolti dall’impeto degli istinti e dell’aggressività.
Rappresenta dunque la naturale dimensione dell’egoismo, in quanto inizio del processo di individuazione, legato all’esperienza fondamentale della sessualità.
È un colore necessario a chi si sente privo di energie e di fiducia nella vita, cioè in se stesso, e rafforza il beneficio dell’esercizio fisico e la consapevolezza dell’esistenza del sé personale, grazie alla scoperta della dimensione corporea.
Nella simbologia cattolica, la lampada rossa posta davanti al tabernacolo indica la presenza di Cristo incarnato sotto forma visibile nell’ostia.
Nella tradizione indù, il rosso, in quanto simbolo di incarnazione, è associato all’immagine dell’elefante come forma visibile del principio, cioè del corpo come riflesso dello spirito. Pur essendo un colore dinamico, include anche l’idea di stabilità, perseveranza e solidità, condizioni indispensabili per il radicamento nella materia, il che non esclude il rischio di pesantezza e di immobilità.
Nel Chakra Radice (Muladhara), alla base della colonna vertebrale e associato all’elemento terra, l’elefante rappresenta questa ambivalenza, rafforzata dalla cornice quadrata e dai quattro petali di loto (nella numerologia il 4 rappresenta l’incarnazione).
Il pachiderma infatti indica staticità e pesantezza, ma è anche “il distruttore degli ostacoli”, vale a dire che sta a noi gestire opportunamente questa potente energia che è alla base della vita terrena. Infatti l’elefante è grigio, il colore dell’incertezza (tra il nero e il bianco), ma anche della cenere, simbolo della trasformazione operata dal fuoco.
Nella raffigurazione del chakra, lo sfondo è giallo, a indicare la dimensione mentale, il “recinto” della razionalità, destinata non solo a limitare questa forza della natura, ma anche a trarre da essa nutrimento e trasformazione.
Per indicare le potenzialità evolutive racchiuse in questo primo stadio dell’esistenza, l’elefante viene qui rappresentato con sette proboscidi, corrispondenti ai colori dell’iride e, secondo la tradizione indù, ai sette desideri fondamentali.
Ciascuno è legato al risveglio di un chakra e al relativo livello di coscienza: sicurezza (Radice), procreazione (Sacrale), longevità (Solare), partecipazione (Cardiaco), conoscenza (Laringeo), autorealizzazione (Frontale), unione (Coronale).
Il rosso ci invita a valorizzare il corpo, vissuto non come una limitazione o una realtà estranea alla dimensione spirituale, bensì come una sua autentica espressione.
Non a caso, lo ritroviamo nell’elevata simbologia del viola (trascendenza) e ha come complementare il verde, simbolo dell’amore non più solo istintivo (propriamente, il rosso rappresenta la passione) ma incondizionato, già sulla soglia del blu, il colore dell’introspezione e della spiritualità.
Il rosso dunque segna l’inizio del nostro percorso di esseri umani e ci accompagna e alimenta fino al suo compimento.
Cesare Peri
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