L’uomo non è fatto solo di corpo e non si nutre solo di pane. Non si tratta quindi di un essere monodimensionale, ma di un’entità multidimensionale (dimensione biologica, spirituale, psicologica e sociale) e questa coscienza era presente sin dall’antichità, fino a quando non si è iniziato a separare lo spirito dalla materia, il corpo dall’anima e a vedere la malattia come qualcosa che proviene dall’esterno, un nemico da combattere. Ma se per la prevenzione, la diagnosi e la cura usiamo solo la misura biologica, ci priviamo di altre forze efficaci che rappresentano il vero potere che ciascuno ha a disposizione per generare e beneficiare della salute.
Eppure gran parte della medicina ufficiale continua, tutt’oggi, a focalizzarsi esclusivamente sulla dimensione fisiologica, procedendo cieca per assolutismi e certezze. Ma siamo proprio sicuri che sia questa la soluzione a tutti i nostri mali?
Questo tipo di far scienza è il risultato di un modus pensandi che, nel corso dei secoli, è stato svestito del suo abito più bello: l’anima, e con sé, della visione dell’uomo come un unicum interagente di mente, spirito e corpo, il cui pieno funzionamento è dato dall’interazione di queste tre componenti essenziali. Le millenarie tradizioni orientali conservano tutto questo, al contrario dell’occidente maggiormente ancorato a una visione riduzionista.
Ma perché accade tutto questo?
Facendo un viaggio a ritroso, per cercare di ricucire tutte le stoffe del vestito interiore, è necessario tornare al Seicento, epoca di Cartesio, grande matematico, che partendo dal presupposto che tutta la conoscenza per essere esatta dovesse essere ispirata alla precisione e alla certezza delle scienze matematiche, diede il via alla rivoluzione del pensiero occidentale nell’impostazione del problema mente-corpo: la vita è un meccanismo e l’anima non ne è la fonte, come invece sostenevano Platone e Aristotele. Da qui, si apre la strada alla moderna accezione del termine “mente”, in cui l’anima viene usata come suo sinonimo, privata delle funzioni vitali e ridotta a pensiero, a ragione, ad autocoscienza.
Da Cartesio in poi il problema mente-corpo diventa il problema del rapporto tra processi fisiologici e processi psichici. Cartesio distingue il corpo, inteso come macchina e materia che ha un’estensione, dall’anima che pensa, ma è priva di estensione e interagisce con il corpo a livello dell’epifisi, la cosiddetta ghiandola pineale. Il corpo comincia a essere considerato un meccanismo perfetto, al cui funzionamento viene data un’interpretazione meccanicistica. Il pensiero cartesiano diventa la pietra miliare nel processo che consente di determinare le condizioni per la nascita della scienza dell’uomo, influenzando inevitabilmente il successivo progresso delle ricerche in ambito anatomico e fisiologico.
Eppure anima e mente non sono affatto la stessa cosa. Il corpo è lo sfondo degli eventi psichici dell’uomo, unità somato-psichica il cui collante giace nella forza vibrante dell’anima. Esse sono tre entità in rapporto costante, attraverso una forte influenza di campo. Un campo di pura energia, con un preciso pacchetto di informazioni in rete, che permette alla nostra globalità di operare perfettamente. Per esempio, l’informazione nel nostro organismo è ciò che regola il modo in cui le cellule cooperano tra loro e questa informazione è del tutto immateriale e invisibile, è qualcosa che avviene a livello vibratorio sotto forma di segnali e impulsi nervosi per poi manifestarsi a livello tangibile in fenomeni e reazioni chimicobiologiche visibili.
Ogni cellula del nostro corpo, quindi, partecipa a ogni moto della nostra anima. Nessun pensiero, sentimento ed emozione possono essere nascosti a ogni singolo organo, tessuto o cellula del nostro organismo. Il corpo diventa, quindi, la terra dove l’anima respira la vita.
Carmen Di Muro
Estratto dal libro Anima Quantica
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